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Spese militari, Draghi gela Conte: “Rispettare gli impegni internazionali, sennò la maggioranza svanisce”

Imagoeconomica

L’aumento delle spese militari, concordato in sede internazionale ancora prima dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, sta dividendo la maggioranza di governo per le fibrillazioni dei Cinque Stelle, che vorrebbero rinviare l’aumento delle spese per la difesa al 2% del Pil pur avendole sensibilmente incrementate quando erano a Palazzo Chigi. Ma il premier Mario Draghi non ha alcuna intenzione di cedere ai giri di valzer proposti dai grillini e ieri lo ha detto senza troppi giri di parole al leader del M5S Giuseppe Conte prima di salire al Quirinale.

Draghi non cede a Conte: “Gli impegni internazionali sulle spese militari non si toccano”

Nel faccia a faccia con Conte, Mario Draghi non è arretrato di un millimetro e ha detto all’ex premier: “Il Governo intende rispettare e ribadire gli impegni sulle spese militari assunti in sede internazionale: in un momento così delicato”, con la guerra alle porte dell’Europa, “è impossibile metterli in discussione e non è serio farlo”. Anzi – è stata le perentoria conclusione di Draghi – “se ciò avvenisse, verrebbe meno il patto che tiene in piedi la maggioranza” di Governo.

Di tutto questo Draghi ha immediatamente riferito al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che è in piena sintonia con il premier. Rinnegare gli accordi internazionali sulle spese militari – curiosamente sottoscritti a suo tempo anche da Giuseppe Conte quando era alla guida dei primi due governi della legislatura – vorrebbe dire, al di là del merito reso ancora più attuale dalla guerra, minare alla radici la credibilità internazionale dell’Italia ed è per questo che sia Draghi che Mattarella non intendono avallare cedimenti.

Quand’era a Palazzo Chigi conte aumentò le spese militari del 17%

È probabile che al Senato, per sostenere il rialzo delle spese militari fino al 2% del Pil, che poi sarà codificato dall’imminente Def, il Governo ricorra alla fiducia sul provvedimento in discussione e toccherà ai Cinque Stelle decidere se sostenere la linea Draghi o provocarne la crisi nel bel mezzo di una guerra. Ma gli stessi Cinque Stelle sono divisi al loro interno e mentre Conte, per rafforzare la sua debole leadership, fa il muso duro, al contrario il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è pienamente allineato con Draghi e non ha la minima intenzione di provocare scossoni nel Governo.

A rendere ancora più surreale la posizione di Conte ci sono anche le cifre che contraddicono quanto va sostenendo in questi giorni. Non solo l’aumento progressivo delle spese militari fu concordato in sede internazionale e approvato da tutti i governi italiani che si sono succeduti dal 2014 in poi, ma nel triennio 2018-2020, quando Conte era Presidente del Consiglio, gli investimenti per la difesa salirono da 21 miliardi a 24,6 miliardi con un aumento del 17%. Tra il 2021 e il 2022 – con Draghi a Palazzo Chigi – il bilancio della Difesa è invece aumentato di poco (+5,6%), arrivando a 26 miliardi di euro.

“Io non metto in discussione gli impegni con la Nato, né voglio che lo faccia il Governo”, si difende Conte, “ma se incrementiamo la spese per la Difesa, dove si troveranno i soldi per far fronte al caro bollette, alla scarsità delle materie prime e alla spinta inflattiva?”. Domande legittime, che però Conte non si poneva nemmeno lontanamente quando le spese militari le aumentava lui a Palazzo Chigi, malgrado la guerra non fosse alle viste.

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