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Piccolo atlante delle armi atomiche

Dall’entrata in vigore del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (NPT) nel 1970, i paesi che ufficialmente possiedono armi atomiche sono cinque: Stati Uniti, Russia (che ha ereditato e gestisce l’arsenale della ex Unione Sovietica), Gran Bretagna, Francia e Cina. Ma ci sono altri tre paesi che negli anni successivi, pur non facendo parte del NPT, sono entrati nel cosiddetto “club del nucleare”, e sono India, Pakistan e Corea del Nord.

Quest’ultima per la verità faceva parte del NPT fino al 2003, quando ha deciso di uscirne e di avviare un proprio programma di sviluppo di armi nucleari. Inoltre la Federation of American Scientists, e sostanzialmente tutte le istituzioni coinvolte nel monitoraggio degli arsenali nucleari mondiali, danno per certa la presenza di armi atomiche in Israele (anche se il governo israeliano è ambiguo al riguardo). Il totale, insomma, è di nove.

Accanto ai nove Stati, ce ne sono altri che hanno lavorato negli anni scorsi per ritagliarsi un ruolo geopolitico in prima persona nel nucleare. Ma alcuni temporaneamente, altri in via definitiva, sembrano avervi rinunciato: è il caso dell’Iran, di alcuni Stati dell’ex impero sovietico (Bielorussia, Kazakistan e Ucraina), del Sudafrica, della Corea del Sud, Taiwan, Argentina e Brasile, dell’Iraq (che al piano disse addio con la Guerra del Golfo) e della Libia (che desistette volontariamente nel 2003, per decisione di Gheddafi). Un piano lo aveva intrapreso la Siria con l’aiuto della Corea del Nord, ma non andò oltre il possesso di uranio arricchito e la costruzione di un reattore, distrutto da Israele con un raid aereo nel 2007.

Secondo l’ultimo Rapporto del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), più del 90% dell’arsenale nucleare è detenuto da Russia e Usa, anche se il numero delle loro testate nucleari si è progressivamente ridotto. Per quale motivo? Il primo è per le scelte unilaterali; il secondo è il risultato del Nuovo START, il Trattato sulle misure di ulteriore diminuzione e limitazione delle armi strategiche offensive del 2010. Washington e Mosca, in base ad un’analisi pubblicata da Mauldin Economics lo scorso aprile, sono anche le uniche a possedere ufficialmente la “triade” completa per il pieno impiego delle armi possedute: missili con base a terra, missili da sottomarini e ordigni montati sui bombardieri strategici.

Non è certo, ma pare presumibile che anche Cina e India dispongano della “triade nucleare”. A luglio 2017, sempre secondo il Bollettino degli scienziati atomici della FAS, il censimento delle testate nucleari globali ammontava a quasi 15 mila, di cui 9400 parte di arsenali militari attivi e addirittura più di 5000 di queste già schierate, montate su missili e pronte all’uso. Va sottolineato come tutti questi numeri siano dati da studi e analisi di diversi enti di ricerca internazionale, ma non per tutti vi siano conferme ufficiali da parte dei diversi paesi. Quasi sempre, infatti, il numero di ordigni nucleari è segreto di Stato.

Un dato interessante riguarda l’andamento del numero di testate nucleari nel tempo. Dalla seconda guerra mondiale, infatti, è iniziata una vera e propria corsa agli armamenti, che ha visto in un primo tempo gli Stati Uniti dotarsi del più importante arsenale nucleare. Negli anni successivi, però, l’allora Unione Sovietica ha recuperato e anzi sorpassato gli Usa come numero di armi nucleari. Oggi la Russia è il paese che ha il primato al mondo.

Nel grafico sotto vediamo l’andamento del numero di armi nei diversi paesi e (in rosso) l’andamento globale, sempre secondo i dati del Bollettino degli scienziati atomici. Per la scarsità di dati certi, la Corea del Nord è stata lasciata fuori. Gli scienziati stimano che il paese asiatico abbia prodotto materiale sufficiente per la costruzione di almeno una ventina di testate nucleari, ma non si sa se queste armi siano effettivamente pronte all’utilizzo né dove siano i depositi.

Una prima (piccola) flessione nella produzione di armi nucleari globali si rileva attorno al 1970, anno dell’entrata in vigore del Trattato di non proliferazione NPT. Una seconda importante riduzione si registra dopo il 1986, anno in cui, a ottobre, il presidente americano Ronald Reagan e il neo segretario del PCUS sovietico Mikhail Gorbachev si incontrarono a Reykjavík per avviare un processo di riduzione degli arsenali nucleari europei e globali. L’accordo, denominato Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty (INF), fu raggiunto l’anno successivo e firmato a Washington nel dicembre del 1987. La riduzione in corso negli ultimi anni non corrisponde però a una diminuita minaccia nucleare, perché le armi disponibili sono oggi assai più potenti di quelle dei primi decenni. Quindi il rischio non si può calcolare solo in numero di testate, ma semmai in potenza nucleare a disposizione di ciascun paese.

Fonte: Eniday

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