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Pagamenti elettronici: crescono in tutto il mondo ma in Italia sono in discesa

FIRSTonline

In Italia i cantieri delle riforme finanziarie e creditizie sono sempre al lavoro. Ma che cosa accade realmente sui mercati nostrani all’alba della SEPA e dell’Unione Bancaria?

Proviamo a immaginarlo con l’aiuto delle serie storiche sui servizi di pagamento dal 2000 al 2013 che sono state pubblicate sul sito della BCE ai primi di settembre 2014 e che si riferiscono a tutti i paesi che compongono l’EU, anche se vi predominano tre paesi con una quota di mercato complessivamente pari a quasi il 60% del totale: vale a dire Germania, UK e Francia.

FAMIGLIE E IMPRESE

I servizi di pagamento alle famiglie e alle imprese sono stati in forte crescita negli anni duemila nonostante le varie crisi; in tredici anni il numero di transazioni raddoppia, dai 51 miliardi del 2000 ai 100 miliardi del 2013; in dettaglio, a fine 2013 le operazioni con carte di pagamento (incluse quelle con moneta elettronica) sono state 45 miliardi, i bonifici 27 miliardi e gli addebiti diretti 24 miliardi, mentre gli assegni bancari, che sono tra gli strumenti che avranno vita solo a livello domestico, si sono ridotti a poco più di 4.

La maggiore crescita appartiene alle transazioni con carte di pagamento, passate nel periodo da 13 a 45 miliardi. Ne deriva che i paesi leader nel mercato delle carte sono anche leader nell’intera industria dei pagamenti. Queste tendenze sono proprie non solo dell’Europa, ma anche dei paesi dell’America settentrionale: insieme queste due aree rappresentano i due terzi delle transazioni del pianeta e di quelle con carte di pagamento.

L’EUROPA

Nel valutare in termini dinamici quel che è accaduto nel periodo considerato nel nostro continente possiamo raggruppare i 27 paesi EU in quattro categorie.

Nella prima troviamo i tre paesi già citati di Germania, Francia e UK, che insieme raggiungono, nel 2013, 58 miliardi di transazioni contro i 36 miliardi di dieci anni prima con quote pressoché uguali tra di loro. Sono i veri leader incontrastati ed è interessante notare che UK e Francia mantengono una quota sensibilmente elevata di assegni sebbene in diminuzione; l’UK passa da 2,5 miliardi del 2001 a poco meno di un miliardo, la Francia da 4,3 a 2,5 miliardi. In termini di quote di mercato, le tre nazioni leader perdono qualche punto a vantaggio soprattutto dei paesi del secondo gruppo che avevano livelli molto bassi all’inizio del secolo. In sostanza, la flessione delle quote dei paesi leader è dovuta al rapido allargamento e redistribuzione del mercato per l’ingresso nell’arena competitiva di nuovi Paesi.

Il secondo gruppo comprende, infatti, paesi outsider che entrano tardi nel mercato rispetto a quelli della prima categoria, ma imprimono una notevole accelerazione alla propria operatività, tanto da passare, complessivamente, da appena 6 a più di 21 miliardi di transazioni nel giro di pochi anni. Essi sono: Spagna (+4 miliardi), Olanda, Polonia e Finlandia (ciascuna con +3miliardi), e Svezia con più 2 miliardi.

Con risultati ugualmente degni di nota si segnalano Belgio, Danimarca, Portogallo e Austria, con una variazione di circa un miliardo di transazioni ciascuno.

Ai 12 paesi europei dei due gruppi ora esaminati fa capo a fine 2013 la quasi totalità delle transazioni di piccolo importo: l’85% del totale EU.

Al terzo raggruppamento appartengono 14 paesi: quelli piccoli dell’euro (Cipro, Malta, Grecia, Lussemburgo, Estonia, Slovenia, Slovacchia, Finlandia) e i paesi dell’ex blocco sovietico che presentano valori davvero trascurabili (Lettonia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Lituania e Repubblica Ceca). Insieme costituiscono circa il 10 % delle transazioni che si svolgono nei paesi EU.

L’ITALIA

Nel quarto gruppo vi è solo l’Italia, paese che vale in termini di PIL il 12% dell’intera area, ma che pesa davvero poco nel mercato delle transazioni evolute con appena il 4,5% del totale nel 2013, addirittura in discesa rispetto al 2001 quando faceva segnare il 6%. In valore assoluto la performance è deludente passando da 3 miliardi di operazioni a 4,5, e per giunta con circa 1 miliardo di queste rappresentate da strumenti che non sono SEPA compliant, quali bollettini postali, assegni, ricevute bancarie, cioè a dire con un minor grado di standardizzazione e di tracciabilità.

Se l’Italia avesse nel settore lo stesso peso del proprio Pil, il numero di transazioni non in contante salirebbe a ben 12 miliardi l’anno, con indubbi benefici per la collettività tutta.

Questi i numeri che fanno sorgere diverse considerazioni.

Di questo asfittico mercato dei servizi bancari nel nostro paese si occupano (ma sicuramente ne dimentichiamo qualcuna) un numero non banale di autorità con una continua profusione di norme comportamentali, non sempre allineate e spesso contraddette, ispirate a una vasta pluralità di obiettivi: di trasparenza, di sorveglianza sui sistemi di pagamento, di vigilanza prudenziale, di riservatezza, di concorrenza, di tutela del consumatore, di contrasto al riciclaggio, al terrorismo, alla corruzione e alla evasione fiscale.

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L’imperativo categorico alla base di queste regole settoriali è la regola aurea KYC- Know Your Customers. Eppure le operazioni di pagamento sono sempre le stesse: poco più di tre miliardi negli ultimi quindici anni.

In futuro, l’evoluzione della specie dei controlli si arricchirà di un ulteriore anello nella scala della durezza regolamentare: i limiti alle commissioni interbancarie sulle operazioni con carte di debito e di credito (le interchange fee oggetto di un prossimo Regolamento UE), che sono state richieste durante il semestre di presidenza italiana della Unione e accettate dai maggiori circuiti internazionali. L’introduzione di prezzi amministrati (0,2 % per le carte di debito, 0,3% per le carte di credito sui volumi delle transazioni) rischia di essere controbilanciata dalla crescita di altre componenti di prezzo dei pagamenti elettronici a carico dei consumatori finali, interrompendo il percorso faticosamente avviato di crescita delle transazioni elettroniche.

Si prevedono ulteriori balzelli e ovviamente ulteriori controlli presumibilmente sempre sulle stesse operazioni.

Quindi ecco dipanarsi la trilogia che in termini di governance blocca fermamente da tempo il nostro paese: il massimo dei controlli su un numero misero di operazioni di un sistema economico/finanziario che produce, invece, secondo le statistiche degli organismi internazionali, uno dei maggiori livelli al mondo di corruzione e di evasione fiscale!

RINNOVARSI E’ UN DOVERE

Che fare di questo quadro desolante? Provare a immaginare il futuro. Come nella celebre novella di Pirandello “La carriola”, nella quale il protagonista inventa con il suo cane il gioco della carriola per superare la palese e irreversibile insoddisfazione verso il reale che non lo appaga più, insomma uno sforzo immane di surreale immaginazione.

Oltre a discettare di riforme del credito cooperativo, delle popolari, delle bad bank proviamo anche a immaginare quali banchieri e quali controllori desidereremmo: un po’ come portare a spasso la carriola di Pirandello. Altri, in altri paesi, lo hanno già fatto e hanno preferito avere la banca elettronica alla banca con il bancone del contante sempre aperto.

Rinnovarsi è un dovere per scrollarsi di dosso la fama di un’economia poco trasparente, fonte di inefficienze e quindi costosa e rischiosa per le istituzioni, per gli intermediari e, soprattutto, per il cittadino.

E se proprio vogliamo affrontare le questioni in termini di governance il nostro invito è di consultare con sistematicità l’archivio dei delitti e delle pene, cioè delle “sanzioni applicate ai banchieri” dal sito www.bancaditalia.it, tanto da poter avere a nostra volta, come consumatori, un motto di facile traduzione: KYB, cioè Know Your Bankers!

E, sempre per dirla con Pirandello, “non è possibile ammettere che io scherzi per un attimo solo”!

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