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L’estate del coronavirus: meglio al mare o in montagna?

FIRSTonline - Giuseppe Baselice

Per quest’anno, non cambiare, stessa spiaggia stesso mare… La canzone di Piero Focaccia è datata 1963, ma per la prima volta dopo quasi sessant’anni potrebbe non essere più attuale per milioni di italiani: che ne sarà delle nostre vacanze al tempo del coronavirus? Ad oggi, è presto persino per dire se le faremo o meno, visto che stiamo solo lentamente uscendo dalla quarantena più stretta e che difficilmente entro 2-3 mesi si tornerà ad una piena normalità. E mentre gli operatori del turismo si sono già rassegnati a perdere la stagione, gli italiani che se lo potranno permettere si interrogano: dove sarà più sicuro andare, se possibile? Mare o montagna?

Al momento, a bocce completamente ferme, la seconda ipotesi sembra la migliore, per due motivi: la montagna offre spazi aperti più ampi, l’ideale per mantenere il distanziamento sociale che con ogni probabilità sarà ancora necessario a luglio e agosto; la montagna ha grande voglia di riscatto, dopo aver perso la parte finale della stagione invernale, quella che tradizionalmente promette meglio. Il turismo alpino, che solo d’inverno rappresenta l’11% del comparto nazionale (che a sua volta rappresenta il 13% del Pil con quasi 60 miliardi di fatturato) e dà lavoro a 400 mila persone, ha visto un crollo del giro d’affari del 40% rispetto all’anno scorso. Nulla a che vedere comunque con quello che sarà il saldo 2020 di tutte le strutture alberghiere italiane, attese secondo le stime CNA e Assoturismo da un -73%, che Federalberghi ritiene persino ottimistico.

“Nel periodo marzo-settembre – spiega Alessandro Nucara, dg di Federalberghi – gli alberghi in Italia realizzano l’80% del loro fatturato annuo, che complessivamente è di 20 miliardi. Se consideriamo che a marzo e aprile il calo sarà del 95%, che in estate si ricomincerà a vedere solo parte dei viaggiatori italiani, e che per vari motivi mancherà la quota di stranieri (di solito il 50%), lo scenario potrebbe essere ancora peggiore di quello finora stimato”. Ma dunque, se potremo, dove sarà più sicuro andare? La montagna sembra l’ideale e il Trentino Alto Adige, ad esempio, è già pronto a giocare le sue carte: enti e operatori turistici confidano nella possibilità di riaprire intorno al 1° luglio, contingentando gli arrivi nelle strutture ricettive, anche se resterebbe il problema degli impianti di risalita, già chiusi d’inverno per contenere il contagio e di solito aperti (e importanti) anche d’estate.

“Farli andare con meno persone non sarebbe conveniente – spiega a FIRSTonline una fonte dell’Ente Turismo della Provincia Autonoma di Trento -, a quel punto meglio tenerli chiusi”. La cautela del resto è d’obbligo, visto che sulle Dolomiti buona parte della clientela arriva dalla contagiatissima Lombardia e dal Veneto: “Infatti quest’inverno Canazei è stato un piccolo focolaio: in proporzione alla sua popolazione, ha avuto più contagiati da Covid-19 di una città come Verona”. Al momento le prenotazioni sono ancora ferme in attesa di capire meglio che ne sarà dei nostri spostamenti estivi, ma una cosa pare certa: non ci sarà il temuto aumento dei prezzi. “Assolutamente no anzi, ci saranno i saldi pur di salvare il salvabile”, confermano dalla Provincia di Trento.

L’aumento dei prezzi è da escludere anche secondo Federalberghi, che però non vede grosse differenze tra mare e montagna: “Io, come faccio ogni anno, proverò ad andare sia al mare che in montagna – racconta Nucara -. Non vedo controindicazioni per il mare perché prevediamo una stagione in generale poco affollata, ovunque. Spero di sbagliarmi, ma gli elementi che ci portano a queste valutazioni sono più di uno”. Intanto la totale assenza di turisti stranieri, un po’ perché bloccati a casa loro (di solito arrivano da Germania e Usa, Paesi più indietro nel lockdown), un po’ perché forse diffidenti ad affrontare un viaggio magari lungo e costoso in un Paese particolarmente colpito come l’Italia, un po’ perché le compagnie aeree sono ferme e quando ripartiranno lo faranno non a pieno regime.

Questo vuoto del 50% secco sarà solo in piccola parte compensato dagli italiani che sceglieranno per forza di cose la vacanza domestica. “Sì, ma il distanziamento sociale farà sì che ci saranno meno posti disponibili negli alberghi e sui treni. Inoltre molti lavoratori stanno bruciando le ferie in queste settimane di stop forzato, e non ne avranno a luglio e agosto. Chi le avrà, forse non avrà però soldi da spendere come in passato, in quanto magari costretto alla CIG o addirittura rimasto senza lavoro. Chi ha un’attività commerciale o industriale non vede l’ora di tenerla aperta tutta l’estate per recuperare. Troveremo un Paese impoverito e voglioso di tornare a lavorare e produrre“, sostiene il dg di Federalberghi. Il conto lo pagherà il settore, che tra marzo e aprile sta già bruciando il 95% del proprio fatturato ed è solo in parte aiutato dai provvedimenti del Governo.

Quello che è certo è che le vacanze, se vacanze saranno, saranno vacanze “di prossimità” e quindi sicuramente dentro i confini dell’Italia e possibilmente a corto raggio. Per questo una serie di associazioni e tour operator hanno lanciato la campagna #RipartiamoDallItalia, invitando tutti a scegliere le mete del Belpaese e chiedendo anche al Governo la costituzione di un Fondo straordinario di sostegno al mancato reddito per le imprese turistiche e la creazione di Buoni Vacanza, sulla falsariga dei Buoni Spesa, da utilizzare per l’imminente stagione estiva. Tra i firmatari ci sono ASTOI Confindustria Viaggi (che rappresenta il 90% del tour operating in Italia) e realtà come Alpitour, società della galassia Tamburi. “Non esiste una vacanza più sicura di un’altra, contano le condizioni in cui si viaggia e le precauzioni – commenta Pier Ezhaya, Direttore Tour Operating del gruppo -. Quest’estate ci aspettiamo una forte richiesta sull’Italia, per cui stiamo già lavorando per offrire ai clienti viaggi e proposte in sicurezza. Ma ogni altra interpretazione è prematura”.

Difficile dunque dire se sarà mare o montagna, ma vanno fatte le ultime due considerazioni. Le montagne italiane non sono più incontaminate e poco frequentate come in passato: da tempo, grazie ai forti investimenti per valorizzare il territorio anche fuori dalla stagione sciistica, quella in quota non è più una vacanza di nicchia. Un po’ per scappare dall’afa delle città, un po’ perché si sono moltiplicate le offerte, ma già l’anno scorso era scoppiato il caso sull’invasione delle Dolomiti: centinaia di impianti aperti come a Natale, +34% di turisti, picchi del +40% per le cabinovie che salgono dai fondovalle in Alto Adige, Veneto e Trentino, automobili ammesse ovunque tra mille polemiche, con ingorghi e assembramenti anche in alta quota. Del resto, causa coronavirus sono state persino fermate le spedizioni sull’Everest…

Chissà che invece non si possa trovare a sorpresa un po’ di pace in riva al mare. Ci ha pensato ad esempio la OTA Portale Sardegna (una piattaforma tipo Booking ma specializzata sull’isola dei nuraghi), che non solo ha previsto pacchetti scontati con la possibilità di disdire all’ultimo senza penalità, ma ha anche firmato con tutti gli operatori aderenti il protocollo “Sardegna Isola Sicura”, per gestire al meglio gli arrivi. Il progetto prevede l’adozione di nuovi standard in grado di ridurre la probabilità di contagi e di offrire ai viaggiatori la massima sicurezza possibile: partecipano strutture, ma anche aeroporti e ditte di trasporto.

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