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Decreto dignità: 8 mila contratti in meno, ma Di Maio non ci sta

Imagoeconomica

Scoppia il caso del Decreto Dignità. Nella relazione tecnica al provvedimento – firmato dal presidente della Repubblica ed entrato in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale – c’è scritto chiaro e tondo che con le nuove misure il numero dei posti di lavoro con contratti a termine scenderà di 8.000 unità, ogni anno per diecei anni.

Ma il ministro Luigi Di Maio, padre putativo del decreto, non ci sta e vede il complotto: “C’è scritto che farà perdere 8mila posti di lavoro in un anno. Quel numero, che per me non ha alcuna validità, è apparso la notte prima che il dl venisse inviato al Quirinale. Non è un numero messo dai miei ministeri o altri ministri”. La verità è che “questo decreto dignità ha contro lobby di tutti i tipi. Il mio sospetto è che questo numero sia stato un modo per cominciare a indebolire questo decreto e fare un po’ di caciara. Non mi spaventa», assicura. La dichiarazione di Di Maio è affidata, come di consueto, a Facebook. Il riferimento nemmeno tanto velato è al Mef e alla Ragioneria.

Ma la reazione che arriva dal Mef è durissima: “Le relazioni tecniche sono presentate insieme ai provvedimenti dalle amministrazioni proponenti, così anche nel caso del decreto dignità, giunto al Mef corredato di relazione con tutti i dati, compreso quello sugli effetti sui contratti di lavoro della stretta anti-precari”,

Infatti la matematica non è un’opinione. Il decreto dignità ha introdotto una stretta notevole sui contratti a termine con l’obiettivo dichiarato dal governo di aumentare i posti di lavoro a tempo indeterminato. Per ottenere questo risultato il governo ha ridotto da 36 a 24 mesi i tempi per i rinnovi con casuale, ridotto le possibili proroghe da 5 a 4, aumentato il costo dei contributi a carico delle aziende dopo la prima proroga e ha reintrodotto le casuali. Il decreto ha provocato le proteste e le reazioni del mondo imprenditoriale: Confindustria, confederazioni dell’artigianato e del commercio e turismo hanno visto nella stretta sui contratti un vero danno proprio mentre è in pieno svolgimento la stagione estiva e turistica. Anche per questa ragione alcune modifiche (sugli stagionali e sui voucher in agricoltura e alberghi) saranno reintrodotte in fase di conversione.

È proprio sulla stretta delle durate che si basa la relazione tecnica – oggetto della polemica da parte del ministro dello Sviluppo e Lavoro. La relazione viene preparata dal governo e accompagna ogni provvedimento che viene presentato in parlamento e ne illustra benefici o svantaggi, documentandoli con i numeri. E’ lì che viene stimato l’impatto negativo sull’occupazione. In base ai dati del ministero del Lavoro sono circa 2 milioni i contratti a termine attivati ogni anno. Di questi il 4 per cento supera i 24 mesi, quindi si pone già in contrasto con le nuove norme. Ebbene, di questi 80mila rapporti oltre i 24 mesi il 10 per cento stima il governo nella relazione tecnica, vale a dire 8mila, andranno persi ogni anno.

Come si può vedere dalla tabella, estrapolata dalla relazione tecnica sul decreto e pubblicata su Twitter, l’impatto sul 2018 è limitato a soli 3.300 contratti in meno in quanto siamo già a metà anno nel momento in cui il decreto è diventato pienamente operativo con la pubblicazione in Gazzetta il 13 luglio  (clicca per leggere il testo definitivo).

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