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Smart working conviene? Oggi molto meno: abbatte i costi per le imprese ma aumenta quelli dei dipendenti

Pixabay

Lavorare in smart working conviene? Se da un lato piace sempre di più alle imprese, con il 75% delle imprese già all’opera per sviluppare una policy aziendale, dall’altro piace meno ai dipendenti a causa del conto salato delle bollette di luce e gas. Sono alcuni dei risultati della ricerca condotta da Radical HR in collaborazione con, tra gli altri, PwC Italia “Smart working in Italia – scenari presenti e futuri”, con l’obiettivo di fotografare la situazione attuale e riflettere sui trend futuri dello smart working nelle aziende italiane.

Un tema di cui tutti discutono, ma come si è evoluto e sta evolvendo in Italia? Quali sono le policy attuate dalle aziende italiane? Ci sono differenze tra grandi aziende e Pmi? La ricerca risponde a queste domande e fornisce risposte raccolte da case study concreti che mostrano come le nostre imprese affrontano lo smart working.

Smart working sempre più richiesto

I dati della ricerca dimostrano che lo smart working si sta affermando sempre di più come un fenomeno flessibile e culturalmente accettato nel nostro paese, con un quarto delle aziende che lascia ai propri dipendenti la libertà di scegliere i giorni in cui lavorare da casa. Ci sono sviluppi positivi anche per il numero di giorni concessi, che in quasi un terzo delle aziende (circa il 27%) ammonta a due giorni su cinque. In più, continua a diminuire il numero di aziende che non vogliono concedere lo smart working ai propri lavoratori, che passa dal 14,1% dello scorso anno al 13,5%.

Questo sta spingendo sempre più le aziende a implementare policy aziendali per lo smart working: circa il 75% infatti afferma di muoversi in tal senso, di cui il 50,6% le ha già sviluppate mentre il 22,2% è all’opera per realizzarle.

Lavorare in smart working piace più al Nord che al Sud

Tuttavia, la situazione cambia sensibilmente a seconda della dimensione e della provenienza delle aziende: se si guarda a quelle di grandi dimensioni con più di 10mila dipendenti, il 68% ha già una policy aziendale sul tema; al contrario, tra le aziende con meno di 10 dipendenti, il dato scende al 25%. Oltre a ciò, le disparità territoriali sono evidenti: rispetto alle regioni del Nord, nel Sud Italia il numero di aziende che ha messo in campo policy dedicate allo smart working è estremamente più ridotto.

Le difficoltà

La ricerca evidenzia però alcune criticità: il 57,8% delle aziende dichiara che lo smart working rende difficile mantenere un buon livello di engagement delle risorse; per il 56,6%, risulta difficile rendere attrattiva l’azienda e trattenere i talenti; il 48,5% fatica a trasmettere la cultura aziendale tramite lo smart working.

Inoltre, i dati mettono in luce che solo il 18,9% degli HR ritiene che lo smart working abbia un impatto sul talent management e solo il 26,9% rileva un impatto positivo sul performance management.

Come ha sottolineato anche Alessandro Rimassa, founder di Radical HR, in realtà lo smart working “si rivela molto più efficace per le figure più senior, aumentandone anche la produttività. Al contrario, è innegabile che possa generare alcune problematicità per le figure junior, rendendo più complesso trasmettere non solo la cultura aziendale, ma anche le skill necessarie per svolgere al meglio il proprio lavoro”.

Motivo per cui forme ibride di alternanza fra smart working e lavoro in ufficio sarebbero più efficaci.

Lavorare in smart working conviene? Più alle imprese

Il ricorso allo smart working non può prescindere dal contesto attutale. Con gli alti costi dell’energia, ha spiegato Andrea Malacrida, country manager di The Adecco Group e founder di Phyd, “sia dipendenti che aziende si trovano a rivalutare le proprie priorità relativamente a questo strumento”. Tra i vantaggi che garantisce, oltre risparmi in bolletta (spesa che però va affrontata dallo smart worker), il potenziale aumento del risparmio dei costi di gestione degli spazi fisici (in particolare per le piccole imprese) e l’effetto che può avere in termini di riduzione dell’assenteismo. Per i lavoratori, gli svantaggi sono soprattutto l’aumento dell’isolamento e ovviamente dei costi fissi.

Motivo per cui, evidenzia Malacrida, “vediamo nascere nuove interessanti forme, destinate in qualche modo a cambiare il mercato del lavoro”. Ad esempio, il Comune di Milano, per ridurre i costi del riscaldamento ha proposto lo smart working il lunedì e il venerdì e il lavoro in presenza gli altri giorni. Oppure si inizia a pensare anche all’introduzione della settimana lavorativa corta. “Una soluzione destinata, senza dubbio, a ritagliarsi sempre più spazio nel dibattito pubblico”, secondo Malacrida.

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Categories: Lavoro