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Sviluppo sostenibile e “tragedia” delle risorse comuni

FIRSTonline

Un libro importantissimo con un risvolto pratico 

Grazie alla sezione italiana della System Dynamics Society e all’editore Guerini Next, i lettori italiani possono finalmente accedere a uno studio fondamentale sulla sostenibilità condotto da una delle più brillanti e originali studiose dell’analisi di fenomeni sociali, economici e ambientali, Donella H. Meadows, prematuramente scomparsa nel 2001. Si tratta di Pensare per sistemi. Interpretare il presente, orientare il futuro verso uno sviluppo sostenibile, edizione italiana a cura di Stefano Armenia con una prefazione di Carlo Petrini, editore Guerini Next. Questo libro riprende e approfondisce i temi sollevati dal primo lavoro della studiosa e della System Dynamics Society, I limiti della crescita (1972, disponibile anche in italiano, edizione Lu.Ce, 2018), che fu un tale bestseller internazionale che dibattito sullo sviluppo umano prese la direzione verso il tema della sostenibilità. 

Pensare per sistemi è un libro di una certa complessità ma, per chi abbia la voglia di accettare la sfida intellettuale della Meadows, ha il grande merito di offrire un approccio sistemico alla sostenibilità che è proprio quello che manca nell’azione istituzionale e in quella degli operatori ai vari livelli. Il libro però è tutt’altro che teorico, ha anche un fondamentale risvolto pratico-operativo. In ogni aspetto della sua argomentazione l’autrice cerca di individuare i “punti di leva del cambiamento”, quei luoghi, cioè, di un sistema complesso in cui un piccolo intervento può portare a grandi e durature trasformazioni strutturali. È un libro che tutti coloro che si ritengono agenti di cambiamento dovrebbero tenere sul comodino. 

Tra i molti argomenti trattati nel libro abbiamo scelto di proporvi le riflessioni della Meadows sul tema dei beni comuni, centrale per ogni discorso sulla sostenibilità e, purtroppo, andato un po’ in ombra negli ultimi anni dopo essere stato per molto tempo alla ribalta del dibattito internazionale sull’uso delle risorse e aver portato ad Elinor Ostrom, una delle più importanti studiose sui temi della governance e delle risorse comuni, il premio Nobel 2009 per l’economia. 

Lo abbiamo scelto anche in relazione all’uscita di due libri (entrambi editi da goWare) che riprendono i temi dei beni comuni attraverso da alcuni scritti della Ostrom e di altri studiosi (Beni comuni. Diversità, sostenibilità, governance. Scritti di Elinor Ostrom) e il dibattito internazionale che si è sviluppato intorno ai commons a partire dalla Conferenza di Seattle del 2009 (Omnia sunt communia. Il dibattito internazionale su commons e beni comuni, a cura di Lorenzo Coccoli). 

Dal libro della Meadows di seguito riproduciamo il capitolo dal titolo “La tragedia dei beni comuni”, ringraziando Joshua Volpara di Guerini Next per averci reso disponibile questo testo per la pubblicazione sul nostro blog. Merita un elogio anche il Chapter Italiano della System Dynamics Society per aver portato questo studio ai lettori di lingua italiana. 

La Meadows usa il gioco della Slinky come paradigma della sua teoria dei sistemi. Scrive: “All’inizio delle mie lezioni sui sistemi, spesso tiro fuori una Slinky. Nel caso foste cresciuti senza averne una, la Slinky è un giocattolo, una lunga molla libera, spesso colorata, che può essere fatta rimbalzare su e giù, da una mano all’altra o alla quale si può anche far scendere le scale… Cosa fa rimbalzare su e giù la Slinky?  
La risposta sta chiaramente nella Slinky stessa. Le mani che la manipolano trattengono o liberano un comportamento che è latente nella struttura stessa della molla. Questa è un’intuizione centrale della teoria dei sistemi. 

Quando si innesca la tragedia dei beni comuni 

La trappola definita «tragedia dei beni comuni» (Tragedy of the Commons) si materializza quando si innesca un’escalation, o una semplice crescita, in un ambiente condiviso soggetto a erosione. L’ecologo Garrett Hardin ha descritto il sistema delle risorse comuni in un articolo del 1968, divenuto un classico. Hardin usò come esempio un terreno di pascolo comune: 

Immaginiamo un pascolo aperto a tutti. È ragionevole pensare che ogni allevatore tenterà di portare al pascolo il maggior numero possibile di capi di bestiame… Esplicitamente o implicitamente, più o meno coscientemente, si domanderà: «Quale utilità ho nell’aggiungere uno o più capi alla mia mandria?»… 

Dal momento che l’allevatore beneficia del ricavo della vendita di quel capo aggiuntivo, l’utilità positiva è quasi +1… Dal momento, tuttavia, che gli effetti del sovrapascolo sono condivisi tra tutti… l’utilità negativa per la particolare decisione dell’allevatore è solo una frazione di –1… 

L’allevatore razionale conclude che l’unica cosa sensata per lui da perseguire sia proprio quella di aggiungere un altro animale al proprio gregge. E un altro; e un altro ancora… Ma questa è la conclusione alla quale giunge ogni allevatore che condivide il pascolo. Qui sta la tragedia. Ognuno… è chiuso in un sistema che gli impone di aumentare la propria mandria senza limiti — in un mondo che è limitato. La rovina è il punto di arrivo verso cui tutti… corrono, ognuno perseguendo il proprio migliore interesse. La razionalità limitata, in poche parole! 

In ogni sistema di beni comuni c’è, in primo luogo, una risorsa condivisa (in questo caso il pascolo). Perché il sistema sia suscettibile alla tragedia delle risorse comuni, la risorsa condivisa deve essere non solo limitata ma soggetta ad erosione se sovra-sfruttata. Vale a dire, oltre una certa soglia, minore è la risorsa, meno è in grado di rigenerarsi, o è più probabile che venga distrutta. Per esempio, quando c’è meno erba in un pascolo, le mucche mangiano anche la base dello stelo da cui nasce la nuova erba. Le radici non sono più in grado di proteggere il suolo dall’erosione esercitata dalle piogge. Con meno terra, l’erba cresce meno. E così via. Un altro circuito retroattivo rinforzante che corre in discesa! 

Un sistema di risorse comuni è caratterizzato anche da utilizzatori di risorse (le mucche e i proprietari), che hanno buone ragioni individuali per crescere, e che crescono a un tasso che non è influenzato dalle condizioni delle risorse comuni. Il singolo allevatore non ha motivi, nessun incentivo, nessun circuito retroattivo forte, tali per cui la possibilità di sovra-pascolo lo fermi dall’aggiungere un’altra mucca al pascolo comune. Al contrario, ha tutto da guadagnare. 

Lo speranzoso migrante in Germania non aspetta altro che beneficiare delle generose leggi sull’accoglienza, e non ha alcuna ragione di considerare il fatto che troppi immigrati spingeranno inevitabilmente il governo tedesco a rendere quelle leggi più restrittive. In effetti, proprio la convinzione che la Germania stia prendendo in considerazione tale alternativa è una ragione in più per correre in Germania! 

La mancanza del circuito di feedback

La distruzione di un bene comune si innesca quando si verifica un’escalation, o una semplice crescita, in un ambiente condiviso soggetto a erosione. In questo caso si ha la venuta meno (o il funzionamento ritardato) del circuito di feedback che dovrebbe legare la risorsa alla crescita degli utilizzatori di quella risorsa. 

La tragedia dei beni comuni emerge dalla mancanza (o dal funzionamento ritardato) del circuito di feedback che dovrebbe legare la risorsa alla crescita degli utilizzatori di quella risorsa. 

Quanto maggiore è il numero di utilizzatori della risorsa, tanto più la risorsa è sfruttata. Quanto più la risorsa è sfruttata, tanto minore è la disponibilità per il singolo utilizzatore. Se gli utilizzatori sono decisori a razionalità limitata nel considerare il proprio approccio ai beni comuni («Non c’è motivo che io sia l’unico a limitare il numero delle mie mucche!»), non c’è motivo per nessuno di limitarne l’uso. Alla fine, quindi, il tasso di raccolta supererà la capacità della risorsa di sostenere tale raccolto. Poiché non esiste un circuito di retroazione che limiti l’utilizzatore, il sovra-sfruttamento continuerà. La risorsa declinerà. Infine, si innescherà il circuito di erosione, la risorsa sarà distrutta, e tutti gli utilizzatori ne pagheranno le conseguenze. 

Sicuramente, penserete, nessun gruppo di persone può essere così miope da distruggere le proprie risorse comuni. Si considerino alcuni esempi diffusi di beni comuni che si stanno incamminando su un percorso di totale erosione o hanno già raggiunto il disastro: 

  • l’accesso incontrollato ad un parco nazionale può portare a un tale afflusso di folla da distruggerne le bellezze naturali;
  • tutti hanno un vantaggio immediato nel continuare a utilizzare carburanti fossili, sebbene l’anidride carbonica prodotta da questi carburanti sia un gas a effetto serra che sta causando un cambiamento climatico globale;
  • se ogni famiglia può avere tutti i figli che vuole, ma la società nel suo insieme deve sostenere i costi di educazione, assistenza sanitaria e protezione ambientale per tutti i bambini, il numero di bambini nati può superare la capacità della società di sostenerli tutti. (Per inciso, questo è l’esempio che ha spintoHardina scrivere il suo articolo.) 

Tutti questi esempi hanno a che fare con lo sfruttamento eccessivo di risorse rinnovabili — una struttura che abbiamo già visto nello zoo dei sistemi. La tragedia è in agguato non solo nell’utilizzo di risorse comuni, ma anche nell’uso di discariche comuni, luoghi condivisi in cui è possibile smaltire rifiuti inquinanti. Una famiglia, un’azienda o una nazione può ridurre i propri costi, aumentare i propri profitti, o crescere più velocemente se può fare in modo che l’intera comunità assorba o gestisca i suoi scarti. Essa ne trae un gran guadagno, subendo solo una frazione dell’inquinamento che ha provocato (o non subendolo affatto nel caso riesca a scaricarlo a valle o a monte). Non c’è alcuna ragione razionale per cui chi inquina debba smettere di farlo. In questi casi, il circuito di retroazione che influenza il tasso di utilizzo delle risorse comuni — che sia una fonte o una discarica — è debole. 

Se si ritiene difficile comprendere appieno il comportamento di un individuo che sfrutta le risorse comuni, ci si chieda se si è disponibili a condividere l’auto per ridurre l’inquinamento atmosferico, o a ripulire ogni volta che sporchiamo. 

Strade per scongiurare la tragedia dei beni comuni 

La struttura sistemica delle risorse comuni rende il comportamento egoistico molto più conveniente e profittevole di un comportamento responsabile nei confronti di tutta la comunità e del futuro. Ci sono tre strade per scongiurare la tragedia dei beni comuni. 

  • Educare ed esortare. Aiutare le persone a vedere le conseguenze di un utilizzo senza vincoli delle risorse comuni. Fare appello ai loro principi morali. Persuaderle ad essere moderate. Intimorire gli eventuali trasgressori con una disapprovazione sociale o un’eterna dannazione.
  • Privatizzare i beni comuni. Dividerli in modo che ognuno subisca le conseguenze delle proprie azioni. Se alcune persone mancano di autocontrollo per stare sotto i limiti della capacità di rigenerazione delle proprie risorse private, queste faranno danno solo ase stesse e non ad altri. 
  • Regolare i beni comuni.Garrett Hardin descrisse questa opzione senza mezzi termini come «mutua coercizione, reciprocamente condivisa». La regolazione può assumere varie forme, da veri e propri divieti di determinati comportamenti all’imposizione di quote, permessi, tasse, incentivi. Per essere efficace, la regolamentazione deve essere rafforzata da polizia e sanzioni. 

La prima di queste soluzioni, l’esortazione, ha come obiettivo quello di limitare l’uso delle risorse comuni tramite l’appello morale alla preservazione della risorsa. 

La seconda, la privatizzazione, instaura un circuito di retroazione tra il livello di utilizzo della risorsa e chi ne fa uso, in modo che i vantaggi e i costi derivanti dall’utilizzo della risorsa ricadano sullo stesso decisore. Il proprietario della risorsa può sempre abusare della risorsa, ma in quel caso ci vuole ignoranza o irrazionalità per farlo. 

La terza soluzione, la regolamentazione, produce un circuito di retroazione tra lo stato della risorsa e l’utilizzatore attraverso il regolatore. Affinché questo circuito funzioni, i regolatori devono avere l’esperienza per monitorare e interpretare correttamente le condizioni della risorsa comune, essi devono avere strumenti efficaci di deterrenza, e devono avere a cuore il bene della comunità. (Non possono essere disinformati, deboli o corrotti.) 

L’opzione migliore: la coercizione reciproca

La reciproca coercizione può essere una buona regola di convivenza e di sostenibilità. Alcune culture «primitive» sono riuscite a gestire per generazioni le risorse comuni ricorrendo all’educazione e all’esortazione. Garrett Hardin, tuttavia, non crede che questa opzione sia affidabile. Le risorse comuni protette solo dalla tradizione o da «regole d’onore» possono infatti attirare coloro che non rispettano la tradizione e che non hanno onore. 

La privatizzazione funziona in modo più affidabile dell’esortazione, se la società è disposta a lasciare che gli individui imparino nel modo più difficile. Ma molte risorse comuni, come l’atmosfera e il patrimonio ittico nei mari, semplicemente non possono essere privatizzate. Ciò permette solo l’opzione di una «coercizione reciproca, reciprocamente concordata». La vita è piena di accordi di coercizione reciproca, molti dei quali sono talmente dati per scontati che difficilmente ci si pensa. Ognuno di essi limita la libertà di abusare di beni comuni, mentre preserva la libertà di usarli. Per esempio: 

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  • Lo spazio comune al centro di un incrocio trafficato è regolato da un semaforo. Non è possibile attraversare l’incrocio quando si vuole. Quando è il nostro turno, tuttavia, si può attraversare l’incrocio in modo più sicuro di quanto sarebbe possibile se l’incrocio non fosse regolamentato e libero a tutti.
  • L’uso comune degli spazi di parcheggio nel centro delle città è regolato da parchimetri, che applicano una tassa per l’uso dello spazio e che limitano l’occupazione ad un certo intervallo temporale. Non si può parcheggiare dove si vuole e per quanto tempo si vuole, ma si ha una maggiore probabilità di trovare un posto per parcheggiare rispetto ad una situazione in cui non ci fossero i parchimetri.
  • Non si può prendere denaro a piacimento in una banca, per quanto possa sembrare un’opzione attraente. Strumenti di protezione quali casseforti e cassette di sicurezza, rafforzate dall’esistenza di polizia e carceri, impediscono di trattare una banca come un bene comune. In cambio, il proprio denaro depositato in banca è protetto.
  • Non si può trasmettere a piacere sulle frequenze occupate da radio e televisione. È necessario ottenere un permesso da un’agenzia di regolamentazione. Se la libertà di trasmissione non fosse limitata, le frequenze sarebbero un caos di segnali sovrapposti.
  • Molti sistemi comunali di raccolta di rifiuti sono diventati così costosi che le famiglie devono pagare in relazione all’ammontare di rifiuti che generano — ciò trasforma ciò che era una risorsa comune in un sistema regolamentato in cui si paga in relazione all’utilizzo che se ne fa.

Si noti da questi esempi quante forme differenti possa assumere una «coercizione reciproca, reciprocamente concordata». Il semaforo regola l’accesso al bene comune in base al principio «aspetta il tuo turno». Il parchimetro addebita l’utilizzo dello spazio di parcheggio. La banca usa barriere fisiche e forti sanzioni. I permessi per l’utilizzo delle frequenze di trasmissione sono assegnati da un’agenzia governativa. La tassa sui rifiuti ripristina la retroazione mancante, facendo in modo che ogni famiglia subisca l’impatto economico del proprio uso dei beni comuni. La maggior parte delle persone si attiene al rispetto delle regole nella gran parte dei casi, nella misura in cui tali regole siano state reciprocamente concordate e se ne capisca lo scopo. Tuttavia, tutti i sistemi di regolamentazione devono utilizzare la forza coercitiva di polizia e di sanzioni per coloro che occasionalmente non cooperano. 

Categories: Economia e Imprese