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Il Governo Cinque Stelle-Pd è fatto ma Di Maio pretende la poltrona di vicepremier

Imagoeconomica M5S

Il Governo Conte bis è fatto. Oggi le delegazioni dei Cinque Stelle e del Pd saliranno al Quirinale per riferire al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo stato delle trattative che nei prossimi giorni, salvo sorprese dell’ultima ora, vedrà nascere il Conte bis, al quale è arrivato ieri anche l’esplicito endorsement del Presidente americano Donald Trump.

Cinque Stelle e Pd hanno trovato la quadra e, insieme a Conte, si apprestano a definire la formazione ministeriale, ma restano due scogli.

PROBLEMA #1: DI MAIO VUOLE RIMANERE MINISTRO E VICEPREMIER

Il primo è rappresentato dallo psicodramma di Luigi Di Maio, come scrive oggi Stefano Folli su Repubblica. Di Maio, oltre a essere un simbolo del fallimentare Governo Lega-M5S, paga la sua sfrenata ambizione e i suoi ambigui tatticismi: non si accontenta di diventare ministro della Difesa ma vorrebbe mantenere anche la poltrona di vicepremier. Richiesta irricevibile per il Pd, che ha già dovuto accettare la premiership di Giuseppe Conte e che vorrebbe un vicepremier tutto per sé, per il quale si fa il nome dell’immarcescibile Dario Franceschini. Conte ha cercato di risolvere il rebus sostenendo che potrebbe fare a meno dei vicepremier e questo sarà uno degli ultimi nodi che Pd e Cinque Stelle dovranno risolvere nelle prossime ore: due vicepremier (Di Maio e Franceschini), uno solo (Franceschini) o nessuno? Si vedrà.

PROBLEMA #2: IL VOTO SU ROUSSEAU

L’altro scoglio sul cammino del Conte bis è la consultazione degli iscritti del Movimento Cinque Stelle attraverso la fantomatica e tutt’altro che affidabile piattaforma Rousseau, tanto cara alla Casaleggio Associati. Di solito l’esito della consultazione attraverso la piattaforma conferma – curiosamente – l’esito degli orientamenti dei vertici dei Cinque Stelle, ma sarà così anche questa volta?

IL TOTOMINISTRI

Tolte queste due mine vaganti, il Conte bis va verso il suo debutto, anche se restano da sistemare tutte le caselle della squadra di governo. Secondo le ultime indiscrezioni, il totoministri prevede che Interno (in corsa i prefetti Gabrielli e Morcone o l’ex ministro Minniti) ed Esteri (Amendola, Belloni o addirittura Fassino) vadano al Pd, Difesa (Di Maio), Giustizia (Bonafede) e Riforme istituzionali (Fraccaro) ai Cinque Stelle, mentre l’Economia, su consiglio di Conte e dello stesso Mattarella, potrebbe restare al ministro Tria. Restano da definire Sviluppo Economico (che potrebbe andare a De Micheli del Pd), il Lavoro (che Di Maio vorrebbe conservare ma in corsa c’è anche Delrio del Pd) e le Infrastrutture, da cui sicuramente verrà licenziato Toninelli ma che resta in bilico tra Patuanelli (M5S) e Delrio (Pd), se non andrà al Lavoro. Alla Salute potrebbe restare la grillina Grillo.

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, al posto del leghista Giancarlo Giorgetti, potrebbe diventare l’ex ministro Pd, Andrea Orlando.

GENTILONI, RENZI E ZINGARETTI

L’ex premier Paolo Gentiloni, che ha sempre avversato la nascita del nuovo Governo, potrebbe diventare il nuovo Commissario Europeo, mentre l’altro ex premier Matteo Renzi – che è stato il vero regista politico dell’intera operazione che ha mandato all’aria i piani del leghista Matteo Salvini e ha spianato la strada all’alleanza Pd-Cinque Stelle – resterà fuori per sua stessa scelta. E, sempre per sua scelta, resta fuori dalla compagine governativa il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che resterà così Governatore della Regione Lazio.

Se non ci saranno soprese, entro la settimana il Governo Cinque Stelle-Pd potrebbe vedere la luce entro la settimana.

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