Il problema del Mes rimane ancora insoluto. Come è ben noto, tolta l’Italia, gli altri Paesi dell’Ue hanno sottoscritto la revisione del trattato. Sembrava che, qualche anno fa, tale sottoscrizione fosse la carta da giocare per ottenere un Patto di stabilità più favorevole. La premier Meloni aveva seccamente smentito: “Nessun ricatto, non c’è nessun collegamento con il Patto di stabilità”. Superando molte resistenze all’interno della maggioranza, la Camera dei deputati bocciò la ratifica della riforma del Mes. Ed ora si ripropone la stessa motivazione adottata dal ministro Giorgetti per giustificare l’impossibilità di ratificare la nuova impostazione del Mes.
Crisi finanziarie e soluzioni europee: come funziona davvero il Mes?
Percorriamo allora le tappe che hanno caratterizzato questo meccanismo di soluzione delle crisi. Il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) è stato istituito nel 2012, dopo la crisi finanziaria del 2008 che ha messo in evidenza la fragilità dell’Europa. Ma è poi con lo scoppio della crisi in Grecia che si avvertì l’esigenza di interventi comuni, senza i quali la stessa unione monetaria sarebbe stata a rischio. Nasce, pertanto, il Mes con un trattato intergovernativo avente l’obiettivo di assistere i paesi membri in difficoltà nel finanziarsi sul mercato. Viene poi ribattezzato “Fondo salva-Stati”: un fondo finanziato da tutti i Paesi dell’Ue che, in caso di difficoltà, avrebbe elargito prestiti a tassi di favore.
La governance del fondo viene affidata a un Consiglio, composto dai ministri delle Finanze dell’Eurozona, che prende decisioni con maggioranze qualificate dell’85% del capitale. L’Italia ha sottoscritto 125,3 miliardi, versandone 14. Si colloca al terzo posto tra i principali sottoscrittori, dopo Germania e Francia.
Unione bancaria incompleta: perché serve il “backstop” del Mes
Attenzione: l’accordo prevede che “qualsiasi assistenza finanziaria sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”. Tale condizionalità varia in relazione alla natura dello strumento utilizzato. Per i prestiti, ad esempio, si richiede un preciso programma di rientro. Non mancano alcune criticità, la principale delle quali è che il Mes non è introdotto all’interno del quadro legislativo europeo. Come conseguenza di ciò, saranno i Paesi creditori che, in un contesto di crisi, garantiranno di fatto i prestiti ai Paesi più deboli. Infatti, durante la pandemia non si è ricorsi al Mes, preferendo utilizzare i prestiti del programma Sure, messi a disposizione dalla Commissione per il sostegno del mercato del lavoro.
Nel 2021 è stata promossa una revisione del trattato istitutivo del Mes per la quale si richiede il voto favorevole di tutti i sottoscrittori. Manca però – come si è detto – quello italiano. La riforma introduce modifiche limitate. L’aspetto più importante è l’attribuzione al Mes del compito di assicurare una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico, nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie.
Politica italiana divisa sul Mes: ideologia, interessi o strategia?
Non dimentichiamo che il salvataggio delle banche in crisi è il Secondo Pilastro dell’Unione bancaria, senza il quale si rischierebbe la dissoluzione dell’unione stessa, sfiorata durante la crisi del debito del 2010-2012. Da questa drammatica esperienza è nato il progetto di sostegno alle banche e della risoluzione delle crisi bancarie. Si tratta di un completamento dell’Unione bancaria, che richiederebbe anche l’introduzione di un’assicurazione europea sui depositi (Terzo Pilastro).
Palazzo Chigi, in relazione alla bocciatura da parte della Camera della ratifica del Mes, ha sostenuto che l’estensione del trattato alle “banche in difficoltà” non interessa al nostro Paese, poiché “il sistema bancario è tra i più solidi in Europa e in Occidente”. In realtà, è la Lega che impedisce al governo di arrivare alla ratifica, ma anche Forza Italia ne contesta la governance. Il direttore del Consiglio direttivo del Mes, Pierre Gramegna, denuncia che questa impasse rischia di far sì che lo strumento rimanga sospeso.