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L’ex ministro Grilli:”La sfida della crescita non si può vincere in un solo Paese: serve più Europa”

“So che oggi va di moda contrapporre austerità a crescita, ma è una contrapposizione del tutto assurda.  Intanto la parola ‘austerità’ non mi piace: meglio parlare di responsabilità di bilancio, che non vuol dire necessariamente pareggio di bilancio. Se hai una forte crescita puoi anche non essere in pareggio, purché il debito pubblico sia sotto controllo, ma se non c’è crescita e hai un debito pubblico tra i più alti al mondo tenere il bilancio in pareggio è obbligatorio: è il Fiscal compact a dirlo.  E il Governo Monti non aveva scelte: quando si insediò, il Paese era quasi alla bancarotta e la prima cosa da fare era stabilizzare il mercato del debito pubblico. Non c’era alternativa al rigore”. E’ una confessione a cuore aperto quella che l’ex ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ha fatto ieri sera  in un incontro riservato organizzato in un grande albergo di Roma da Kairos, società leader nella gestione dei patrimoni fondata e guidata da Paolo Basilico, per celebrare le nozze con Julius Baer, terza banca svizzera che da sempre scommette sull’Italia. 

C’era anche l’editorialista del Financial Times  Wolfang Munchau, ma la star della serata è stato lui: Vittorio Grilli, che voci incontrollate danno in volo verso una grande banca internazionale quando finirà il divieto per chi ha avuto incarichi di governo.

Dunque, pareggio di bilancio ineludibile per un Paese come l’Italia che ha il 130% del Pil di debito pubblico ed è da qui che deve partire una politica di stabilizzazione e cambiamento. Ma come si fa il delevering del debito sia pubblico che privato? “Il segreto è combinare in modo adeguato e nei tempi giusti, scegliendo una via o l’altra a seconda delle situazioni,  tre possibili soluzioni: il consolidamento fiscale (pareggio di bilancio), la ristrutturazione del debito e la monetizzazione del debito (inflazione)”.  Ma essenziale è non perdere mai di vista interventi di “facilitazione economica”, che vuol dire flessibilità (spostare risorse dai settori perdenti a quelli vincenti) e soprattutto profonde riforme strutturali, e interventi di facilitazione sociale con l’occhio alla stabilizzazione macroeconomica. 

Qual è dunque –si è chiesto Grilli – il cuore della sfida italiana? “Delevering e crescita”. Il che vuol dire “liberalizzazioni” e riforme (giustizia in testa), ma anche profonda rivisitazione del bilancio dello Stato. “Non basta il pareggio di bilancio, ma bisogna avere il coraggio di guardare che cosa c’è dentro il bilancio”, sapendo che il funzionamento della macchina dello Stato assorbe il 50% del Pil. Purtroppo – è la confessione di Grilli – “il bilancio pubblico non è né sostenibile nel lungo periodo, per le dinamiche che lo sorreggono, né orientato alla crescita. E’ un bilancio che guarda indietro (pensioni, sanità, pubblico impiego) piuttosto che alla crescita e al futuro”.  

Che fare allora? Le conclusioni dell’ex ministro dell’Economia sono drastiche: “Oggi, per effetto dell’interdipendenza nell’euro, uno Stato da solo non può fare molto e l’Italia da sola non può vincere la sfida da sola. I cambiamenti sono difficili e se non si vuole seguire una politica di lacrime e sangue l’unica possibilità è legata a più Europa. E’ un errore – insiste Grilli –pensare a riforme strutturali Paese per Paese: il rischio è un puzzle inestricabile che paralizza tutti. In America non fanno così. Per competere serve più Europa. La sfida non è solo italiana e le scorciatoie nazionali non servono. E’ assurdo correre dietro i soli sprechi nazionali: è come pensare di svuotare l’Oceano con un secchiello. Solo con un vero bilancio europeo si possono liberare risorse (pensate ai margini che ci sono nella Difesa, nella scuola e nella ricerca, nelle infrastrutture) per sostenere la crescita”.  Altre strade non ci sono. Parola di ex ministro.

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