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Energia: esplorazioni gas e petrolio salve

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Da Ravenna alla Val d’Agri, non si placano le preoccupazioni sulle estrazioni di gas e petrolio. Valgono molti milioni di euro e migliaia di posti di lavoro. Soltanto la Basilicata rischiava di perdere 150 milioni di euro l’anno. Dal decreto Milleproroghe alla fine è saltata la norma che bloccava nuove ricerche. Di fatto dall’anno prossimo, con la scadenza delle concessioni, le società torneranno a esplorare il sottosuolo per assicurare all’Italia altri approvvigionamenti. Ancora una volta dentro la maggioranza di governo si sono contrapposte due visioni su energia e ambiente. Il Milleproroghe avrebbe dovuto vietare “su tutto il territorio nazionale il conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca ovvero di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi”. Ma la norma non è passata.

A Ravenna hanno tirato un sospiro rinfrancante rispetto a quello che è giudicato ormai essenzialmente un obbiettivo ideologico di una parte del governo. Il dito resta puntato contro i Cinquestelle, che continuano a battere sul tasto contrario alla ricerca di nuovi idrocarburi. Come si possa gestire la transizione verde bloccando i pozzi di gas e petrolio senza aumentarne a breve le importazioni, resta il punto più controverso. I tempi sono discordanti, si finge non capire.

In Basilicata la mancata approvazione dell’articolo contrario alle perforazioni dovrebbe consentire nuove ricerche in Val d’Agri. In particolare è sempre in piedi il progetto del pozzo Pergola 1 al centro, peraltro, di una nuova richiesta di valutazione di impatto ambientale. Total ne ha appena inaugurato uno. Lo stop alle trivelle farebbe comunque mancare alla Regione royalties essenziali al Bilancio. Su questo punto la Lega con i senatori Paolo Arrigoni e Pasquale Pepe cerca di porsi a difesa dei progetti locali. Territori come quello della Basilicata, con la scelta di bloccare le estrazioni, senza aver costruito un’alternativa credibile, rischierebbero un immediato collasso.

A Ravenna istituzioni e sindacati sono sulle stesse posizioni. Il Comune vede come un proprio successo lo stralcio della norma. È una buona notizia che, però, non cancella il timore che ci siano nuovi tentativi per riproporre quello che oramai è un obbiettivo ideologico, ha scritto il vicesindaco Eugenio Fusignani. La storica presenza di Eni nella zona, in dai tempi di Enrico Mattei, è minacciata da posizioni tanto concilianti con la transizione green quanto penalizzanti nel medio periodo per lavoratori ed economia regionale. Al Nord come al Sud non sono contestati gli obiettivi della decarbonizzazione al 2030- 2050. Ciò che non convince nell’azione del governo è la mancanza di un serio e concreto piano di transizione, senza garanzie occupazionali e ristori economici. Conte se ne occupa poco, ma di una posizione realistica dentro il governo si è fatta portavoce Italia Viva.

Chi produce petrolio in Italia è tenuto a versare allo Stato royalties, pari al 10% del valore del gas e del greggio prodotti a terra, ricorda l’Eni. Grazie a protocolli d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico Basilicata, Emilia-Romagna e Piemonte si sono assicurate negli ultimi 5 anni introiti consistenti. Soldi utilizzati per investimenti ecosostenibili e in strutture pubbliche in grado di attrarre altri investimenti privati. Una battaglia giusta che va combattuta non per difendere posizioni di retroguardia ma per garantire un futuro rispettoso di ambiente, impresa e lavoro, rilanciano da Ravenna. Sperando che nel governo non ci sia chi pensa ad altri blitz.

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