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Legge di Stabilità: meglio la lotta alla disoccupazione che un bonus per i musei

“Il Patto di umanità vale di più del Patto di Stabilità” questa, in sintesi, la nuova strategia nei confronti delle regole fiscali di Matteo Renzi per far fronte al terrorismo. E così, il premier ha deciso di modificare la legge di stabilità e di inserire ulteriori misure. In totale, circa due miliardi di euro di spese aggiuntive. Tra queste, l’estensione degli 80 euro a chi difende il territorio e un bonus a tutti i neo diciottenni di circa 500 euro da spendere in cultura. Lo scopo è quello di rassicurare gli italiani ma, soprattutto, i giovani italiani “impauriti”, che Renzi definisce “la generazione Bataclan. In sostanza, il premier chiede all’Europa maggiore flessibilità in nome della sicurezza. Una richiesta che, per ora, sembra essere condivisa dagli altri paesi europei. Ma, è sull’implementazione che potrebbero emergere visioni divergenti. Combattere il terrorismo attraverso maggiori spese finanziate in disavanzo rischia, infatti, di essere una questione controversa.

La richiesta italiana di maggiore flessibilità per la sicurezza va ad aggiungersi a quelle già inserite – nero su bianco – nella bozza della legge di stabilità inviata a metà ottobre a Bruxelles. Sia la Commissione europea che l’Eurogruppo hanno rimandato il giudizio alla primavera prossima quando sarà presentato il Programma di Stabilità. Il motivo del rinvio è semplice: esiste un rischio di “non conformità” con le regole del Patto di Stabilità e Crescita. Pertanto, prima di dare il via libera alla flessibilità legata alle riforme (0,1 per cento di minor taglio del disavanzo strutturale, pari a 1,6 miliardi di euro) e a quella legata agli investimenti (0,3 per cento, pari a circa 5,6 miliardi di euro), i tecnici europei hanno deciso di prendere ulteriore tempo. Vogliono verificare l’impatto sulla crescita delle riforme ma anche l’effettivo incremento degli investimenti pubblici (nel testo inviato restano, infatti, invariati tra il 2015 e il 2016 al 2,3 per cento).

Le nuove linee guida sulla flessibilità (pubblicate nel gennaio scorso) forniscono ai paesi margini di manovra aggiuntivi, ossia la possibilità di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento del disavanzo, solo nel caso in cui le riforme o i maggiori investimenti abbiano un impatto positivo e misurabile sulla crescita del paese, e quindi, sulla sostenibilità di lungo periodo dei conti pubblici. In altre parole, più spesa produttiva oggi per ottenere maggiore crescita e, quindi, minore debito domani.

L’impatto sul Pil potenziale dell’estensione degli 80 euro e del bonus cultura per i neo diciottenni non è molto facile da dimostrare. Sarebbe più facile dimostrare, invece, l’impatto positivo di misure volte a favore l’occupazione dei giovani, soprattutto dei giovani provenienti da ambienti disagiati. Intervenire sulla disoccupazione giovanile potrebbe essere, inoltre, un modo efficace (unitamente all’azione sul piano dell’ideologia) per combattere il terrorismo. Studi recenti dimostrano, infatti, che esiste una correlazione positiva tra il tasso di disoccupazione giovanile e il numero di foreign fighters per numero di abitanti. Dato l’elevato tasso di senza lavoro nella fascia dei 15-24enni in Italia, tra il più alto d’Europa, sarebbe forse preferibile destinare eventuali risorse aggiuntive alle politiche attive invece che al bonus per la cultura.

Mettere in contatto i giovani disoccupati con le aziende è un processo complesso e costoso. Ad oggi, l’Italia investe dieci volte meno della Germania, che – non a caso – ha una disoccupazione giovanile intorno al 7 per cento. Tra l’altro, l’obiettivo di “rafforzare l’identità nazionale” potrebbe essere più facilmente raggiunto aiutando un giovane a trovare lavoro piuttosto che agevolandogli la visita ad un museo, anche perché non è affatto detto che un diciottenne che non è mai entrato in un museo decida di farlo solo perché è gratis: l’intervento, semmai, andrebbe anticipato ai tempi della scuola, quando si sviluppa la sensibilità artistica.

La lotta al terrorismo passa anche attraverso l’integrazione dei giovani, inclusi quelli arrivati da altri paesi. Ciò richiede risorse e quindi crescita economica stabile e duratura. Finanziare in disavanzo spesa corrente rischia, però, di andare nella direzione opposta: ossia quella di aggravare il peso del debito che devono pagare proprio questi giovani. 

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