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Moda: vendite oltre le attese nel primo trimestre (+19,3%), ma sul futuro pesano guerra e rincari energia

Imagoeconomica

Il settore tessile, moda e accessori ha visto nel primo trimestre di quest’anno un fatturato in netta ripresa e oltre le attese, anche se non è riuscito a ritrovare i livelli pre-Covid.

L’attuale situazione, per le molte variabili in campo, rischia però di vanificare il rilancio e ad avere la peggio potrebbero essere le imprese medio piccole: saranno importanti le aggregazioni delle aziende, come stanno facendo anche i terzisti.

Lo ha detto il presidente di Confindustria Moda, Cirillo Marcolin, nel corso della conferenza stampa in cui sono stati presentati i dati del settore relativi al primo trimestre e alle prospettive.

Fatturato +19,3% sopra le attese , ordini +15%

Il fatturato del primo trimestre nel settore ha registrato una crescita del 19,3%, superiore alle aspettative (+14%).

Anche l’andamento degli ordini ha segnato un trend molto positivo, con un aumento del 15% rispetto allo stesso periodo del 2021.

Nel semestre che finirà a giugno il fatturato salirà del 16%

Per il secondo trimestre, l’incremento medio delle vendite è atteso nell’ordine del 12,9%: una previsione positiva, ma che rappresenta un rallentamento, innescato in parte dalle incertezze sullo scenario internazionale, su cui pesano principalmente le tensioni del conflitto russo-ucraino, in parte dall’export e dai costi di energia e materie prime. Con queste previsioni, il primo semestre 2022 dovrebbe archiviarsi con una crescita del fatturato del 16%.

“Il tessile, moda e accessorio ritrova il proprio ruolo di propulsore dell’economia del Paese”, ha commentato Marcolin. “Internazionalizzazione, sostenibilità e digitalizzazione – ha aggiunto – sono temi chiave per lo sviluppo delle nostre industrie, ma solo crescendo e facendo sinergie fra le risorse saremo veramente in grado di investire in tal senso. La situazione di oggi è delicata, il tessile, moda e accessorio italiano rischia di perdere terreno verso i competitor extra europei, è arrivato il momento che il nostro settore accantoni sterili appelli all’unità e inizi a lavorare davvero in tal senso, come stanno giù facendo che lavorano per le case di alta moda”. Un esempio è dato dal Gruppo Florence che ha portato a 12 il numero di aziende che si sono tra loro allacciate

Nel 2021 fatturato in crescita del 22,2% a 91,7 miliardi

Il 2021 si è chiuso “in grande spolvero” per il settore tessile, moda e abbigliamento italiano, ha detto Gianfranco Di Natale, direttore generale di Confindustria Moda.

Sulla base delle elaborazioni del Centro Studi di Confindustria Moda, la stima di fatturato per il Tma  tessile moda e accessori è pari a 91,7 miliardi di euro (+22,2% rispetto all’anno precedente) ma ancora a -6,4% rispetto ai livelli del 2019.

Anche l’export del 2021 registra dati “molto positivi” in Usa (+44,8% rispetto al 2020) e Cina (+42,6% rispetto al 2020).

I settori che più hanno visto salire il fatturato rispetto al 2020 sono stati l’orologeria-gioielleria (+59,7%), l’occhialeria (+39,2%) e pellicceria (+26,1%).

Timori per i mesi a venire, il 43% vede un peggioramento

Secondo l’indagine, tra le imprese emerge una forte preoccupazione legata al futuro del comparto, perché solo l’8% registra un sentiment positivo sull’evoluzione congiunturale del settore, contro il 49% che confida nella stabilità del mercato e un 43% che prevede un peggioramento.

A pesare sono indubbiamente i timori legati al conflitto russo-ucraino, che sono solo in parte legati all’esportazione. Nel 2021 il comparto ha esportato verso Russia e Ucraina beni rispettivamente per 1,46 miliardi e 0,26 miliardi, per un totale pari a 1,72 miliardi. Assieme, i due Paesi costituivano il decimo mercato di sbocco, con una quota sul totale dell’export pari al 2,5%. Nonostante la quota complessiva sia piuttosto contenuta, alcuni settori e distretti risultano particolarmente esposti.

Secondo lo studio, è pari al 43% del campione la quota di aziende esportatrici su questi mercati: il 61% di queste imprese dichiara che la quota di export nei mercati russo, bielorusso e ucraino è inferiore al 5% del totale vendite aziendali; per il 15% è compresa fra il 5% e il 10%, per il 10% delle imprese è compresa fra il 10% e il 20%.

Solo per l’11% del sottocampione, l’export verso questi mercati è più significativo (tra il 20% e il 50%), con un restante 3% esposto per oltre il 50% dell’export complessivo.

Gli impatti più pesanti del conflitto sono quindi legati all’aumento dei costi trasversali, di materie prime ed energia. La guerra ha infatti pesantemente aggravato una situazione di aumento complessivo dei costi che rappresenta una seria problematica per le imprese.

“Si può parlare a tutti gli effetti di una ripresa stabile – ha spiegato Marcolin – come testimoniano anche le aziende stesse intervistate. Assistiamo però a una crescita rallentata, perché le imprese hanno un sentiment di preoccupazione e incertezza nei confronti del futuro, che arriva da ben prima della guerra in Ucraina. Confindustria Moda si era già adoperata per sensibilizzare istituzioni e governo sui rincari, che aggiunti alla difficoltà nel reperimento delle materie prime e alla paura per un affievolirsi della domanda rischia di rappresentare uno stop a una crescita che appariva stabile”.

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Categories: Economia e Imprese