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Assonime: più trasparenza nelle società quotate

La trasparenza sulla governance delle società quotate in Italia è di livello elevato, anche rispetto al panorama internazionale. Nel nostro Paese, il 93% delle aziende in questione dichiara di aver aderito al Codice di autodisciplina delle società quotate e il rispetto delle singole raccomandazioni in molti casi sfiora il 100%. L’informazione è di buona qualità anche dove emergono situazioni diverse dalle best practice, che risultano evidenziate con chiarezza agli investitori. E’ quanto emerge dalla tredicesima edizione del Rapporto sulla corporate governance delle società quotate in Italia a cura di Assonime ed Emittenti Titoli Spa. L’indagine 2013 copre le 239 società italiane quotate al 31 dicembre 2012, le cui relazioni erano disponibili al 15 luglio 2013, per una copertura del listino sostanzialmente integrale.

Secondo lo studio, alcune raccomandazioni del Codice trovano tuttora un’applicazione parziale (nomina del Lead Independent Director, procedimento di board evaluation, talvolta composizione dei comitati, contenuti della policy sulle remunerazioni). Anche in queste aree si riscontrano, comunque, notevoli miglioramenti: la composizione dei comitati consiliari è sesso già allineata alle nuove raccomandazioni del Codice, mentre la trasparenza sulla circolazione pre-consiliare delle informazioni, sull’esistenza di piani di successione e sul processo di board evaluation è in netto miglioramento.

L’età media dei consiglieri è 59 anni, ma varia in misura sensibile in relazione al settore (58 anni nel comparto non finanziario, 63 anni nelle banche). Gli amministratori esecutivi sono mediamente più giovani (57 anni).

Quanto alle remunerazioni, la media degli amministratori è pari a 225 mila euro (- 3% rispetto all’anno precedente). Gli amministratori delegati percepiscono una remunerazione (compensi equity esclusi) intorno a 770 mila euro, mentre i presidenti esecutivi ricevono circa il 20% in meno (627 mila euro) e gli altri consiglieri esecutivi poco meno del 60% degli ad (448 mila euro). Seguono i presidenti non esecutivi (302 mila euro), gli altri non esecutivi (73 mila euro) e gli indipendenti (55 mila euro), che non percepiscono mai compensi equity.

La struttura della remunerazione degli amministratori delegati varia in relazione a dimensione aziendale e settore. Nelle società maggiori è minore il peso della componente fissa (47%, contro il 72% nelle Small cap) e aumenta il peso di quella variabile (i bonus sono il 35% del totale, contro il 9% nelle Small cap). Nel settore finanziario il peso della componente variabile è in costante diminuzione sia come importo (è diminuito da 316 mila euro nel 2011 a 184 mila euro nel 2012, fino a 60 mila euro quest’anno) che in percentuale sulla remunerazione complessiva (diminuito dal 16 al 5% del totale). 

In parallelo, si osserva un incremento dei compensi fissi. Nel settore non finanziario i bonus sono nettamente più alti, sia come importo medio (di poco inferiore a 200 mila euro) sia come incidenza sulla remunerazione complessiva (sono pari al 27% del totale; erano il 29% nel 2012, il 21% nel 2011). I compensi cash percepiti dagli ad sono diminuiti mediamente del 7%, dopo essere cresciuti quasi sempre nell’ultimo triennio; il calo è più marcato (pari al 27%) nel settore finanziario.

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