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Camera: ok definitivo ai trattati europei su Fiscal compact e Esm

Dalla Camera è arrivato il sì definitivo alla ratifica dei trattati europei su Fiscal compact e Meccanismo europeo di stabilità, dopo il disco verde arrivato venerdì scorso dal Senato. 

Tra i punti principali del fiscal compact spiccano in particolare l’impegno ad avere un deficit strutturale che non supero lo 0,5% del Pil e, per i Paesi il cui debito è inferiore al 60% del Pil, l’1%. Previsto inoltre l’obbligo per i Paesi con un debito pubblico superiore al 60% del Pil di rientrare entro questa soglia nel giro di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo dell’eccedenza in ciascuna annualità.

Ogni stato dovrà poi garantire correzioni automatiche con scadenze determinate quando non sia in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio concordati. Il deficit pubblico, infine, dovrà rimanere sempre sotto il 3% del Pil, in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche.

Quanto all’Esm, si tratta del il meccanismo che interviene come copertura dai rischi di rifinanziamento degli Stati e di preservazione dall’aumento incontrollato dei rendimenti dei titoli pubblici. Deve sostituire l’Efsf (European financial stability facility) ma non sarà operativo prima del 12 settembre, quando la Corte costituzionale tedesca dovrà stabilirne la legittimità.

L’Italia si è battuta al Consiglio europeo di fine giugno per ottenere il via libera a un meccanismo di stabilizzazione degli spread attraverso l’acquisto di titoli di Stato da parte dell’Efsf e dell’Esm.

Raggiunta l’intesa politica, ora i ministri economici dell’Eurozona e la Commissione europea stanno negoziando i dettagli su modalità di attivazione e funzionamento del meccanismo calma spread.

L’Esm avrà un capitale di 700 miliardi di euro, di cui 80 versati e 620 “a chiamata”. L’Italia, con il 17,9% del capitale, sarà il terzo azionista dopo Germania e Francia e dovrà onorare un impegno di 14,33 miliardi di euro da versare entro il 2014.

Le rate previste sono di 5,73 miliardi nel 2012 e nel 2013 e 2,87 miliardi nel 2014. La parte “a chiamata” che spetta all’Italia è di 111,07 miliardi di euro. Soldi che non vanno versati, ma che ogni Paese si impegna a conferire rapidamente e incondizionatamente in caso sia chiesto dall’Esm.  

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