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Google patteggia e cancella miliardi di dati di navigazione in incognito: ecco cosa c’è da sapere

Pixabay

Google cancellerà miliardi di dati relativi alla cronologia di navigazione sul web di oltre 136 milioni di utenti negli Stati Uniti, nell’ambito di un accordo per risolvere una class action che la accusava di tracciare le persone senza il loro consenso. La causa, avviata nel 2020, infatti, afferma che la Big Tech avrebbe ingannato gli utenti, inducendoli a credere che le loro attività non sarebbero state monitorate durante l’utilizzo della modalità incognito.

Non informati adeguatamente gli utenti

Google è stata accusata di violare la privacy degli utenti e non informandoli adeguatamente sui dati raccolti durante la navigazione in modalità ‘incognito’ dal 2016. Google, infatti profilava comunque gli utenti in questa modalità per fini pubblicitari. Alcune mail interne all’azienda non lasciano dubbi. L’accusa ha, infatti, presentato della mail in cui la chief marketing officer Lorraine Twohill avvertiva l’amministratore delegato Sundar Pichai nel 2019 che la modalità ‘incognito’ non doveva essere considerata ‘privata’ per evitare fraintendimenti.

Per risolvere la disputa, Google ha così accettato di cancellare i dati raccolti impropriamente per milioni di utenti e di aggiornare le comunicazioni riguardanti la raccolta dei dati, oltre a offrire agli utenti la possibilità di disattivare i cookie di terze parti. Inoltre, saranno bloccati di default i cookie di tracciamento di terze parti nella modalità Incognito per i prossimi cinque anni.

Nessun risarcimento collettivo, il 30 luglio si decide

L’accordo non prevede risarcimenti per singoli utenti, ma consente a loro di intentare cause separate contro Google se ritengono di aver subito danni. La causa originariamente chiedeva almeno 5 miliardi di dollari di danni all’azienda. Il patteggiamento, raggiunto per evitare il processo, coinvolge milioni di utenti Google che hanno utilizzato la modalità privata dal 2016.

Il 30 luglio è fissata un’udienza davanti alla giudice Yvonne Gonzalez Rogers, presso il tribunale federale di Oakland in California, per decidere sull’approvazione dell’accordo che permetterebbe così a Google di evitare la class action.

“Siamo lieti di risolvere questa causa, che abbiamo sempre ritenuto priva di merito”, ha dichiarato il portavoce di Google Jorge Castaneda in un comunicato. “Siamo felici di cancellare vecchi dati tecnici che non sono mai stati associati a un individuo e non sono mai stati utilizzati per alcuna forma di personalizzazione”.

“Questo accordo è un passo storico per richiedere alle aziende tecnologiche dominanti di essere oneste nelle loro dichiarazioni agli utenti su come le aziende raccolgono e utilizzano i dati degli utenti, e di cancellare e rimediare ai dati raccolti”, ha dichiarato David Boies, il legale che ha rappresentato gli utenti nell’azione legale contro il gigante di Mountain View.

Google chiude una delle sue cause legali

L’accordo elimina almeno una delle sfide legali per Google che si trova ad affrontare diverse cause. Tra queste, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha accusato Google di monopolizzare la ricerca online e il mercato pubblicitario online, in un importante caso antitrust che potrebbe avere conseguenze significative per l’azienda e le autorità statunitensi. Sul caso sono puntati tutti gli occhi della Silicon Valley. Una vittoria del gigante di Mountain View sarebbe un sollievo per le altre grandi aziende tecnologiche coinvolte in indagini antitrust. Al contrario, una sua sconfitta potrebbe infliggere un duro colpo alle Big Tech, che hanno sostenuto il mercato azionario di Wall Street negli ultimi mesi. L’amministrazione Biden sembra determinata a mantenere la pressione su queste grandi società tecnologiche, soprattutto in questo momento di campagna elettorale.

Pochi giorni fa, intanto, Google è stata multata di 250 milioni di euro in Francia dall’Antitrust per non aver rispettato alcuni degli impegni presi nel 2022 con i principali editori del paese riguardo all’utilizzo dei loro contenuti sulle sue piattaforme. Da marzo, poi, con l’entrata in vigore a marzo del Digital Markets Act nell’Unione Europea, il regolamento europeo che mira a promuovere e riequilibrare la concorrenza online, Google è tenuta a rispettare alcune regole e a conformarsi al suo ruolo di “gatekeeper” per evitare multe significative.

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