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La lezione di Luigi Luzzatti e il diritto alla libertà

«Ricordatevi di questi perseguitati! Metteteli in condizione di lavorare e di vivere nella tranquillità famigliare. L’Italia deve offrire un contributo tangibile della sua civiltà millenaria a queste infelici creature con la sua fraterna ospitalità». Il 4 dicembre 1923, Luigi Luzzatti, del quale ricorre quest’anno il novantesimo anniversario della scomparsa, con queste parole accompagnò il capo di una delegazione del popolo armeno dal presidente del Consiglio italiano, Benito Mussolini.

Luzzatti, ormai fuori dall’attività parlamentare e da quella governativa – dal 1922 gran parte dell’attività politica italiana aveva perduto autonomia essendo stata concentrata dal fascismo nelle mani del Primo Ministro – trova comunque la possibilità di svolgere la sua “missione” politica; al di fuori di un sempre più stretto recinto della politica italiana si può dedicare ai popoli oppressi.

In quegli anni è ancora in corso il genocidio del popolo armeno iniziato nel 1915, quando, con l’arresto di oltre duemila armeni – politici, intellettuali, commercianti, giornalisti e studenti – l’impero Ottomano dà inizio al primo genocidio del Novecento. Una ferita – oltre 2.500.000 morti – profonda e aperta, rispetto alla quale non c’è ancora condivisione.

Per la Turchia, ufficialmente, non c’è mai stato un genocidio e il numero delle vittime di quei “fatti”, inferiore a 200 mila unità, è considerato il frutto della legittima e doverosa risposta ad una insurrezione armata che metteva in pericolo la sicurezza del Paese.  

Viviamo, oggi, giorni difficili nei quali la libertà e la sicurezza dei popoli sono sottoposte ad un pericoloso e costante attacco e il dramma dell’immigrazione, da qualunque angolo lo si voglia leggere, scuote profondamente le nostre coscienze. L’opera, ai più sconosciuta, di Luzzatti a difesa dei popoli oppressi e la sua intensa attività di sensibilizzazione dei governi e delle organizzazioni internazionali, risultano quanto mai attuali.

Egli si dedicò sia a far rinascere nel popolo armeno la speranza della libertà sia a richiamare l’attenzione italiana – a lui si deve l’ospitalità degli armeni nell’Italia Meridionale – ed internazionale sulla necessità di moralità politica, contro il disimpegno delle grandi potenze a cominciare dall’assenza di un’azione diplomatica che, insieme alla mancanza di unità d’azione fra Gran Bretagna e Russia, aveva permesso ai turchi di proseguire nello sterminio in massa del popolo armeno.

Luzzatti, nato in una famiglia ebraica, non poteva restare indifferente di fronte all’oppressione dei popoli, egli sentiva verso tutti gli orfani della Terra il dovere di un padre.

Il 2 marzo del 1924, Willonghby H. Dickinson, uno dei Vice Presidenti dell’Unione tra le Associazioni per la Società delle Nazioni, venne in Italia per scuotere la sfiducia italiana verso la Società delle Nazioni e disse a Luigi Luzzatti “The Italian don’t feel the use of it”. Lo statista italiano non negò ma fece notare che mai le minoranze erano state tanto calpestate come dopo l’istituzione della Società delle Nazioni e che questa avrebbe dovuto interrompere immediatamente la strage degli armeni e la conseguente dispersione di quel popolo.

L’antisemitismo si risvegliava anche nei paesi più liberi, come la Polonia e, evidentemente, la Società delle Nazioni non assolveva il proprio compito, la voce delle minoranze non giungeva utilmente fino ad essa.

“Perché – chiedeva Luzzatti – l’Inghilterra, che è il socio più importante della Società delle Nazioni, non fa propri questi apostolati con la forza dei suoi mezzi e del suo prestigio? Con la sua autorità l’Inghilterra poteva e doveva trovare una home agli armeni”.

Pochi anni dopo la storia, anche per questa colpevole inerzia, con l’altro grande genocidio, quello del popolo ebraico ad opera delle forze nazi-fasciste, diede drammaticamente ragione a Luzzatti.  Anche in questo frangente, come sempre nella sua vita, Luzzatti seppe tenere insieme l’attività politica, in questo caso diplomatica, dalla concretezza del fare.

A Bari, in quegli anni, cominciò ad occuparsi degli armeni scappati nella città pugliese, avviandoli ad una delle attività a loro più consone, quella della produzione di tappeti a beneficio della colonia stessa, per evitare di costringerli a ritornare nella steppa di Sardarabad. Sempre a Bari ebbe numerosi incontri con lo scrittore e poeta armeno, Hrand Nazariantz, il letterato Jenovk Armen, che fece incontrare con importati e influenti personalità.

Ottenne una commissione tecnica per il Caucaso, per l’Armenia Sovietica, con lo scopo di esaminare il territorio assegnato a 50 mila armeni profughi in Grecia, per accertare che vi fossero le condizioni di una vita materiale dignitosa prima di mandarvi quella sventurata gente.

A Milano gettò le basi di una società anonima che si occupasse della vendita dei tappeti armeni prodotti nel villaggio di Nor Arax. Provò e in parte riuscì a riparare al tradimento inflitto dalla insensibilità morale e politica della comunità internazionale nei confronti un intero popolo.

Ancora una volta, anche in questioni internazionali, Luzzatti seppe anticipare i tempi. Ancora una volta, tutta la lungimiranza e l’impressionante attualità del suo pensiero e della sua opera ci forniscono delle chiavi di lettura utili per capire il presente e il futuro.

* Giuseppe De Lucia Lumeno è il Segretario Generale dell’Associazione  Nazionale fra le  Banche Popolari

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