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Francia, dopo Depardieu Hollande sfida Google e Facebook: ecco la “Tassa Internet”

L’eterna rivalità tra Francia e mondo anglosassone sta per arricchirsi di una nuova, gustosa puntata. Secondo quanto scrive l’autorevole New York Times, che già nella prima frase dell’articolo firmato dal corrispondente a Parigi Eric Pfanner dà ai transoceanici dei “frustrati”, il Paese di François Hollande sta per partorire una nuova tassa: dopo aver fallito con Depardieu e soci (la Consulta francese ha bocciato la proposta di legge per portare al 75% l’imposta sui redditi milionari), ci prova ora con i colossi mondiali della tecnologia.

Ecco dunque che i vari Google, Apple, Amazon, Facebook, che l’inquilino dell’Eliseo vorrebbe addirittura considerare evasori fiscali, rischiano di vedersi applicata la temutissima “Tassa Internet”, ovvero l’imposta sulla raccolta e il trattamento in rete dei dati personali. L’idea è nata venerdì scorso, quando sul tavolo del presidente transalpino è arrivato un report da lui stesso commissionato, che rileva come i giganti della tecnologia a stelle e strisce raccolgano immense quantità di informazioni sui propri utenti, sfruttandole ampiamente per personalizzare i propri servizi sugli interessi delle persone e soprattutto per indirizzare la pubblicità su misura per loro. La raccolta di dati personali è dunque così estesa da legarsi a doppia mandata con il business stesso dell’azienda, del quale i dati diventano “materia prima”.

La nuova frontiera dell’economia digitale, dunque, secondo Hollande e soci, e che pertanto non sarebbe neanche così sbagliato tassare anche se, come rivela il rapporto stesso “queste considerazioni hanno scarso riscontro nella scienza economica e nelle statistiche ufficiali”. A ben vedere, però, la sola Google ad esempio genera più di 30 miliardi di dollari all’anno in entrate pubblicitarie, di cui circa 2 miliardi (1,5 miliardi di euro) proprio in Francia. Eppure, così come altre società Internet americane, non paga quasi nessuna imposta al di qua dell’Atlantico.

“Vogliamo lavorare per assicurare che l’Europa non diventi un paradiso fiscale per un numero ristretto di giganti di Internet”, ha tuonato il ministro dell’economia digitale, Fleur Pellerin, venerdì in conferenza stampa dopo la presentazione del report. Oltre al bel gruzzoletto che se ne potrebbe ricavare, pare che la questione interessi Parigi anche perché ne va della stessa sopravvivenza delle aziende hi-tech francesi, sempre più in crisi e svantaggiate dalla concorrenza, ritenuta a questo punto iniqua, dei grandi gruppi statunitensi.

L’aliquota non è ancora stata ipotizzata, anche se dall’Eliseo sono determinati a fare sul serio e a proporre la legge entro la fine dell’anno, nonostante le evidenti difficoltà che ciò comporta vista la delicatezza della materia, gli interessi in gioco e anche la necessità che il tutto venga avallato dall’Europa e messo in atto dalla cooperazione internazionale. Secondo il report del Ministero dell’Economia, comunque, i margini ci sono tutti: la tassa sulla raccolta dei dati sarebbe infatti giustificata dal fatto che gli utenti dei servizi come Google e Facebook in effetti “lavorano” per queste aziende senza essere pagati, ma fornendo le informazioni personali che consentono loro di vendere pubblicità ed arricchirsi.

Non si è fatta attendere intanto la prima replica. Da Cupertino, quartier generale di Google, hanno fatto sapere di aver letto la relazione e hanno così replicato: “Internet offre enormi opportunità di crescita economica e di occupazione in Europa, e crediamo che le politiche pubbliche dovrebbero incoraggiare la crescita”. Al momento, però, al presidente Hollande sembrerebbe interessare di più qualche nuova tassa che rimpingui i conti pubblici. Da Depardieu a Google e Facebook: di certo non si potrà dire che non ci abbia provato contro dei giganti.

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