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Bulgaria, corruzione e incertezza portano Sofia alla stagnazione

FIRSTonline

È stata la culla dell’alfabeto cirillico, origine di una cultura importante che ha contribuito in maniera decisiva a formare i tratti dello slavismo dai Balcani fino alla Russia. Poi, però, un lungo declino: dal dominio subito dai turchi dell’Impero Ottomano a quello dell’Unione Sovietica, che ne hanno restituito un Paese allo sbando e in preda alla corruzione e alla criminalità organizzata. Da qui, tuttavia, è iniziata una lenta rinascita che ha riportato la crescita economica, lo sviluppo della democrazia e l’ingresso nell’Unione Europea. È il percorso storico-istituzionale della Bulgaria, Stato dell’Europa dell’Est che negli ultimi anni è stato protagonista, al pari delle altre repubbliche ex-satelliti di Mosca, di uno sviluppo economico interessante che, seppur tra mille problemi, ha portato il Paese a compiere grandi passi in avanti e ad attrarre ingenti investimenti dall’estero, in particolar modo anche dall’Italia.

Sofia, come gli altri Paesi dell’Europa orientale recentemente entrati nell’Unione Europea e fortemente dipendenti dai capitali in arrivo da Occidente, non ha superato indenne la crisi scoppiata nel 2009 (e che si sta riacutizzando negli ultimi mesi). La crescita del PIL è bruscamente calata e ha ricominciato a salire nel 2011 con un +1,8%. Per l’anno in corso le stime elaborate dall’ ”Economist” parlano di una crescita piuttosto debole, non superiore all’1,5%: un dato positivo ma ben al di sotto dell’obiettivo che si era posto il Governo e che poneva l’aumento del PIL al 3,6% (fortunatamente, però, i conti pubblici sono sostanzialmente in ordine). In pratica, se venisse confermato il dato al ribasso, la Bulgaria sarebbe tecnicamente in stagnazione: con un reddito pro capite che oscilla attorno ai 5mila euro (il valore più basso di tutta l’UE), non ci sarebbe da stare troppo allegri. L’unico elemento positivo, all’interno di questa congiuntura economica difficilissima per tutta l’Europa, è la bassa inflazione, che si è mantenuta sull’1,4% su base annua nel primo trimestre del 2012. Sono le due facce della stessa medaglia, o meglio della stessa moneta: il lev, valuta locale, è ancorato all’Euro in un regime di currency board, dunque con una parità fissa (1 lev vale circa 0,53 euro). Questo permette di calmierare l’inflazione ma dall’altro lato non consente svalutazioni competitive, come può invece avvenire nella vicina Romania (link al mio precedente pezzo).

Le elezioni presidenziali che si sono svolte ad ottobre 2011 hanno visto la sconfitta del Partito Socialista, fino ad allora al Governo, e la vittoria del GERB (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria), formazione di centrodestra che ha portato alla presidenza Rosen Plevneliev. Le elezioni si sono svolte in un clima piuttosto acceso, tra la propaganda anti-Rom dei partiti nazionalisti (seguita alle violenze scoppiate nel Sud del Paese a settembre scorso) e le accuse per episodi di voto di scambio che hanno sollevato alcune perplessità sull’esito delle elezioni. Il primo ministro è Boiko Borisov e ha promesso una lotta senza quartiere alla corruzione e alla criminalità organizzata. Effettivamente il risultato uscito dalle urne sembra determinato in buona parte dalla delusione della popolazione nei confronti degli insuccessi registrati dal Partito Socialista nel combattere la corruzione e il potere dei gruppi mafiosi, ancora dilagante nel Paese. L’alto tasso di criminalità sembra essere tuttora la vera “piaga” della nazione balcanica: l’indice elaborato da Transparency International rivela che la Bulgaria è all’86esimo posto al mondo per il livello di corruzione, mentre le rilevazioni dell’OCSE hanno rilevato l’assenza di impegno da parte delle istituzioni nell’affrontare questi problemi. Inoltre, nel 2010 l’Unione Europea decise di bloccare centinaia di milioni di euro di finanziamenti provenienti dai Fondi di Sviluppo Regionale e di Coesione come procedura di infrazione per i mancati progressi compiuti in questo ambito dal 2007, anno in cui Sofia è diventata ufficialmente membro dell’UE.

Corruzione e difficoltà economiche sembrano dunque porre la Bulgaria in una posizione svantaggiata rispetto ad altre promettenti repubbliche dell’Est europeo. Anche la situazione degli investimenti esteri presenta una fotografia in chiaro-scuro del Paese balcanico. Nonostante un regime fiscale decisamente favorevole (aliquota unica del 10% su imprese e privati) e salari bassissimi (la media è di 350 euro al mese), fattori che negli ultimi anni hanno attratto ingenti flussi di capitali (specialmente in ambito infrastrutturale anche in virtù dei fondi in arrivo da Bruxelles), oggi si potrebbe assistere ad un rallentamento degli IDE in arrivo. Il quotidiano “The Sofia echo” ha pubblicato poche settimane fa gli esiti di un sondaggio rivolto alle imprese tedesche che investono in Bulgaria: solo il 12% si è dichiarato soddisfatto, mentre il 35% degli intervistati ha detto che non investirebbe più in questo Paese. I motivi? Provate a indovinare: corruzione, incertezza del rispetto della legge, difficoltà burocratiche. Il fatto è che lo stock di investimenti tedeschi nel 2011 è diminuito di 54 milioni di euro (mentre il dato complessivo ammonta a 1,8 miliardi, secondo la Banca Centrale Bulgara).

E l’Italia? Il nostro Paese si mostra decisamente attivo in Bulgaria. Il commercio bilaterale con Sofia è quasi raddoppiato in soli due anni e le esportazioni italiane riguarda settori tradizionalmente “forti” come tessile e macchinari. Per quanto riguarda le imprese attive nel Paese, ci sono circa 800 aziende per un capitale investito di circa 2 miliardi di euro, pari al 5% del PIL nazionale. Le opportunità più interessanti sono offerte dal settore infrastrutturale, sul quale il Governo ha deciso di puntare in maniera prioritaria. I fondi di Coesione europei permetteranno infatti nei prossimi anni di finanziare progetti in strade, ferrovie, reti energetiche e per lo smaltimento dei rifiuti. Le imprese italiane hanno già ottenuto importanti appalti, come quello di Generali Costruzioni Ferroviarie per l’ammodernamento della ferrovia Plovdiv-Burgas, o di Black Sea Technology Company, controllata di Amga che si occupa di distribuire il gas in una regione della Bulgaria. Confindustria è attiva nel Paese con una propria sede e anche il settore bancario vede l’Italia in prima posizione: UniCredit Bulbank è il primo istituto di credito del Paese con oltre un milione di clienti, distribuiti su 230 filiali per assets totali che ammontano a quasi sei miliardi di euro.

In conclusione, il riflesso che le acque del Mar Nero restituiscono della Bulgaria non è del tutto limpido. I problemi sono ancora molto grandi e il Paese balcanico si conferma il più arretrato dell’Unione Europea per una serie di carenze sistemiche il cui superamento non sembra molto vicino nel tempo. La tassazione favorevole, il basso costo del lavoro e la disponibilità di capitali comunitari sono condizioni importanti per l’insediamento di investimenti, ma non sufficienti per garantire l’arrivo di progetti che siano destinati a garantire uno sviluppo duraturo. Il Governo dovrà intervenire infatti energicamente sull’aspetto della lotta alla corruzione e alla criminalità, oltre che sulla formazione di capitale umano qualificato. Le sfide che attendono Sofia, specialmente in questo momento di congiuntura negativa, saranno molto impegnative.

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