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Casa, mutuo o affitto? Meglio la prima soluzione nonostante l’aumento dei tassi in corso

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Cresce l’inflazione, crescono i tassi ufficiali e crescono quelli dei mutui. Chi sta cercando casa, oggi, più di prima, si trova davanti al dilemma tra la sottoscrizione di un affitto o di un mutuo per l’acquisto. Quale conviene di più quest’anno? Visto lo sviluppo delle condizioni economiche delle famiglie negli ultimi anni, tra riduzione del potere d’acquisto a causa dell’inflazione, e magari difficoltà lavorative, sembrerebbe che la scelta possa essere rivolta di più verso gli affitti. Ma nella relatà la situazione è molto diversa: sottoscrivere un mutuo oggi risulta più conveniente e flessibile della stipula di un affitto. Vediamo come.

Un caso tipico per un mutuo: 30 anni sull’80% del prezzo

La premessa, ovviamente, è che alla base di ogni scelta occorre anche considerare la situazione finanziaria di chi sta cercando casa, con mille variabili. Ma, da quanto risulta, in questo momento per chi abbia una disponibilità di risorse pari ad almeno il 20% del prezzo per l’acquisto di un’abitazione, un mutuo a 30 anni costa meno del canone di locazione. Se si considerano le sole medie delle quattro principali città italiane, ricavabili dalla rilevazione aggiornata a tutto gennaio 2023 del portale Immobiliare it, a Milano il prezzo medio richiesto per le abitazioni risulta di 5.185 euro per metro quadrato, a fronte di un canone mensile di 21,29 euro al metro. Ipotizzando un mutuo a tasso fisso al 4% per 30 anni, la spesa mensile per la rata relativa all’acquisto di una casa di 80 metri è di 1.584 euro, a fronte di un canone di 1.703.

Nella Capitale il confronto dà come risultato 1.012 euro di rata e 1.172 di canone, a Torino 588 contro 793 e infine a Napoli per il servono 854 euro contro 1000 per l’affitto.

Ancora qualche esempio: “Dalle nostre simulazioni, per acquistare un bilocale da 65 mq, con un mutuo a 25 anni che copre l’80% del valore dell’immobile, a Milano si pagherebbe una rata che sfiora i 1200 euro al mese, a Napoli di 670 euro e a Roma di 830. Nelle stesse città e per la stessa tipologia abitativa se si optasse però per l’affitto, il canone sarebbe rispettivamente di 960 euro al mese a Milano, di 600 euro al mese a Napoli e di 750 euro al mese a Roma”, dicono all’ufficio studi di Tecnocasa.

Ricerca di affitto cresce, ma l’offerta è ancora legata da molte difficoltà

Negli ultimissimi anni la domanda di affitti è cresciuta rispetto ad anni fa. Complici da una parte la riduzione del potere d’acquisto a causa dell’aumento dell’inflazione, dall’altra a volte le difficoltà lavorative, qualche famiglia non se la sente di affrontare un mutuo. “Dal periodo di maggiore allerta Covid c’è stata una fortissima ripresa della domanda di case in affitto, dice Vincenzo De Tommaso, responsabile ufficio studi di idealista. Ma quando poi si mette a cercare, non si trova quello che si cerca.
Secondo il portale, idealista.it, l’offerta di case in affitto nel quarto trimestre 2022 sull’intero territorio nazionale è diminuita nel 36%, dopo che già era scesa nel 43,5% nel trimestre precedente. “L’offerta ha fatto registrare il 5° ribasso consecutivo negli ultimi trimestri” dice ancora De tommaso.

Se poi si vanno ad analizzare le situazioni delle singoli maggiori città, il fenomeno è ancora più significativo: Roma ha fatto segnare un -60%, Milano -49%, Napoli un -40% e Torino addirittura un -81%.

Perché un proprietario di casa non affitta volentieri?

Le ragioni alla base della carenza di offerta sono in primo luogo di natura fiscale: per un proprietario optare per la cedolare secca significa rinunciare al recupero dell’inflazione, in quanto l’adesione al regime fiscale agevolato è subordinato all’impossibilità di applicare l’adeguamento annuo del canone alla variazione dell’indice Istat. Ma ci sono anche molte altre difficoltà che preoccupano un proprietario che voglia affittare: il fatto che si ritrovano sempre più spesso, anche a causa dlle difficoltà economiche, “con inquilini che dopo, magari un paio di mesi, non pagano più, nè i loro consumi, nè il canone, a volte per mesi o per sempre” dice un proprietario di case associato a un sindacato nazionale. “A quel punto si pensa allo sfratto, ma anche qui ci sono molte difficoltà e tempi lunghissimi, dai due ai 4 anni, durante i quali si deve oltretutto continuare pagare la tassazione allo Stato come se si percepisse l’affitto, le spese condominiali e le bollette dell’inquilino, a cui si aggiungono le consistenti spese legali: un assoluto fallimento che induce a non affittare più”. Alcuni proprietari allora, per non tenere le case sfitte, si rivolgono in alcuni casi all’affitto breve.

“Quella tra acquisto e affitto è una scelta complessa”, come conferma anche Fabiana Megliola, responsabile ufficio studi gruppo Tecnocasa, perché tutto il mercato immobiliare è aumentato. Se da una parte si è registrato nel 2022 un aumento dei prezzi di acquisto delle case (+1,8% stando ai loro ultimi dati), “per cui la situazione non sembrerebbe la migliore per acquistare casa, visto che si assiste a prezzi e tassi elevati” spiega Megliola, “dall’altra parte, anche i canoni di locazione sono cresciuti. A livello nazionale, infatti, l’ultimo dato in nostro possesso indica un aumento dei canoni del 2,1% per i monolocali, del 2,4% per i bilocali e del 2,2% per i trilocali”.

L’alternativa del mutuo: più conveniente a certe condizioni

Non che non sia difficile accendere un mutuo, visto che un finanziamento all’80% come ipotizzato, richiede o garanzie ulteriori di terzi, oppure un reddito con entrate regolari che abbiano un valore almeno triplo rispetto all’importo della rata, al netto di altri eventuali finanziamenti richiesti (come per l’auto per esempio). ”Per stipulare un mutuo“ naturalmente devono poi esserci i requisiti di reddito necessari per accedere al credito, ma nel caso in cui si avessero le carte in regola per acquistare, converrebbe compiere il grande passo perché alla fine ci si ritroverebbe proprietari di un immobile con poco sforzo in più”, ha aggiunto Megliola.

Il mutuo? Oggi è tailor made

In favore del mutuo c’è poi un altro aspetto: oggi i tassi sono in media al 4%, ma se si sceglie il fisso non subiranno aumenti in nessun caso, mentre quando il costo del denaro iniziasse a scendere ci sono molte alternative. Si, perchè se il mondo degli affitti è vincolato da mille lacciuoli, il mondo dei mutui negli ultimi anni si è fatto più flessibile. Secondo la piattaforma Mutuionline, i mutui possono essere suddivisi in macrocategorie, a seconda della finalità, dei tassi di interesse applicati, della durata e delle modalità di rimborso. Solitamente le caratteristiche di un contratto vengono stabilite da ciascun istituto bancario, anche nell’ottica di personalizzare quanto più possibile il servizio, dicono a Mutuionline.

Se poi si tratta di una prima casa, il contratto consente di accedere ad alcune facilitazioni a livello fiscale e a specifiche detrazioni. Con la surroga poi è possible trasferire il debito residuo di un mutuo prima casa già in corso a un’altra banca, per poter ottenere condizioni più favorevoli e soprattutto senza costi. Oppure si può trasferire un mutuo già esistente da una banca ad un’altra nei casi non previsti dalla surroga, in questo caso con costi da valutare.

Tassi a seconda dell’esigenza

Anche in questo ambito, si può trovare il tasso che più è adatto alla prorpia situazione e comunque si ha la possibilità, impossibile in passato, di modificarlo. Iniziamo con il tasso fisso: è legato all’indice IRS (Interest Rate Swap), viene stabilito nel momento in cui si stipula il contratto di finanziamento e rimane costante per tutta la sua durata, così come l’importo di tutte le rate. Il variabile invece viene stabilito al momento della stipula del contratto ma viene poi ricalcolato periodicamente per tutta la durata del prestito in base all’oscillazione dell’Euribor, cioè il tasso interbancario di riferimento per i mutui a tasso variabile diffuso ogni giorno dalla Federazione Bancaria Europea, o del tasso di riferimento della Banca Centrale Europea (Tasso BCE). Comporta un rischio maggiore rispetto al tasso fisso in quanto segue l’andamento del mercato monetario: se il costo del denaro cala la rata diminuisce, in caso contrario aumenta.

Attualmente le aspettative vedono ancora rialzi da parte della Bce in primavera a cui dovrebbe poi seguire un periodo di riduzioni, ma i tempi e le consistenze non è dato saperlo a priori. Poi c’è il variabile a rata fissa: rispetto ad un normale mutuo a tasso variabile la rata viene tenuta costante all’importo di partenza, e nel tempo varierà la durata effettiva del periodo di rimborso: se i tassi caleranno la durata si ridurrà, se i tassi dovessero salire si allungherà la durata del mutuo rispetto a quella originariamente prevista.

È interessante anche il Capped rate (detto anche cap) a tasso variabile: si tratta di un tasso variabile che prevede però un limite massimo predeterminato. C’è anche la possibilità di un Misto, che può essere modificato alle scadenze e alle condizioni stabilite dal contratto, oppure può essere previsto una parte del capitale da restituire a tasso fisso e l’altra a tasso variabile oppure di un Bilanciato che è costituito da una parte a tasso fisso e una a tasso variabile, a seconda del peso che si vuole dare al tasso fisso e a quello variabile.

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Categories: Economia e Imprese