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Analisi dei settori industriali: con l’export ripresa dal 2014, favoriti meccanica ed elettrotecnica

FIRSTonline

Tra il 2012 e il 2013 la caduta del fatturato dell’industria sarà di oltre l’8%. Il che significa -56,5 miliardi di euro (a prezzi costanti). Un crollo guidato dall’ulteriore forte calo della domanda interna per consumi e investimenti che vanifica il breve recupero del 2010-2011 e porterà a un nuovo punto di minimo dell’attività produttiva, inferiore anche a quello di fine 2009. Lo rileva il Rapporto Analisi dei Settori industriali di Prometeia e Intesa Sanpaolo di maggio che fissa nel 2014 l’appuntamento per l’avvio della ripresa del manifatturiero, grazie soprattutto all’accelerazione delle esportazioni. Nel 2017 il saldo commerciale arriverà infatti oltre i 100 miliardi di euro, in grado di bilanciare così anche i deficit strutturali  sul fronte energia e di riportare la posizione netta dell’Italia sull’estero in territorio stabilmente positivo. A livello settoriale il ruolo crescente della domanda estera e dell’innovazione porteranno a fare emergere un nuovo panorama industriale con meccanica ed elettrotecnica favoriti.

Nel biennio 2012-2013 continuano  i processi di selezione della base produttiva nazionale, soprattutto nei settori più colpiti come quelli dei beni dedicati alla casa. Una dinamica che, accompagnata dal moderato recupero dei fatturati, consentirà nel 2014-2017 un progressivo recupero dei margini medi del manifatturiero. “A fine periodo – rileva lo studio – i margini operativi lordi in percentuale del fatturato sono previsti superare la soglia dell’8%, con ancora un gap di circa un punto percentuale rispetto al decennio precedente, frutto della forte competizione sui mercati esteri e di una domanda interna lorda lontana dai suoi massimi in tutti i comparti”. Il miglioramento della redditività (Roi) sarà di oltre 3 punti percentuali, il che potrà garantire una buona capacità di autofinanziamento per sostenere gli investimenti. Ma in questi primi anni rimane l’urgenza di strumenti adeguati a sostenere le necessità finanziarie delle imprese manifatturiere. “Il miglioramento dei risultati reddituali – ha spiegato Fabrizio Guelpa, responsabile dell’ufficio Industry and Banking del Servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo – sarà graduale,  penalizzato dalla forte concorrenza sui mercati internazionali, ma garantirà una buona capacità di autofinanziamento alle imprese manifatturiere italiane. Nel breve periodo, anche strumenti innovativi come i mini bond daranno un contributo importante nel sostenere le necessità finanziarie delle imprese”.

LO SCENARIO: IN DIFFICOLTÀ ANCHE I SETTORI MENO CICLICI

Il rapporto rileva che le imprese più attrezzate dal punto di vista economico-finanziario ad affrontare l’attuale fase di inasprimento della crisi tendono di solito ad avere dimensioni superiori rispetto a quelle in forte difficoltà, “con qualche eccezione in settori tradizionali come alimentare o sistema moda, ma anche la meccanica”. Si nota poi che le imprese che resistono meglio hanno un’attività di investimento più consistente e una maggiore produttività del capitale investito nell’azienda, da cui consegue una migliore gestione del circolante e strutture finanziarie in equilibrio con un costo dell’indebitamento inferiore in alcuni casi anche di 2-3 punti percentuali.

A differenza della crisi del 2008-2009 le difficoltà del biennio 2012-2013 saranno diffuse a tutti i settori manifatturieri. Quindi anche a quei settori considerati poco ciclici, come alimentari e bevande, largo consumo e farmaceutica. Un po’ meglio che nella crisi precedente sono attesi settori come intermedi chimici, meccanica  e metallurgia. Si tratta di comparti con una propensione all’export a quota almeno 60%, a conferma che l’attuale crisi ha un carattere soprattutto “interno”. E la ripresa dal 2014 sarà infatti guidata dalle esportazioni. Le proiezioni di Prometeia e Intesa Sanpaolo indicano uno scenario in cui, a politiche invariate, l’Europa continuerà ad arrancare rispetto al resto del mondo dove la crescita,  grazie alle politiche espansive messe in atto, sarà più vivace. Questo da un lato è un’opportunità perché rappresenta un traino, dall’altro non è una soluzione a costo zero: nel medio termine l’Europa ne esce penalizzata. In ogni caso, la crescita in Usa e Asia non è esente da rischi e rimangono le incertezze su uno scenario per l’Europa che può rivelarsi ancora peggiore, dal momento che la calma attuale sui mercati è figlia delle politiche Omt della Bce e all’appello manca ancora il buon esito del processo di convergenza dell’Unione bancaria e dell’accordo per le politiche di crescita. “In crescita sono rimaste solo Austria e Germania  tutto questo deve portare a riflettere profondamente sulla politica economica europea a confronto con quella di Giappone e Usa”, ha detto il capo economista di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice in apertura dei lavori rilevando che “sotto molti punti di vista possiamo affermare che il peggio della crisi finanziaria è alle nostre spalle. La strada per la ripresa economica, sarà invece lunga e difficile. Un cambiamento di orientamento nella politica economica europea sarebbe sicuramente una novità importante che consentirebbe di accelerare e rendere meno doloroso il processo di ristrutturazione della nostra economia”.

In Italia redditi che non tengono e diseguaglianze economiche che aumentano hanno fatto scendere per la prima volta il fatturato anche dell’alimentare. Nel 2011 d’altra parte c’è stato un aumento vertiginoso delle famiglie in grave deprivazione materiale, all’11,2% dal 7% del 2010. In questo scenario rimane molto poco da destinare ai consumi. Se la ripresa arriverà principalmente dall’export, la buona notizia è che dal 2003 a oggi l’Italia ha recuperato quote di mercato in un contesto mondiale in cui i Paesi emergenti fanno la parte del leone guadagnando terreno.  La domanda mondiale è attesa in ripresa per tutti i settori italiani.  Le imprese italiane hanno attuato un processo significativo di riposizionamento dei propri sbocchi produttivi in tutti i settori. Sono andate di più in Cina, Svizzera, Polonia, Algeria. E questo è uno degli elementi che ha sostenuto un rafforzamento competitivo che è stato intenso negli ultimi anni. “Il rafforzamento competitivo – rileva il rapporto – di molte aziende manifatturiere è testimoniato anche dal pieno inserimento nelle filiere globali, come mostrano i dati relativi al valore aggiunto delle esportazioni italiane, e da un ricorso agli investimenti esteri e alle tecnologie Ict pari o superiore a quello delle imprese tedesche”.

Il rapporto sottolinea che rimangono comunque alcuni nodi importanti. Tra questi la criticità del ritardo accumulato dal settore distributivo “nel veicolare all’estero l’offerta industriale italiana”. Lo studio segnala anche un forte gap competitivo accumulato dai settori dei servizi rivolti alle imprese: il terziario avanzato, che è sempre più indicato come volano della competitività industriale di un Paese, in Italia paga un deficit competitivo rispetto ai maggiori paesi europei. “La crescita, ma in alcuni casi la vera e propria modernizzazione di interi comparti dell’economia italiana, rappresenta una delle maggiori criticità cui il Paese è chiamato a dare risposte in tempi rapidi”, si legge nel rapporto. Inoltre, il prolungarsi della crisi potrebbe avere impatti anche più negativi sui consumi e compromettere la capacità di ripresa di quelle imprese che operano prevalentemente sul mercato interno (il 50% nel 2017 nonostante la crescente propensione all’export del manifatturiero).

VINCENTI I SETTORI ORIENTATI ALL’EXPORT

Nel 2017 i consumi saranno ancora in termini reali inferiori del 10% rispetto ai livelli del 2007. Faranno peggio gli investimenti che saranno sotto del 20%. Solo la domanda estera si collocherà su livelli di quasi un terzo superiori: giocoforza in questa situazione usciranno vincenti le imprese e i settori con la maggiore proiezione estera.
Nel complesso il fatturato (a prezzi costanti) del manifatturiero italiano sarà del 13% sotto i livelli del 2007. Alcuni settori vedranno la propria produzione rimanere di oltre il 20% sotto ai livelli pre crisi: prodotti e materiali da costruzioni, mobili, autoveicoli e moto, elettrodomestici, prodotti in metallo e metallurgia.

Nella meccanica e nell’elettrotecnica il buon posizionamento competitivo si sommerà a migliori opportunità anche sul mercato interno. È in questi settori che la ripresa sarà più intensa tra 2014 e 2017. Per altri settori sarà importante capire se le imprese multinazionali confermeranno la loro capacità produttiva in Italia, il che significherebbe ritmi di sviluppo più rapidi della media manifatturiera anche per farmaceutica, largo consumo, automobili e motocicli. I prodotti in metallo sono attesi registrare performance analoghe grazie alla crescita prevista nei settori a valle e l’inserimento di sempre più imprese nelle filiere internazionali.

In linea con la media del manifatturiero si muoverà la metallurgia, che sconta una complessa situazione e il venir meno del traino indotto dalle esportazioni di metalli preziosi, così come altri produttori di beni intermedi come anche gli intermedi chimici. Meno dinamici saranno il sistema moda, gli elettrodomestici, i mobili, l’alimentare e le bevande, molto penalizzati dalla domanda interna. Anche nell’elettronica le imprese faranno fatica a cogliere le opportunità create da un mercato nazionale previsto in recupero.

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