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La tecnologia a servizio della scrittura, ecco il bestseller del futuro

FIRSTonline

Ci siamo occupati molte volte del rapporto tra tecnologia e scrittura come atto tecnico e del rapporto tra tecnologia e scrittura come atto creativo. Quest’ultimo è un tema molto chiacchierato nel dibattito sull’intelligenza artificiale e sulle macchine cognitive. Può un cervello artificiale produrre un atto creativo, come lo storytelling, così come lo elabora un cervello biologico? L’output artificiale potrebbe essere migliore dei quello biologico per qualità del contenuto e stile narrativo?

Se l’atto creativo è un prodotto della conoscenza e dell’esperienza, certamente sì; se invece l’atto creativo è un prodotto di qualcosa di profondamente radicato nella individualità e nella personalità, allora è da vedere fin dove si spingerà la rivoluzione delle macchine cognitive. Per ora l’Intelligenza Artificiale è Deep Learning, che in italiano potrebbe essere reso con la parola “secchione”.

Secondo i tecnologi di Google, sempre molto visionari, prima di quanto si pensi la traduzione effettuata da una intelligenza artificiale sarà indistinguibile da quella fatta da un essere umano. E c’è da essere certi di questa previsione visto il livello raggiunto da Google Translate che è motorizzato da un software di intelligenza artificiale.

Per gli appassionati di sociologia della scrittura e della letteratura consigliamo la lettura di un libro piuttosto corposo appena uscito con Random House in lingua inglese: The Written World: How Literature Shaped History di Martin Puchner, professore di letteratura ad Harvard. Il libro, che delinea la storia millenaria dell’influenza dello storytelling sulle azioni umane e la sua ubiquità in tutte le civiltà, in sottotraccia investiga il modo in cui le nuove tecnologie hanno cambiato l’esperienza della scrittura e quali sono stati e sono gli effetti di questi cambiamenti sulla società e sulle espressioni artistiche del tempo. Nella sua analisi Puchner costruisce una solida teoria basata sulla constatazione che le tecnologie di scrittura sono tra gli elementi fondativi dei maggiori eventi storici.

Il word processing

Andiamo però con ordine e occupiamoci adesso dell’apporto della tecnologia all’atto tecnico dello scrivere.

L’atto tecnico stesso di scrivere con una macchina influenza i pensieri: “I nostri strumenti per scrivere lavorano anche sui nostri pensieri”. A dirlo, anzi a digitarlo, è stato il filosofo tedesco Frederich Nietzsche che, a causa di problemi di vista, aveva deciso di utilizzare una macchina per scrivere portatile costruita nel 1865 dall’inventore danese Rasmus Malling-Hansen e presentata all’esposizione universale di Parigi nel 1878. Nietzsche con la sua “palla per scrivere” (Schreibkugel) compose circa 60 manoscritti, prima che il dispositivo si rompesse irreparabilmente durante un viaggio a Genova.

In tempi più recenti, con l’arrivo dei personal computer, è stata un altro intellettuale eccentrico, come lo era Nietzsche, a cogliere lo spirito del tempo. Nel gennaio del 1983 “Playboy” pubblicò un racconto di Stephen King dal titolo Word Processor. Nel racconto, scritto su un Wang System 5 con un word processor denominato Model 3, uno studente frustrato scopre che cancellando le frasi sui suoi nemici, li elimina fisicamente dalla faccia delle terra per prenderne il loro posto. Come sempre la capacità di traslazione di King è stupefacente.

Lo scrittore del Maine coglie bene l’essenza della scrittura assistita da un software nella capacità del programma di inserire, spostare o rimuovere parole e porzioni di testo senza lasciare traccia (solo nelle versioni più moderne dei word processor si può lasciare traccia dei vari strati redazionali… per la gioia dei filologi).

Ecco che con il word processing si attua finalmente l’unicità dell’azione dello scrivere, con quella del leggere, correggere, ampliare, rimuovere, spostare e portare a pulito l’elaborato. Insomma, succede qualcosa che ha una valenza principalmente quantitativa, riguarda cioè la produttività dello scrittore, ma anche, in misura nettamente più modesta, qualitativa, perché riguarda il modo in cui il pensiero si cristallizza nel contenuto, come aveva intuito Nietzsche con la sua primitiva “palla per scrivere”.

È proprio con il Personal Computer che i programmi di scrittura a video cominciano a entrare nelle case degli scrittori e di coloro che devono produrre un contenuto testuale per qualsiasi destinazione. Matthew Kirschenbaum, che ha scritto un libro dal titolo Track Changes: A Literary History of Word Processing (Harvard University Press, 368 pagine), ha stimato che nel 1984 la metà degli scrittori americani stava usando un word processor (Word Star o Word Perfect) per scrivere. Sembra che il primo a consegnare un manoscritto memorizzato su un floppy disk da 8 pollici sia stato Frank Herbert, l’autore di Dune, alla fine degli anni Settanta. Nella sua ricerca Kirschenbaum ha scoperto che sono stati gli scrittori di fantascienza ad abbracciare per primi i programmi di scrittura sul Personal Computer.

Infatti sono stati proprio gli scrittori più prolifici, come tendono ad essere quelli di fantascienza, a rendersi conto del vantaggio che forniva loro un sistema di word processing. Uno scrittore iperprolifico come George Martin, l’autore di Games of Thrones, ha scritto la sua saga di immenso successo con il Word Star, il più diffuso word processor per Ms-Dos. A proposito di questo programma l’immaginifico scrittore si è espresso in questi termini: “È stata la mia arma segreta”.

Il word processor è oggi un partner insostituibile dello scrittore non foss’altro per tre funzioni fondamentali: 1) la correzione ortografica e sintattica automatica che aiuta lo scrittore ad eliminare gli errori di battitura o, ben più importante, l’ortografia errata, le concordanze di genere e di numero, come pure quelle tra soggetto e verbo, e le ripetizioni che sono tra gli errori più comuni; 2) il Thesaurus che aiuta ad accrescere il lessico e scoprire le parole più adatte per descrivere un contesto scegliendo così il registro corretto; 3) la scelta della lingua per la sillabazione e la correzione degli errori di grammatica e di sintassi, uno strumento assolutamente indispensabile per chi deve redigere un testo multilingua.

La rivoluzione tipografica del Macintosh e la nascita della tipografia da scrivania

Nel 1984 il Macintosh introdusse quello che mancava ai word processor della prima generazione: la tipografia. Grazie agli 8 caratteri tipografici, inclusi nel sistema operativo del Mac, gli autori potevano dare una forma tipografica ai loro documenti. L’anno successivo la combinazione del Mac con il programma di impaginazione Page Maker (sviluppato dalla Aldus di Seattle) e la stampante laser (la Apple LaserWriter) diede vita a una combinazione accessibile e di facile utilizzo per produrre documenti impaginati con una qualità tipografica. Questa combinazione diede inizio a un nuovo fenomeno, il desktop publishing. La tipografia da scrivania cambiò i connotati stessi dell’industria editoriale, trasferendo più potere agli autori.

È come se lo scrittore e il tipografo si fossero fusi in un unicum, in modo tale che il produttore del contenuto è al tempo stesso l’artefice del risultato grafico del proprio lavoro. Sembra una cosa da poco, ma non è così perché questa fusione testuale/visuale offre molti spunti interessanti per migliorare l’aspetto, l’appeal e la fruizione del contenuto. Migliora qualcosa che è sempre stato ricercato dagli scrittori più sensibili all’aspetto comunicativo del loro lavoro, la leggibilità.

Con il desktop publishing, anche i word processor iniziarono a introdurre funzioni avanzate di formattazione e di impaginazione utili a indicare lo stile in cui lo scrittore-stilista desiderava che il suo testo si mostrasse al pubblico dei lettori. Il poeta barbadiano Kamau Brathwaite ha scritto che la scrittura con il Mac gli “ha consentito di scrivere nella luce”. L’illuminazione, appunto.

Il word processor aiuta enormemente lo scrittore nell’editare e tenere in ordine il materiale creativo, ma è di poco aiuto nell’organizzarlo, strutturarlo e progettarlo, cioè costruire quello che chiama l’outlining. Si possono tenere delle scalette del contenuto, ma non è possibile costruire un canovaccio relazionale. Ecco che a questo scopo vengono in aiuto dei software specifici, definiti appunto think-thank, alla lettera “raccoglitori di pensiero”.

È con il Macintosh, nel 1987, che arriva il primo vero e proprio think-thank dal nome ispirato: HyperCard. Creato da uno dei maggiori talenti nello sviluppo del software, Bill Atkinson, HyperCard permetteva agli utenti, tramite un semplicissimo linguaggio di programmazione dal nome WildCard, di strutturare e relazionare le informazioni raccolte in schede disposte a pila (stack). Lo scrittore poteva così raccogliere, descrivere e annotare i suoi pensieri generali, gli eventi specifici del plot, i luoghi dell’azione, i personaggi e la linea del tempo e porli in relazione secondo una certa strategia narrativa.

La faccenda più stupefacente a proposito di HyperCard era la sua straordinaria facilità d’uso e la sua versatilità. L’informazione di una scheda poteva essere modificata, riflettendosi immediatamente su tutte le schede corrispondenti o collegate a quella specifica informazione. Non si sa dove sarebbero potuti arrivare Dostoyevsky o Victor Hugo, che mettono in scena un delirio di personaggi, se avessero avuto a disposizione HyperCard. Dostoyevsky, poi, nella sua furia narrativa faceva tornare personaggi che erano scomparsi lasciando di stucco il lettore. Forse con HyperCard avrebbe evitato queste repentine resurrezioni, ma fors’anche quel magma narrativo interiore non avrebbe più avuto la forza di risucchiare il lettore come un evento cosmico.

C’è poi tutta una famiglia di software che permette di costruire mappe mentali, cioè una forma di rappresentazione grafica del pensiero con una struttura di tipo gerarchico o associativo utile per dare corpo a un progetto creativo come potrebbe essere un’opera narrativa. Chi fosse interessato a questo argomento può iniziare leggendo ed esercitandosi con un libro di Nina Amir dal titolo, Creative Visualization for Writers. An Interactive Guide for Bringing Your Book Ideas and Your Writing Career to Life.

Per gli sceneggiatori ci sono software ancora più specifici in grado di eseguire delle funzioni tipiche dello screenwriting che i word processor standard non sono attrezzati a compiere.

Il Natural Language Processing (NLP)

Summly può essere equiparata alla cagnolina Laika dell’esplorazione spaziale. È uno dei primi sensati tentativi di far generare un testo strutturato da un software specializzato in Natural Language Processing. Summply è, infatti, un app per iOS sviluppata da un quindicenne di Londra, Nick D’Aloisio, di verosimili origini italiane. Il giovane londinese ha sviluppato nella sua cameretta un algoritmo con la capacità di riassumere in 300/400 parole articoli di qualsivoglia lunghezza per aggiustarli nella a videata di un iPhone.

L’app del giovane londinese ha avuto una copertura mediatica impressionante e alla fine la sua creatura lo ha reso milionario quando Yahoo ha deciso di acquisire il progetto per 30 milioni di dollari, rinominandolo Yahoo News Digest. L’app di Yahoo ha vinto l’Apple Design Award al WWDC del 2014 per la sua eccellenza tecnologica e di design. In effetti l’app funziona bene e fa giustizia agli articoli che si incarica di riassumere in appena 400 parole. Nella immagine sopra si può vedere con quale proprietà di linguaggio e coerenza contenutistica riassuma un servizio della BBC relativo al terremoto dell’Aquila.

Un’area, differente dal giornalismo, nella quale ha preso piede la tecnologia del Natural Language Processing è quella legale. Ci fa il lavoro legale può già affidarsi ad algoritmi commerciali in grado di scansionare e analizzare un numero cospicuo di documenti per estrarre quelli rilevanti per il caso trattato. Si stima che questa tecnologia porterà a una riduzione del 13% delle ore di lavoro impiegate da uno studio legale per preparare un caso (quindi riduzione dei costi per lo studio e i clienti). In conseguenza di ciò McKinsey stima che il 23% del lavoro legale possa essere automatizzato in un futuro non lontano. La professione legale potrà quindi concentrare le sue risorse e le sue energie, non tanto sul data mining, quanto sul livello più alto della professione, cioè la messa a punto di strategie di difesa o di accusa.

Pure il mondo della finanza è interessato profondamente dal Natural Language Processing. Attraverso l’analisi di fonti non strutturate (come i post di Facebook o degli altri social media) gli algoritmi di NLP sono in grado di estrarre delle informazioni predittive sui trend di borsa che possono orientare le scelte degli investitori. Questi ultimi si sono accordi che questo tipo di saggezza collettiva è la migliore guida per operare con il mercato azionario Ciò tende a confermare quella che era la convinzione di Rockefeller, cioè che fosse l’uomo dell’ascensore ad avere le informazioni migliori sui titoli azionari.

Gli Story Generator Algorithms

Nel campo della scrittura si sta sempre più parlando di automated writing, robo-journalism, e machine writing. Un fenomeno che inizia a prendere piede soprattutto nel giornalismo specializzato come quello finanziario. È un software di robo-journalism che produce in pochissimi minuti molte delle 3700 note dell’Associated Press sui bilanci trimestrali delle aziende quotate. Si ritiene anche che alcuni dei testi pro-Trump e anti-Clinton, postati dai russi sui social media, siano stati confezionati da un algoritmo di scrittura automatica e poi viralizzati dai BOT.

In pochi hanno sentito parlare del National Novel Generation Month, ma alla NaNoGeMo si scrive davvero il futuro. Questa eccentrica iniziativa, correlata al concorso letterario National Novel Writing Month, invita i creativi e gli sviluppatori a spendere il mese di novembre per scrivere il codice in grado di generare un romanzo di 50mila parole (circa 120 pagine a stampa). Una volta generato il romanzo questo deve essere postato su GitHub, una risorsa a cui aderiscono 20milioni di sviluppatori. Darius Kazemi (sviluppatore e Internet artist di Portland), vincitore dell’edizione 2004, ha dichiarato: “La narrativa è uno delle grandi sfide dell’intelligenza artificiale. Imprese e ricercatori stanno lavorando a creare algoritmi in grado di generare storie che abbiano un senso, ma molte di questi generano solo brevi porzioni di testo sensato”. E infatti una primissima occhiata agli elaborati presentati al concorso mostra quanto questa affermazione sia vera. Quindi sul lato creativo lasciamo perdere, su quello del Deep Learning qualcosa di più c’è.

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Il logo del concorso letterario con una massima di Leonard Bernstein che dice: “Per compiere grandi cose c’è bisogno di due cose: un piano, e non troppo tempo”. Infatti i partecipanti a questo concorso devono scrivere un romanzo in 30 giorni.

La prima e interessante applicazione degli algoritmi di Deep Learning potrebbe essere quella di contribuire alla stesura dei sequel di serie narrative già corpose e strutturate come Il Trono di Spade o Harry Potter. Si parla qui di migliaia di pagine su cui andare a lavorare con l’algoritmo. Personaggi, luoghi, eventi, intrecci potrebbe essere esaminati e immagazzinati dall’algoritmo per elaborare nuovi possibili sbocchi narrativi o predire i possibili scenari dei sequel.

Zack Thoutt, uno sviluppatore di Boulder in Colorado, ha creato un algoritmo neurale per predire il sesto libro della saga di George R.R. Martin che consegnerà l’attesissimo manoscritto di Winds of Winter solo nel 2019. L’algoritmo ha già prodotto degli spoiler del nuovo Troni di spade che Martin ha accolto con la sua speciale autoironia.

Max Deutsch, un tecnologo e blogger di San Francisco fondatore della startup Openmind, ha istruito un algoritmo di Deep Learning ad apprendere i primi quattro libri di Harry Potter, poi gli ha chiesto di produrre un capitolo su quello che aveva imparato da questa lettura profonda. Il capitolo prodotto dall’algoritmo è stato pubblicato su Medium. Divertente e anche leggibile!

Sta di fatto, però, che l’algoritmo-romanziere, cioè lo Story Generator Algorithms, è ancora in fasce e c’è una lunga strada per mandare alle panchine scrittori come Martin o la Rowling.

Lo Story Generator Algorithms non è però un progetto sterile nè tanto defondato. Se andiamo alla pagina web dell’Interdisciplinary Center for Narratology dell’Università di Amburgo possiamo informarci sulla storia di questa tecnologia e sul suo sviluppo. Rimandiamo volentieri ad essa chiunque fosse interessato ad approfondire questo argomento.

L’esperimento di The Economist

L’Economist oltre ad essere una delle pubblicazioni periodiche più autorevoli del mondo e il maggiore think-thank liberale indipendente, in qualche modo può essere considerato anche una pubblicazione dalle tinte umoristiche. Sì, perché l’humor, di stampo molto brit, è parte integrante del suo inconfondibile mix narrativo e anche un requisto fondametale per entrare nell’anonimo gruppo di giornalisti che fanno il periodico.

Bene alla vigilia del Natale il magazine di Londra ha deciso di fare un esperimento à la Turing per verificare se doveva lasciare a casa, dopo le festività, uno dei corrispondenti della sezione Scienza e Tecnologia. A quest’ultimo e a un algoritmo specializzato ha affidato un reportage scientifico di 500 parole. Ma facciamoci raccontare questa storia dall’Economist stesso. Sono solo 3 minuti di lettura. Il titolo del pezzo è How soon will computers replace The Economist’s writers? We’ve got a few years left, at least. Meno male!

Le macchine stanno arrivando. Un noto studio del 2013 conclude che metà dei posti di lavoro negli Stati Uniti è a rischio nell’arco di una generazione. Gli scrittori non sono immuni da questo trend. Un altro studio sull’intelligenza artificiale afferma che i computer saranno in grado di fare i compiti scolastici entro il 2025 e di produrre racconti e romanzi a partire dal 2040.

Nello spirito di andare veloce e rompere le cose, l’Economist ha preparato un algoritmo di intelligenza artificiale per apprendere gli articoli della sezione di Scienza e Tecnologia allo scopo di produrre un pezzo “artificiale”. I risultati riportati qui sotto mostrano le possibilità e i limiti dei programmi di machine learning che in sostanza è la Intelligenza Artificiale di oggi.

Il computer ha cercato di imitare il nostro stile e individuato gli argomenti che copriamo con più frequenza. Benché le frasi siano grammaticamente corrette, esse mancano di significato. Per suo e nostro sollievo, il reporter della sezione Scienza e Tecnologia troverà ancora il suo tavolo di lavoro al ritorno delle vacanze natalizie. Ecco il pezzo prodotto dal nostro robot.

Ve lo offriamo in inglese perché tradurlo sarebbe tradirlo. Anzi vi offriamo la traduzione italiana (sotto ogni paragrfao) come l’ha elaborato un altro sofware di intelligenza artificiale.

A MUST of the world’s largest computer scientists have shown that the cost of transporting the sound waves into the back of the sun is the best way to create a set of pictures of the sort that can be solved. It is also because the same film is a special prototype. A person with a stretch of a piece of software can be transmitted by a security process that can be added to a single bit of reading. The material is composed of a single pixel, which is possible and thus causes the laser to be started to convert the resulting steam to the surface of the battery capable of producing power from the air and then turning it into a low-cost display. The solution is to encode the special control of a chip to be found in a car.

Un MUST dei maggiori scienziati informatici del mondo ha dimostrato che il costo del trasporto delle onde sonore nella parte posteriore del sole è il modo migliore per creare una serie di immagini del tipo che può essere risolta. È anche perché lo stesso film è un prototipo speciale. Una persona con una porzione di software può essere trasmessa da un processo di sicurezza che può essere aggiunto a un singolo bit di lettura. Il materiale è composto da un singolo pixel, che è possibile e quindi fa sì che il laser venga avviato per convertire il vapore risultante sulla superficie della batteria in grado di produrre energia dall’aria e quindi trasformarla in un display a basso costo. La soluzione è quella di codificare il controllo speciale di un chip che si trova in una macchina.

The result is a shape of an alternative to electric cars, but the most famous problem is that the control system is then powered by a computer that is composed of a second part of the spectrum. The first solution is far from cheap. But if it is a bit like a solid sheet of contact with the spectrum, it can be read as the sound waves are available. The position of the system is made of a carbon containing a special component that can be used to connect the air to a conventional diesel engine.

Il risultato è una forma di un’alternativa alle auto elettriche, ma il problema più famoso è che il sistema di controllo è quindi alimentato da un computer che è composto da una seconda parte dello spettro. La prima soluzione è tutt’altro che economica. Ma se è un po‘ come un solido foglio di contatto con lo spettro, può essere letto come sono disponibili le onde sonore. La posizione del sistema è costituita da un carbonio contenente un componente speciale che può essere utilizzato per collegare l’aria a un motore diesel convenzionale.

The problem with the approach is that it reaches the fuel by reflecting a fuel cell to an array of materials that are sensitive to the light that is composed of solar energy. In the meantime, the process can be made to act as a prototype of a superconducting machine. The technology is also a short-range process that is being developed for comparison by the magnetic fields of the solar system.

Il problema con l’approccio è che raggiunge il combustibile riflettendo una cella a combustibile in una serie di materiali sensibili alla luce che è composta da energia solare. Nel frattempo, il processo può essere fatto per fungere da prototipo di una macchina superconduttiva. La tecnologia è anche un processo a corto raggio che viene sviluppato per il confronto con i campi magnetici del sistema solare.

The result is a chemical called the carbon nanotube that is absorbed by the process of converting a solid oxide into a chemical that is specific to the cellular nerve. The stuff is able to extract energy from the image and then releases the electrons that can be detected by stimulating the image in the bloodstream. The surface temperature is not a molecule that is also being compared with the small energy of the structure of a metal. A single organ is a large amount of energy, which is particularly intense. The internal combustion chamber is thus able to produce a photon which is being developed to produce a second protein called the body-causing protein that has a complex and comparable process to stop the components of an antibiotic.

Il risultato è una sostanza chimica chiamata nanotubo di carbonio che viene assorbita dal processo di conversione di un ossido solido in una sostanza chimica specifica del nervo cellulare. Il materiale è in grado di estrarre energia dall’immagine e quindi rilascia gli elettroni che possono essere rilevati stimolando l’immagine nel flusso sanguigno. La temperatura superficiale non è una molecola che viene anche confrontata con la piccola energia della struttura di un metallo. Un singolo organo è una grande quantità di energia, che è particolarmente intensa. La camera di combustione interna è quindi in grado di produrre un fotone che viene sviluppato per produrre una seconda proteina chiamata proteina che provoca il corpo che ha un processo complesso e comparabile per fermare i componenti di un antibiotico.

La lettura del pezzo lascia piuttosto attoniti. Gli argomenti ci sono, la scrittura è passabile, le informazioni sono corrette ma manca un senso generale, non si capisce la relazione tra i paragrafi, non c’è alcun sviluppo narrativo. Per quel che concerne la traduzione, lasciamo perdere, ma si sa che l’italiano non è una delle lingue meglio servite da Google Translate.

Questa collazione casuale di frasi di senso compiuto, ma prive di un filo logico, sarebbe senz’altra piaciuta a Marinetti. Anche Beckett e Ionesco lo avrebbero trovato stimolante per costruire un dialogo dell’assurdo tra due stranulati tecnologici.

 

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