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ACCADDE OGGI – Divorzio Tesoro-Bankitalia: 40 anni fa Andreatta scrisse a Ciampi

Imagoeconomica

“Ho da tempo maturato l’opinione che molti problemi della gestione della politica monetaria siano resi più acuti da una insufficiente autonomia della condotta della Banca d’Italia nei confronti delle esigenze di finanziamento del Tesoro”. Queste parole sono contenute in una lettera che oggi compie 40 anni e che a buon ragione può considerarsi un documento storico. Le scrisse il 12 febbraio del 1981 l’allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, al numero uno di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi. Era l’inizio di una delle svolte più importanti nella storia economica d’Italia: il divorzio fra Via Nazionale e Via XX Settembre.

La separazione fra le due istituzioni fu avviata nel luglio di quello stesso anno e portò delle novità fondamentali. La Banca d’Italia non fu più obbligata ad acquistare le obbligazioni che il governo non riusciva a piazzare sul mercato, un meccanismo che di fatto finanziava il disavanzo pubblico con l’ampliamento della massa monetaria (che a sua volta produceva inflazione).

Inoltre, da allora il tasso d’interesse da pagare a chi acquista i titoli di Stato italiani è deciso dal mercato: senza più il paracadute fornito da Bankitalia, a contare è soltanto la legge della domanda e dell’offerta.

Questo cambiamento fu osteggiato dal ministro delle Finanze, il socialista Rino Formica, che avrebbe voluto imporre a Via Nazionale perlomeno il rimborso di una parte dei titoli non venduti.

Va però ricordato che il contesto economico di quel periodo era drammatico, con l’impennata dell’inflazione – dovuta al secondo shock petrolifero – che portò con sé un rapido aumento dei tassi d’interesse.

Il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia contribuì in maniera decisiva a stabilizzare l’inflazione (passata dal 20% del 1980 al 5% degli anni seguenti) e garantì l’indipendenza della politica monetaria (decisa dalla Banca centrale) da quella fiscale (di competenza del governo). A causa della politica economica assistenzialista e priva di rigore, il divorzio non potè però fermare la forte crescita del debito pubblico italiano in quegli anni, perché da allora le spese non coperte da entrate fiscali furono finanziate interamente con il collocamento di titoli sul mercato, senza che Bankitalia potesse più fornire alcun salvagente.

Di seguito riportiamo un passaggio di un articolo scritto per FIRSTonline da Filippo Cavazzuti, che di Andreatta fu prima allievo e poi stretto collaboratore al Tesoro.

«Non una semplice tecnicalità fu “il divorzio”, ma l’esigenza di salvaguardare l’autorità dello Stato nel controllo degli squilibri della finanza pubblica che richiese il coinvolgimento della Banca d’Italia, la quale poi fu accusata di condizionare il Parlamento, tramite la manovra della politica monetaria e dei tassi di interesse, sui temi degli equilibri di finanza pubblica. Forse vi è del vero, ma è pur vero che, traccheggiando il Parlamento, il debito pubblico italiano salì dal 53% del Pil nel 1981 al 100% dello stesso nel 1990. È il fardello che ci tiriamo dietro da allora, che sui mercati internazionali concorre a fare dubitare della sovranità dello Stato». 

Alla lettera di Andreatta, Ciampi rispose il 6 marzo dello stesso anno: «Caro Ministro – esordiva Governatore – rispondo alla Sua del 12 febbraio, le cui linee di ragionamento mi trovano sostanzialmente d’accordo…».

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