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Lusso, Zegna alla conquista di Wall Street: anche Prada tra i soci?

Wikimedia Commons By M28MOA STMOOD - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=104601076

“Avremmo potuto restare soli per almeno altri cent’anni. Ma è il momento giusto per cambiare: il mondo del lusso è davvero diventato molto sfidante”. Ermenegildo Zegna, erede di uno dei marchi storici del made in Italy, creato in quel di Trivero ai piedi della splendida oasi delle Alpi biellesi che porta il nome della famiglia, commenta così la svolta del gruppo, che promette di segnare profondamente la trasformazione del settore. Vediamo perché:

  • Ermenegildo Zegna, da anni inseguito come possibile preda, si quoterà a Wall Street attraverso la fusione di Zegna con Investindustrial acquisition Corp, la Spac, la società-veicolo varata da Andrea Bonomi a fine 2020 per portare aziende italiane negli Usa e di cui è presidente l’ex banchiere Sergio Ermotti. Il titolo sarà scambiato al Nyse a partire da fine novembre. La società avrà un valore iniziale atteso di 3,2 miliardi di dollari, con una capitalizzazione di mercato prevista di 2,5 miliardi. Complessivamente sono 880 i milioni di dollari (750 milioni di euro ai cambi odierni) impegnati nell’operazione: 403 milioni di dotazione della Spac, 250 milioni derivanti da altri investitori e ulteriori 225 milioni da parte di Investindustrial che così si assicurerà l’11% della società. La famiglia Zegna, cioè Gildo (membro dl cda della Juventus), il cugino Paolo, la sorella Anna e i due figli  Edoardo ed Angelo, controlleranno  il 62%. Il prossimo Ceo? “La cosa giusta è che sia uno della famiglia – ha risposto Gildo al Financial Times – ma dovrà meritarselo”.
  • Il nome dei compagni di cordata di casa Zegna, ancora una volta apripista del made in Italy (i biellesi furono i primi ad aprire nel 1991 a Tien An Men nel cuore di Pechino) è per il momento top secret. Ma è assai probabile che nella cordata ci sia posto per il gruppo Prada.  Gildo Zegna, Ceo del gruppo, e Bertelli hanno rilevato insieme la Filatura Biagioli Modesto. Nel piano è prevista la valorizzazione delle società industriali di Zegna: oltre a Biagioli Modesto, Bonotto, Tessitura Ubertino, Cappellificio Cervo, Dondi e altre. 
  • Ma, soprattutto, da possibile preda Zegna si dota dei mezzi finanziari per agire da cacciatore, stagione già inaugurata nel 2018 con l’acquisto di Thom Browne, il marchio Usa che da allora ha raddoppiato le vendite. Ma non si tratta solo di far shopping di marchi. Zegna, che occupa 6 mila dipendenti, continuerà a curare la manifattura per conto di Gucci, Tom Ford  e Chanel. 
  • La “formula Z” introduce una novità di rilievo nel campo del made in Italy in un panorama stravolto dagli effetti della pandemia. Le vendite ai turisti in viaggio si sono ridotte al lumicino (specie i cinesi), rincorrere la clientela on line richiede forti investimenti, specie nella logistica oltre che nella valorizzazione dei brand. Non a caso, ha ripreso velocità la caccia all’acquisto da parte d Lvmh, l’ammiraglia del lusso francese che, attraverso il private Catterton, ha appena concluso l’acquisto del 60% di Etro.  Dopo aver conquistato, sempre tramite Catterton, il controllo della tedesca Birkenstock ed il 10% di Tod’s, una sorta di cauzione per prossimo acquisto. Resiste per ora al pressing francese (c’è anche Kering nella mischia) Ferragamo, mentre Moncler si propone, con cautela, come marchio aggregatore.
  • La grande sfida, però, riguarda la sorte di Giorgio Armani. Reuters, con la conferma di cinque fonti, ha parlato nei giorni scorsi di un approccio da parte di John Elkann con il divin Giorgio per costruire un conglomerato del lusso potenzialmente ancorato alla Ferrari. L’indiscrezione è stata smentita. Per ora. Ma sono molti i segnali a favore di una trattativa che potrebbe dar vita ad un terzo grande nel mondo del lusso (senza contare l’italo francese EssilorLuxottica). In realtà, però, la cautela è d’obbligo, sia per la governance in tempi brevi che per le prospettive future, quando si tratterà di gestire l’eredità creativa dello stilista.  Non è detto che la formula della Spac non faccia scuola. 
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