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“L’Olivetti dell’Ingegnere”, un libro di Paolo Bricco sulla stagione olivettiana di De Benedetti

Per Omnitel i primi mesi successivi alla concessione della licenza sono intensi. Non solo dal punto di vista regolatorio e industriale, tecnologico e commerciale. Ma anche azionario. La telefonia cellulare inizia a sembrare a molti un investimento molto, molto interessante. Non a caso, fra i soci del consorzio Omnitel-Pronto Italia c’è una grande attenzione per le mosse degli altri azionisti. Carlo Peretti, presidente di Pronto Italia, è colpito dalle voci sulla possibilità di quotazione di Omnitel-Pronto Italia. Allo stesso tempo De Benedetti mostra inquietudine per le proposte di Mannesmann e AirTouch ai soci italiani. De Benedetti, richiamando gli obblighi contrattuali della concessione e il clima politico determinato anche dalla presenza di un partito postfascista nel governo Berlusconi particolarmente sensibile al tema della nazionalità dell’equity, scrive a Peretti il 22 novembre 1994: «Ritengo doveroso attirare la Sua attenzione sulle implicazioni negative che uno sbilanciamento della composizione estera dell’azionariato di Pronto Italia avrebbe su Omnitel-Pronto Italia». Non ci saranno quotazioni, anche se mesi dopo – nella seconda metà del 1995 – la Olivetti costituirà una newco di diritto comunitario a cui conferirà le azioni della Omnitel. Alla newco titolare del 51% della Omnitel, a sua volta titolare del 70% del capitale di Omnitel-Pronto Italia, si estendono gli accordi parasociali e gli impegni stipulati da Olivetti e dagli altri soci di Omnitel (Bell Atlantic, Cellular Communications International, Telia International e Lehman Brothers), così da preservare gli equilibri e la titolarità della concessione, in un business a cui tanti vogliono partecipare.

La fisionomia del successo e il valore creato dalla telefonia

Nella costituzione di Omnitel i tempi sono strettissimi. Il 28 marzo 1994 Omnitel si aggiudica la gara. Il 30 novembre 1994 è stipulata la convenzione fra Omnitel e il ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni. Nel gennaio del 1995 si tiene l’assemblea straordinaria dei soci che approva l’aumento di capitale da 650 a 1.450 miliardi. Nel febbraio del 1995 si inizia a creare la rete e vengono aperti i primi centri di assistenza a Milano e a Roma. A luglio prende il via il servizio preoperativo interno all’azienda. A ottobre viene stipulato un accordo per il roaming con Tim. Il 2 ottobre 1995, parte il servizio sperimentale dedicato a 10.000 clienti che fanno da «cavie» per il servizio. Nel novembre 1995 il project financing con 43 banche, in prevalenza straniere, viene ampliato a 1.800 miliardi di lire.

Il 7 dicembre 1995, la Omnitel – con circa 2.000 addetti – ha raggiunto una copertura della rete pari al 40% del territorio nazionale. Si tratta di un passaggio essenziale della convenzione stabilita con il governo. Quel giorno il monopolio viene rotto. Omnitel può iniziare a offrire i suoi servizi al pubblico. Per farlo, il 13 febbraio 1996 viene attivato il roaming nazionale: dove non c’è la copertura garantita dalla rete di Omnitel, ecco che Omnitel – il suo cliente – ha diritto a «passare» sulla rete della Tim, la Telecom Italia Mobile diventata una società autonoma da Telecom Italia con una operazione per scissione nel 1995.
Tim mostra titubanza nella concessione del roaming, adducendo la mancata copertura del territorio minimo previsto da parte di Omnitel. Il meccanismo di procrastinazione non funziona. Il ministero delle Poste dà il via libera: «Nulla osta acché sia assicurata – scrive il segretariato generale del ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni il 12 marzo 1996 a Caio, amministratore delegato di Omnitel, e soprattutto a Vito Gamberale, amministratore delegato di Tim – con la nota decorrenza 13 marzo p.v., da codeste Società la relativa funzione». Il ministero fissa in maniera definitiva i prezzi, che sono un vero contenzioso fra le società:

Il compenso per il roaming uscente dovuto al gestore della rete visitata dal gestore della rete di appartenenza è fissato, per i sei mesi successivi alla data di emanazione della presente determinazione in lire 632 al minuto indipendentemente dal giorno, dalla fascia oraria e dal tipo di abbonamento. Il suddetto costo è inclusivo dei costi di accesso alla rete fissa e di interconnessione tra le reti mobili nazionali (Gsm e Tacs). Nessun compenso è dovuto per il roaming entrante, fermo il compenso per l’accesso alla rete fissa e per l’interconnessione tra reti mobili nazionali (Gsm e Tacs) dovuto nei diversi casi di traffico.
E, ancora: «Ciascun gestore è obbligato a non applicare al traffico effettuato mediante il ricorso alla funzionalità di roaming nazionale alcun sovrapprezzo agli utenti».

Dunque, si crea un mercato che prima non esisteva e la concorrenza – grazie all’intervento della mano pubblica – si trasforma da concetto teorico in una pratica della realtà. In quel 1996, c’è fermento sugli assetti di capitale. La composizione dell’azionariato, però, si stabilizza. Omnitel controlla il 70% di Omnitel-Pronto Italia, intestataria formale della concessione Gsm. Il 30% di Omnitel-Pronto Italia è in capo a Pronto Italia. L’azionariato di Omnitel è a sua volta composto al 59% da Olivetti, al 16,6% da Bell Atlantic, al 14,7% dalla Cellular Communications International, al 9,7% dalla Telia International. L’azionariato di Pronto Italia è formato da AirTouch (39%), da Mannesmann (15%), dalla Banca di Roma (13,5%) e, per il 32,5%, da altri azionisti.

Il 31 dicembre 1996 viene raggiunta la copertura del 60% del territorio nazionale e dell’85% della popolazione, grazie a 900 stazioni radio base installate in un anno. Dunque, lo sforzo logistico-industriale ha raggiunto il suo completamento. Nel gennaio del 1997 Omnitel offre la sua prima carta prepagata ricaricabile. Da quel momento, il consolidamento dell’impresa procede a ritmi assai rilevanti. Il 28 aprile 1997 Omnitel raggiunge il primo milione di clienti. Nel luglio del 1997 il project financing salirà a 2.800 miliardi. Nel 1998 – dopo meno di tre anni di attività commerciale – il fatturato sarà di 4.500 miliardi di lire, con un utile netto di 780 miliardi di lire e 5.553 addetti (2.800 assunti nel corso dell’anno).

La crescita industriale e la performance reddituale di Omnitel appaiono assai significativi. E mostrano, nello stridore dell’asimmetria dei fenomeni storici, la contraddizione di un gruppo industriale che capitola nell’informatica, ma che allo stesso tempo incuba e sente i primi vagiti di una creatura che, negli anni successivi, si rivelerà veloce e potente. In tanti, già allora, se ne accorgono. Ma quanto vale Omnitel? C’è un documento indirizzato da Lehman Brothers l’8 marzo 1995 a De Benedetti e per conoscenza al figlio Rodolfo, in cui il «valore normale» per Omnitel viene determinato sulla base dell’offerta fatta – per rilevare le loro quote – da AirTouch ai soci italiani di Pronto Italia.

Il mercato italiano – si legge nel documento – potrebbe assegnare ad Omnitel un valore normale intorno ai 40 dollari, da moltiplicarsi per la popolazione. Applicando tale valore alla partecipazione in Omnitel detenuta da Olivetti, il 51% verrebbe valutato intorno a 1.370 miliardi di lire, da cui bisogna dedurre proporzionalmente: il debito in Omnitel Pronto Italia Spa, facente capo alla partecipazione Olivetti (130 miliardi di lire) e il valore di libro a cui la partecipazione Omnitel è iscritta sul bilancio consolidato Olivetti (242 miliardi di lire). Ciò risulterebbe in una plusvalenza di 1.000 miliardi di lire.

Questa è una valutazione compiuta all’inizio del 1995. E viene formulata osservando una transazione che dovrebbe avvenire fra soci. Diversa, invece, è la situazione dell’autunno 1996: per ragioni strategiche e finanziarie. Prima di tutto perché, in quel passaggio, si è archiviata l’ipotesi di una alleanza strutturata fra Olivetti e France Télécom, la quale avrebbe dovuto riguardare sia la capogruppo che la diversificazione della telefonia. E, poi, perché si incomincia a parlare di soldi veri. Il passaggio strategico è ben spiegato in una lettera dell’11 ottobre 1996 dal vicepresidente Giorgio Garuzzo – collaboratore di De Benedetti nei suoi cento giorni in corso Marconi, a lungo dirigente della Fiat e diventato vicepresidente di Olivetti – ad Antonio Tesone, avvocato storico della Olivetti nominato presidente al posto di De Benedetti:

La trattativa è iniziata con una visita di Carlo De Benedetti e mia a Mannesmann il 18 marzo 1996 ed è proseguita con altri cinque incontri con Klaus Esser a Düsseldorf e a Ivrea, agli ultimi dei quali ha partecipato anche Rodolfo De Benedetti, ed innumerevoli contatti telefonici ed epistolari. Per alcuni mesi, tra maggio e agosto, abbiamo deliberatamente ritardato la trattativa, per favorire un eventuale intervento di France Télécom. Soltanto quando abbiamo ripreso formalmente la nostra libertà con i francesi, a fine agosto, si sono strette le fasi negoziali con i tedeschi.

Dunque, nel gioco delle alleanze straniere, alla fine la sponda che resta è quella tedesca. Mannesmann fa parte del nucleo storico di Pronto Italia, il consorzio che si è alleato con Omnitel per trovare la giusta massa critica per ottenere la licenza. Nel nocciolo storico di Pronto Italia, Mannesmann ha il 15%. Dato che Pronto Italia vale il 30% di Omnitel-Pronto Italia, ecco che in quest’ultima i tedeschi hanno il 4,5%. In gioco c’è l’8,26% di azioni di Omnitel: sono le ex azioni storiche di Lehman Brothers, che ora sono nella disponibilità di Olivetti: un pacchetto che – all’interno del perimetro complessivo Omnitel-Pronto Italia – pesa per il 5,78%. L’elemento interessante è l’accordo sul valore finanziario riconosciuto dai tedeschi a queste azioni. «Il valore delle azioni ex Lehman – scrive Garuzzo – è determinato in lire 432,7 miliardi». Dunque, viene data una reale valutazione complessiva di Omnitel-Pronto Italia: «432,7 miliardi per il 5,78% danno 7.500 miliardi circa». Dopo un anno di operatività, non in un astratto esercizio degli analisti ma in una dura trattativa di mercato, alla fine la telefonia mobile (di cui Olivetti, avendo il 51% di Omnitel e il 35,7% di Omnitel-Pronto Italia, è l’ispiratrice e ancora l’azionista di controllo) viene valutata 7.500 miliardi di lire. L’accordo dovrebbe diventare operativo l’8 novembre 1996: quell’operazione, facendo confluire nelle casse di Ivrea appunto 432,7 miliardi di lire e garantendo ai bilanci della Olivetti una plusvalenza di poco superiore ai 300 miliardi di lire, permetterà comunque al gruppo di conservare la maggioranza assoluta (il 50,74%) di Omnitel Sistemi Radiocellulari e quella relativa (35,7%) di Omnitel-Pronto Italia34. Alla fine, non sarà Mannesmann a rilevare queste quote: a esercitare un diritto di prelazione, a un prezzo di poco inferiore, saranno gli americani di Bell Atlantic, che con il loro ingresso valorizzano la società 7.143 miliardi di lire. Pochi mesi prima, altre due transazioni fra soci si erano verificate con valutazioni di Omnitel molto più basse: nel settembre 1995 fra Olivetti e Lehman Brothers il valore attribuito alla telefonia cellulare era stato di 5.136 miliardi di lire; nel gennaio 1996 fra Banca di Roma e AirTouch di 4.927 miliardi. Il valore della diversificazione telefonica esplode nel 1997, quando si fanno avanti i tedeschi di Mannesmann. Fino ad allora, le ipotesi di alleanze erano state più orientate sul versante francese.

In effetti – avrebbe raccontato Carlo De Benedetti – avevo lavorato a lungo sull’ipotesi di France Télécom. Purtroppo la struttura di un’azienda di Stato è tale da non consentire decisioni veloci. Il 4 luglio 1997 mi invitò a Parigi il presidente di France Télécom, Michel Bon. In quella occasione mi confermò che desiderava portare a termine l’alleanza che avevamo anni prima siglato per Infostrada, la società Olivetti impegnata nella telefonia fissa. Ma io gli ripetei che stava perdendo l’occasione della sua vita nel non allargare l’intesa con Olivetti, secondo lo schema che successivamente proponemmo a Mannesmann. La sua reazione fu positiva. Mi disse che lo avevo convinto, che ne avrebbe parlato durante il weekend (ricordo che era un venerdì) con il presidente di Deutsche Telekom, Ron Sommer, e che mi avrebbe chiamato il lunedi successivo. Il suo silenzio, che durò fino a dopo l’annuncio dell’accordo Mannesmann del 5 settembre 1997, mi convinse che non potevamo ulteriormente attendere le indecisioni di France Télécom. Così a luglio iniziammo la trattativa con Mannesmann, che fu condotta da Roberto Colaninno, i miei figli Rodolfo e Marco, e il banchiere Magnoni di Lehman. L’accordo venne concluso il 26 agosto35.

Mannesmann, che l’anno prima si era visto soffiare un pacchetto consistente da Bell Atlantic, compra subito il 49,9% delle attività telefoniche della Olivetti e garantisce il 25% di un nuovo aumento di capitale della Olivetti.

L’ingresso di Mannesmann – ha detto De Benedetti – ha consentito a Olivetti di incassare in due tranche 2.400 miliardi, azzerando così il suo indebitamento. Inoltre Olivetti inizialmente conservò la maggioranza della nuova holding olandese Oliman. Olivetti è diventata una vera public company ed è entrata in un’alleanza europea tra aziende di telecomunicazioni non monopolistiche36.

Tecnicamente il 15 dicembre 1997 i tedeschi comprano per 1.150 miliardi di lire il 25% della olandese Olivetti Mobile Telephony Services Holding (Omts), poi ribattezzata Oliman; il contratto prevede che acquistino un altro 24,9% entro il marzo del 2000 a un prezzo di 1.250 miliardi. Questo secondo gradino – che consente di salire al 49,9% – viene fatto in due tranche nel settembre del 1988 e nel febbraio del 1999 con la corresponsione di 641 e di 647 miliardi di lire. Alla fine la cifra esatta è 2.438 miliardi di lire.

Nel frattempo alla società olandese Olivetti conferisce il 50,7% di Omnitel Sistemi Radiocellulari (la società controlla al 70% Omnitel) e il 66,7% di Infostrada. A Ivrea arriveranno 2.400 miliardi. Omts-Oliman è stata valutata 4.700 miliardi.

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