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Petrolio e assicurazioni colpiscono Piazza Affari

Borse europee ancora deboli a metà giornata, senza grandi spunti per passare in territorio positivo. Milano alle 12 risulta la peggiore, con il Ftse Mib a -0,77%, appesantita dai petroliferi e dalla trimestrale in rosso di Eni, ma anche dai bancari, oggi in negativo. Dal comparto si stacca Mediobanca, dopo aver presentato i conti migliori da otto anni. Segno più anche per Mps, che cresce dello 0,33%. Male gli assicurativi: Unipol -2,5%, Generali -2,1%.

Fra i listini europei europei, Ibex 35 -0,51%, Dax -0,42%, Ftse 100 – 017%, Cac +0,15%. C’è preoccupazione per le prossime mosse delle banche centrali e c’è attesa sui dati del Pil Usa. Pesa d’altra parte l’incertezza sul petrolio e sul prossimo appuntamento del 30 novembre a Vienna, ma anche sull’incontro di questi giorni fra Russia e paesi Opec, sempre nella capitale austriaca, per discutere le quote dei tagli alla produzione.

Nell’Eurozona prosegue il rialzo dei tassi governativi, coi Bund decennali che tornano a rendere lo 0,22% mentre in Italia il tasso a dieci anni sale sopra l‘1,66%, un livello che non si registrava da febbraio scorso e uno spread fra il benchmark italiano e il Bund tedesco praticamente invariato a 145 punti base. A contribuire a questa situazione anche l’attesa di un’inflazione in salita in Germania nel mese di ottobre, un dato preliminare che sarà reso noto alle 14.

Questa tendenza si aggiunge al rialzo del Pil inglese post Brexit e alla preoccupazione che la Bce avvii una progressiva riduzione del Qe dopo marzo. Sul tema della politica monetaria, Reuters riporta oggi il parere di Benoit Coeure, membro del comitato esecutivo di Francoforte, secondo il quale lo spazio di manovra della Bce si riduce mano a mano che l’istituto centrale si avvicina ai limiti della sua politica dei tassi di interesse, pertanto i governi devono cominciare a farsi carico di dare nuova linfa all’economia della zona euro. Per Coeure lo stimolo senza precedenti della Bce finora si è rivelato appropriato, ma bisogna stare attenti ai limiti e agli effetti collaterali della politica monetaria, spostando sui governi il peso di continuare con questo lavoro: “Posticipare le necessarie riforme non è mai un’opzione valida”.

Sul fronte dei dati macroeconomici, in Spagna l’economia cresce nel terzo trimestre dello 0,7%, in linea con le attese, mentre una stima preliminare indica che i prezzi al consumo in ottobre (su anno) salgono dello 0,5%. In Francia invece la spesa per i consumi a settembre scende a sorpresa dello 0,2%.

Fra le trimestrali di peso rese note oggi ricordiamo ancora Eni, che annuncia una perdita netta di 0,56 miliardi fra luglio e settembre, (1,39 miliardi nell’arco di nove mesi). Il cane a sei zampe conferma la guidance per il 2016 di un livello produttivo sostanzialmente stabile rispetto al 2015, nonostante il fermo Val d’Agri. In questo momento il titolo perde il 2,04%, nonostante il giudizio buy di vari broker.

Mediobanca invece è uno dei pochi titoli positivi (+ 0,22%), grazie a un terzo trimestre chiuso con un utile netto in aumento dell’11%, a 270,7 milioni di euro, il “miglior risultato trimestrale dal 2008”. E il Ceo Alberto Nagel rispondendo a un analista che gli chiede di un eventuale interesse per Fineco, risponde: “Fra due settimane annunceremo il nostro piano e faremo anche il punto sui nostri appetiti e la nostra guidance per le acquisizioni”.

Fuori dai confini nazionali, Ubs chiude il terzo trimestre con una contrazione del 60% dell’utile netto a 827 milioni di franchi svizzeri da 2,068 miliardi, una caduta che la banca spiega col fatto di aver beneficiato di un credito d’imposta per 1,3 miliardi nel terzo trimestre 2015, ma anche con “turbolenze macroeconomiche e geopolitiche e i venti contrari di mercato”.

Conti in rosso anche per Royal Bank of Scotland (Rbs), che archivia il trimestre con una perdita netta di 469 milioni di sterline (utile di 940 milioni nel trimestre di confronto).

Chiusura in rialzo per la Borsa di Tokyo (+0,63%), nonostante a settembre la deflazione abbia colpito per il settimo mese consecutivo:  i prezzi al consumo “core” sono scesi dello 0,5%. A sostenere il Nikkei avrebbe provveduto l’indebolimento dello yen sopra un cambio a 105 nei confronti del dollaro.

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