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Renzi verso il Consiglio Ue: “No al tetto sui titoli di Stato nelle banche”

“Noi porremo il veto su qualsiasi tentativo di tetto alla presenza di titoli di Stato nelle banche“. E’ un Matteo Renzi deciso quello che, al rientro della visita in Argentina (dove un premier italiano mancava dal 1998) si è presentato al Senato per riferire in merito al Consiglio europeo in programma giovedì. “Saremo senza cedimento di una coerenza e forza esemplare”, ha aggiunto il premier, che ha ricordato con un velo di polemica che “la vera questione delle banche in Europa è la questione enorme che riguarda la prima e la seconda banca tedesca. Faccio il ‘tifo’ per loro, ma il dato di fatto è che anziché occuparci dei titoli di stato italiani bisogna avere la forza di dire che nella pancia di molte banche europee c’è un eccesso di derivati e titoli tossici”. Il premier si riferisce soprattutto al caso che ha colpito Deutsche Bank, che fino alla settimana scorsa aveva perso da inizio anno il 40% alla Borsa di Francoforte con i premi sui derivati che sono saliti a livelli esorbitanti. Dopo il tracollo, per rassicurare i mercati l’istituto tedesco ha comunicato che riacquisterà parte del proprio debito senior per un valore di poco inferiore ai 5 miliardi di euro, su un totale di 50 miliardi in circolazione.

Renzi ha poi parlato del futuro dell’Europa: “Dire che non basta più una politica solo incentrata sull’austerity e che si occupa in modo discutibile di banche e non di sociale significa essere coerenti con la storia dell’Italia e dire anche un po’ di verità. Al Consiglio parleremo di tante cose ma il fil rouge è uno: capire se nei prossimi anni l’Europa torna ad essere comunità o sarà solo un contratto”. Sul tavolo del Consiglio di domani, giovedì 18 febbraio, ci sono vari dossier, primi fra tutti Brexit e i migranti. “Vanno fatti tutti gli sforzi necessari – ha detto il presidente del Consiglio intervenendo al Senato – per tenere il Regno Unito nell’Ue: lo diciamo nell’interesse degli inglesi perché una eventuale uscita innanzitutto sarebbe un danno drammatico per loro. Ma è anche interesse di tutti gli europei, perché se uno dei grandi Paesi del G7 decide di fare a meno dell’Ue il messaggio va oltre la riduzione da 28 a 27, che sarebbe un inedito di straordinaria gravità: sarebbe un segnale di controtendenza di portata storica”. Renzi ha però aggiunto: “Non dobbiamo accettare pedissequamente le richieste di Londra. Noi siamo per un compromesso e la lettera di Tusk va in questa direzione. C’è da fare e da discutere e domani lo faremo, certo i paletti a cui l’ Italia debba attenersi è a mio avviso la centralità dell’euro, bisogna rafforzare con forza la direzione dell’Europa”. 

Sulla questione dei rifugiati Renzi ha già dimostrato di avere le idee chiare: “L’Ue è nata quando i muri sono stati abbattuti e se questo non lo dice una generazione di leader zigzaganti che si preoccupa più dei consenso che del momento storico, toccherà a noi italiani dire che l’Europa è nata non per arginare il mondo che sta fuori, ma come un luogo entusiasmante da attirare la parte migliore del mondo e se ciò non accade esiste un problema Europa e noi come italiani abbiamo il dovere e diritto di segnalarlo”. Entrando nel merito della questione, il premier ha ricordato nell’Aula del Senato che a fare i rimpatri non può essere l’Italia da sola, ma deve pensarci l’Europa. “C’è un principio di rispetto delle regole: chi non ha diritto all’accoglienza va rimandato a casa, lo diciamo dal primo giorno. Ma se i rimpatri li fa l’Ue è un film, se li fanno i singoli stati un altro film”. Tra i Paesi europei l’Italia risulta essere quello che ha fatto più rimpatri, eppure “è opinione condivisa che non siano sufficienti”. Renzi ha concluso il suo intervento illustrando la proposta che sarà portata al Consiglio europeo: “Deve esserci un diritto unico di asilo, non è possibile avere regole separate. Sull’immigrazione sembrano molto lontani i tempi in cui dicevamo, ma era meno di un anno fa, che era una questione europea: pochissimi si erano affiancati al grido di dolore italiano. Sono molto lontani i tempi in cui i governi al tavolo si trinceravano dietro le regole miopi e asfittiche del trattato di Dublino: oggi non c’è chi non veda che il tema è europeo”.

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Categories: Politica