X

Ripresa: la nave va e più forte andrà

Pixabay

«Lo sapevate che il rinoceronte dà un ottimo latte?». La domanda del naufrago Orlando (cronista ironico e impertinente nel capolavoro felliniano E la nave va) aiuta a narrare gli effetti finali dei massicci e continui interventi pubblici (compresi quelli delle banche centrali) a sostegno dell’economia. La bestia-stato, come lo vedono gli estremisti del liberismo, dovrebbe fare il meno possibile. E anche in questa occasione bisognerebbe lasciare che l’economia si aggiusti da sola, perché si sta solo comprando tempo, a carico delle future generazioni.

L’economia, invece, al pari di Orlando, ci sta dicendo che il latte dello stato-bestia è buono. Ce lo sta dicendo attraverso l’andamento degli indicatori congiunturali. La produzione industriale sta aumentando a un ritmo veloce in ogni dove. Come si vede dall’alto livello della componente output del dell’indagine PMI. In testa ci sono Germania, USA e, udite-udite, Italia.

Tra i grandi paesi industriali, solo in Cina è sceso, apparentemente segnalando decelerazione. Ma va ricordato che colà il PMI manifatturiero era poco sopra 50 anche quando l’industria cresceva del 15% e passa. Perché si tratta di un indicatore qualitativo che segnala come vanno le cose rispetto a prima. E se l’economia cinese ora rallentasse un po’ dai ritmi della seconda metà del 2020 gliene saremmo grati sia perché darebbe comunque un grande contributo alla crescita globale sia perché attenuerebbe la pressione sulla domanda e sui prezzi delle materie prime, già assai elevati.

L’incremento della produzione industriale è tirato sia dai consumi delle famiglie sia dagli investimenti delle imprese. Le prime hanno, obtorto collo, scelto di usare un po’ dei molti soldi che si trovano a risparmiare nell’acquisto di beni materiali, adatti alla vita domestica cui sono costrette dalle restrizioni alla vita sociale. In USA a gennaio i consumi di beni erano del 10% sopra i livelli pre-pandemia.

Le restrizioni proseguiranno, in un’estenuante danza macabra di ammorbidimenti e indurimenti, fino alla bella stagione nell’emisfero boreale, dove vive il 90% della popolazione mondiale. Con il caldo, lo abbiamo visto anche nel 2020, il virus si scioglie e sopravvive meno a lungo.

Le imprese hanno visto margini di profitto invariati, proprio grazie all’intervento pubblico, e sono spronate ad adattare il capitale alle nuove tecnologie digitali e alla trasformazione dei modi di spendere e produrre che la pandemia ha accelerato.

A proposito di quei risparmi forzati: Bloomberg ha calcolato che ci sono nel mondo 2.900 miliardi di dollari (2.400 miliardi di euro) di redditi non spesi in eccesso rispetto a quanto si avrebbe avuto in tempi normali, 1,3 volte il PIL italiano. Circa la metà sono negli USA (7,2% del PIL americano), un sesto in Cina (2,7%), altrettanti nelle quattro maggiori economie dell’Area euro (4,9% media ponderata). Sono risparmi destinati a salire sia perché ci saranno altri mesi di vita vissuta difficilmente sia perché arriveranno altri aiuti pubblici.

Vaccini che liberano dalle restrizioni e spesa di questi risparmi metteranno il turbo alla domanda nella seconda metà dell’anno. E il transatlantico si trasformerà in aliscafo. Almeno questa è la speranza e, nei mercati finanziari, la scommessa. Questo di più di domanda si tradurrà in maggiori prezzi o in maggiore produzione?

Dilemma la cui risposta ha conseguenze di politica economica e finanziarie. Ma anche per l’esistenza delle persone. Se andrà tutto o quasi in produzione, allora le misure straordinarie di bilancio e monetarie potranno essere ritirate lentamente e senza fretta. Se andranno nei prezzi, allora c’è il rischio che i tassi salgano (come stanno facendo) con forti correzioni delle Borse e rischio di nuovo inciampo recessivo.

L’impressione aneddotica e statistica è che le imprese non hanno bisogno di aumentare i margini, da un lato. E, dall’altro, non giocano con i prezzi come fossero uno yo-yo, perché mina la credibilità e affidabilità. In tempi di tanti e tali mutamenti, la perdita di immagine può essere fatale.

Inoltre, la nuova e maggiore domanda andrà verso settori che oggi hanno un’ampia capacità produttiva inutilizzata: servizi di ristorazione e turistici, spettacoli, commercio al dettaglio, beni per abbigliamento, viaggi (compresi quelli in auto), case in affitto. E dove ci sarà moltissima concorrenza, per attrarre quella domanda. Che si riprenderà un po’ alla volta perché un po’ alla volta verranno allentate le restrizioni. Perché ancora non si sa se le varianti future del virus ridurranno la difesa immunitaria dei vaccini. Mentre l’eccezionale domanda attuale di beni di consumo manufatti, che nei paesi avanzati è per lo più di sostituzione, si affloscerà.

A proposito di terziario, il PMI relativo offre un quadro diverso e più disuguale di quello manifatturiero. Le velocità di crescita sono assai differenti. Massima in USA e minima in Eurozona, con la Cina che di nuovo frena. Per quest’ultima il dato di febbraio è viziato anche da problemi di destagionalizzazione: essendo il mese del capodanno lunare, si sconta un normale aumento di attività, che però negli ultimi due anni è stata tenuta bassa dalle restrizioni, per cui i coefficienti di stagionalità la fanno apparire più bassa di quel che è nei confronti con gennaio.

In generale, i commenti dicono che le nuove chiusure non hanno avuto sui servizi gli effetti devastanti delle prime. Ma consideriamo che per molti settori la ripresa estiva aveva riportato l’attività ai livelli dimezzati rispetto alla pre-pandemia. In altri pure peggio. Quindi la caduta è da valori già bassi.

Credere nella ripresa piuttosto che nell’inflazione è molto meno impegnativo che avere fede nel Signore (un confronto che non suoni sacrilego, all’opposto è denso di ammirazione per l’impegno non solo spirituale dei credenti). Blaise Pascal invitava a considerare tale fede come una scommessa conveniente, perché al più non si perde nulla, ma si può vincere la vita eterna (nell’al di là).

Nel frattempo, gustiamo il latte del rinoceronte-stato, evitando di storcere il naso schizzinosi.

Related Post
Categories: Economia e Imprese