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Crisi della birra in Germania: anche i tedeschi dicono basta alla bionda

Pixabay

Sembra uno scherzo, e invece è tutto vero. I tedeschi stanno smettendo di bere birra. Proprio loro, gli ambasciatori mondiali del boccale, i custodi della Reinheitsgebot, i padroni di casa dell’Oktoberfest. E invece… giù i consumi, su le preoccupazioni.

Nei primi cinque mesi del 2025, le vendite di birra in Germania sono crollate del 6,8% rispetto allo stesso periodo del 2024, fermandosi a 34,5 milioni di ettolitri. È il dato peggiore dai tempi della riunificazione, e non si può dare la colpa né alla pioggia né al calendario. È il segnale di una disaffezione lunga dieci anni, che oggi si fa sentire come un hangover culturale.

Nel 2013 ogni tedesco scolava in media 107 litri di birra l’anno. Nel 2023 erano già diventati 88, e il 2025 rischia di abbattere anche quel (basso) record. Il punto non è che si smette di bere: è che sparisce la seconda birra, quella rilassata dopo cena, o la terza che segnava l’inizio della festa. La birra non disseta più lo spirito e al massimo, resta nel frigo.

È il livello più basso dalla riunificazione. E no, non è colpa del maltempo o di qualche sagra annullata: è un trend decennale.

Germania: niente più sbornia da birra

La birra non è più una certezza nemmeno per le nuove generazioni. Secondo i sondaggi, solo il 24% della Generazione Z in Germania dichiara di berla regolarmente, contro il 38% dei Baby Boomers. Per molti giovani, la birra è passata da simbolo di libertà a caloria liquida. E in un Paese che invecchia e si allena a correre anche dopo i sessanta, i consumi alcolici vacillano.

Complice anche la crescente attenzione alla salute, oggi a far compagnia nei Biergarten ci sono bibite analcoliche, spritz alla lavanda e bottigliette di kombucha, bevanda fermentata a base di tè tipica dell’Asia. Intanto, la birra analcolica raddoppia la sua produzione in dieci anni e diventa protagonista. Ma attenzione: non è detto che basti per salvare l’intero settore.

Biergarten semivuoti e casse piene… di conti da pagare

Non è solo questione di gusti. Anche il portafogli gioca la sua parte. I costi di produzione sono schizzati alle stelle: luppolo, orzo, energia e trasporti incidono ormai quanto un affitto a Berlino. I produttori, schiacciati da margini sempre più sottili, devono alzare i prezzi. E il consumatore così arriva a rinunciare alla Pils.

Una cassa da 20 bottiglie costa in media 10-11 euro, ma l’80% delle vendite avviene sotto promozione. Il prezzo pieno lo paga solo un cliente su cinque. E non è solo un problema per il supermercato. Anche i birrifici artigianali, quelli che facevano della qualità la loro arma vincente, ora chiudono a uno a uno. Il caso Bräugier a Berlino è emblematico: ottima birra, due locali in città, ma nulla da fare contro la tempesta perfetta dei costi.

Birrifici in affanno: la bolla dell’orzo è esplosa

La Germania conta ancora circa 1.500 birrifici, ma non tutti reggono l’urto. I giganti come Veltins e Krombacher puntano sull’export e sulle Helles, le birre chiare bavaresi che continuano a tirare (oggi coprono l’11,6% del mercato, in crescita). I piccoli, invece, faticano a sopravvivere.

C’è chi prova la carta delle birre bio, chi punta su packaging più sostenibili, chi cavalca la moda del “low calorie”. Ma il rischio è che il settore si concentri sempre più nelle mani di pochi, riducendo quella diversità che ha reso la birra tedesca celebre nel mondo.

La cultura del boccale traballa

Per i tedeschi, la birra non è solo una bevanda. È identità, socialità, addirittura legislazione: la Reinheitsgebot, la “legge sulla purezza”, è in vigore dal 1516 e impone che la birra sia fatta solo con acqua, malto d’orzo e luppolo. Oggi, però, anche la politica guarda altrove con un crescente numero di cittadini (oltre il 65%) vuole alzare l’età legale per bere, abolendo il vecchio permesso di bere già dai 14 anni se accompagnati.

Intanto, a Monaco ha chiuso Die Null, il primo Biergarten completamente analcolico della Germania. Aveva aperto con entusiasmo, ma alla fine ha resistito solo una stagione. Un segno dei tempi? Forse. Di certo, la birra non è (più) immortale.

L’Oktoberfest salverà la birra? Forse no, ma ci si prova

L’Oktoberfest, il cuore pulsante dell’identità birraria tedesca, si avvicina con il fiato corto. Gli operatori sperano nel “miracolo climatico” che porti una lunga estate calda che riporti la voglia di brindare. Ma sarà sufficiente a invertire la rotta? Difficile dirlo. Per ora, il settore è costretto a reinventarsi. Tra birre artigianali con gusto mango e IPA con fermentazione al tè verde, l’industria cerca nuovi sbocchi e nuovi clienti. I tedeschi torneranno davvero a innamorarsi della loro bevanda simbolo? O la birra rischia di finire nella stessa categoria del wurstel al curry, tradizione simpatica, ma sempre più fuori menu?

Una certezza c’è: la birra in Germania non è morta, ma si è presa una pausa di riflessione. E conoscendo l’ostinazione (e l’inventiva) dei mastri birrai tedeschi, è difficile immaginare che si lascino battere senza lottare. Magari il prossimo brindisi non sarà per una “Helles” qualunque, ma per una vera rinascita. Prost, o quasi.

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