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IA nelle imprese italiane, boom di adozione: dal 12% al 46% in un anno secondo l’EY Italy AI Barometer

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In dodici mesi l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sul lavoro in Italia è passato dal 12% al 46%. Un balzo di 34 punti che segna il passaggio dall’esperimento alla pratica quotidiana. A scattare questa fotografia è il nuovo EY Italy AI Barometer, seconda edizione di un’indagine che ha coinvolto oltre 4.900 professionisti in nove Paesi europei, di cui 539 in Italia. Oltre l’80% degli intervistati giudica positiva la propria esperienza e la maggioranza dichiara di poterla usare in azienda, spesso senza vincoli (40%) o con alcune limitazioni (27%). A trainare la crescita sono le applicazioni più immediate di produttività: scrittura di testi (60%), assistenti vocali (47%), chatbot (40%), strumenti capaci di liberare tempo e migliorare l’efficienza.

Il report evidenzia come la spinta arrivi soprattutto dal top management: il 59% dei manager ha incrementato l’uso dell’AI, contro il 39% dei dipendenti. I vertici, inoltre, mostrano maggiore consapevolezza dei rischi e delle regole, con il 74% che dichiara familiarità con il framework etico aziendale, percentuale che scende al 47% tra i non-manager.

E i benefici sono già tangibili. Più della metà dei dirigenti (52%) rileva impatti concreti su costi e ricavi. I settori più maturi confermano la tendenza: in energia e sport tutti gli operatori segnalano effetti positivi, nella finanza la quota raggiunge l’88%, seguita da manifattura avanzata (80%) e settore scientifico (75%). Restano però aree di attenzione, in cima la sicurezza dei dati (53%), la qualità dell’esperienza utente (40%) e i costi di implementazione (32,5%).

IA, leadership avanti, dipendenti in rincorsa

L’adozione cresce ma il divario interno resta evidente. Quasi la metà del top management considera adeguata la formazione offerta, mentre tra i lavoratori solo uno su cinque concorda. La differenza si riflette anche sulla consapevolezza etica: il 74% dei vertici conosce le policy aziendali sull’AI, contro il 47% dei non-manager.

Il Barometer mostra così un Paese a due velocità. Chi utilizza regolarmente l’AI sviluppa fiducia e competenza: il 77% di chi ha avuto esperienze dirette ne parla in termini positivi. Tra chi non la usa, invece, prevalgono incertezza e timori. Un gap che rischia di frenare l’adozione diffusa e che rende indispensabili investimenti in cultura aziendale e comunicazione interna.

IA tra formazione, entusiasmo e timori

Sul terreno della formazione l’Italia guida l’Europa. Il 64% dei lavoratori investe già nelle proprie competenze digitali, percentuale più alta del campione continentale, davanti a Spagna e Germania. Ma la spinta individuale non compensa le carenze aziendali. Solo il 23% giudica, infatti, adeguato il training ricevuto, mentre quasi la metà dei manager è convinta del contrario. La macchina interna procede a rilento e rischia di ampliare il divario tra vertici e base.

Accanto all’entusiasmo cresce anche la paura. Il 76% dei dipendenti teme che l’automazione possa ridurre il personale, soprattutto nelle funzioni più standardizzate come amministrazione, customer service e ruoli tecnici.

La sfida, sottolinea il report, è trasformare il timore in percorsi di riqualificazione, spostando le persone verso attività che richiedono supervisione, capacità di giudizio e competenze relazionali.

IA, i risultati sul campo: costi giù, ricavi su

L’intelligenza artificiale non è più promessa ma bilancio. Il 52% del top management registra già riduzione dei costi e aumento dei profitti. In energia e sport i benefici sono segnalati dalla totalità degli operatori, nella finanza la quota si attesta all’88%, nella manifattura avanzata all’80% e nel settore scientifico al 75%.

Il tratto comune è l’Intelligenza artificiale che entra nei processi core. Analisi predittiva, gestione del rischio, ottimizzazione delle catene produttive e personalizzazione dei servizi diventano leve di competitività. Le imprese che si muovono per prime consolidano un vantaggio che rischia di diventare strutturale.

La rotta futura dell’IA: cultura e governance

Per consolidare i progressi non bastano più entusiasmo e sperimentazione. Serve una governance capace di tradurre regole e principi etici in pratiche concrete. L’81% dei lavoratori italiani accoglie con favore l’AI Act europeo, ma solo il 36% delle imprese ha introdotto valutazioni formali del rischio nelle decisioni supportate da algoritmi.

“L’intelligenza artificiale non è più una tecnologia emergente, ma una realtà concreta che sta già generando valore per le imprese. Tuttavia, il vero salto di qualità arriverà quando sarà accompagnata da una cultura diffusa e condivisa. Colmare il divario di consapevolezza tra leadership e dipendenti è oggi una priorità strategica: serve un investimento concreto in formazione, governance e accessibilità per rendere l’AI una leva inclusiva e sostenibile di trasformazione” commenta Giuseppe Santonato, AI Leader di EY Europe West.

L’AI, quindi, “non automatizzerà tutto”, ma darà vita a nuovi ruoli dedicati alla supervisione e al controllo dei sistemi. Per l’Italia la sfida non è più adottare la tecnologia, ma farla crescere dentro le organizzazioni, con formazione inclusiva, regole trasparenti e un equilibrio costante tra macchine e persone.

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