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La Crusca boccia il “bail in”

Perché mai dire “bail in”? L’espressione inglese che da mesi occupa i titoli dei giornali non solo è troppo tecnica per essere chiara, ma rischia di risultare oscura perfino a molti britannici, essendo tratta dallo slang. Per questo l’Accademia della Crusca invita gli operatori finanziari e i responsabili dell’informazione a evitarla, sostituendola con il più comprensibile “salvataggio interno”.

Entrambe le espressioni fanno riferimento al nuovo meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie con il contributo forzoso di azionisti, obbligazionisti e depositanti che hanno sul conto più di 100mila euro. Si tratta della procedura europea approvata nei mesi scorsi per rimpiazzare il precedente e speculare “salvataggio esterno”, in inglese “bail out”, praticato con il denaro dei contribuenti.

“Gli istituti bancari (come era loro obbligo) hanno inviato ai correntisti spiegazioni della novità – scrive la Crusca in una nota –, che riguarda direttamente chi ha investito o depositato il proprio denaro. In molti casi però, come abbiamo potuto verificare, le spiegazioni erano esageratamente lunghe, oscure e verbose: il termine inglese era in bell’evidenza in questi comunicati, mentre la traduzione italiana, se c’era, risultava difficile da individuare, benché sicuramente necessaria per comprendere davvero la sostanza dell’avviso”.

Di qui l’invito a utilizzare la più trasparente forma italiana. Il consiglio arriva in particolare dal gruppo Incipit (costituito da Luca Serianni, Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli e Annamaria Testa), che si occupa di esaminare e valutare neologismi e forestierismi incipienti, scelti tra quelli impiegati nel campo della vita civile e sociale, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana.

Certo, dal punto di vista dei giornalisti il termine “bail in” è molto più comodo nella formulazione dei titoli, essendo più breve di ben 11 battute rispetto a “salvataggio interno”. Tuttavia, la chiarezza è certamente la prima responsabilità e il primo obiettivo di chi fa informazione: per questo, seguendo le proposte degli studiosi del gruppo Incipit, in futuro gli “hot spot” potrebbero diventare definitivamente i “centri di identificazione dei migranti”, mentre la “voluntary disclosure” si dovrebbe trasformare in “collaborazione volontaria” e lo “smart working” in “lavoro agile”.

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