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Brexit, legge viola accordo con l’Ue: 5 ex Premier contro Johnson

Imagoeconomica

Si allarga il dissenso sull’operato di Boris Johnson. Il premier conservatore è riuscito ad ottenere la maggioranza nell’ambito della prima votazione dei Comuni sull’Internal Market Bill, il controverso disegno di legge che rimette in discussione, attraverso una norma nazionale, alcuni degli impegni sottoscritti sul dopo Brexit nell’Accordo di Recesso con l’Ue, primo tra tutti quello riguardante lo status commerciale e doganale dell’Irlanda del Nord.

Il provvedimento è passato con 340 voti a favore e 263 contrari, ma la maggioranza è meno salda di quanto potrebbe sembrare. All’interno della fronda conservatrice si sono registrate infatti una ventina astensioni di protesta, incluse quelle di veterani di governo come Sajid Javid e l’ex attorney general (e convinto brexiteer) Geoffrey Cox. Due i No espliciti espressi da Roger Gale e Andrew Percy, ora in via di espulsione dal gruppo. A questi si aggiungono una decina di assenti.

Ma a fare rumore nel Regno Unito è anche la tanto dura quanto inedita presa di posizione dei cinque ex Primi Ministri ancora viventi: Theresa May, David Cameron, Tony Blair, Gordon Brown, e John Major. Gli ex inquilini di Downing Street si sono schierati contro l’Internal Market Bill.

La decisione del Governo di andare avanti con una legge che viola il diritto internazionale (per stessa ammissione di Johnson) viene descritta come “irresponsabile, sbagliata in linea di principio e pericolosa nella pratica”. “Essa – si legge in un articolo pubblicato sul Sunday Times – solleva questioni che vanno al di là dell’impatto sulla pace in Irlanda e sui negoziati con Bruxelles per un futuro patto commerciale, mettendo in dubbio l’onorabilità della nostra nazione”. 

Il progetto di legge nei giorni scorsi ha provocato anche una forte reazione dell’Unione Europea che ha intimato a Johnson a ritirare il provvedimento entro fine mese, pena il ricorso “ad azioni legali”. Il premier conservatore, per il momento, sembra intenzionato ad andare dritto per la sua strada. Quella di ieri, 14 settembre, è la prima di una serie di votazioni al Parlamento britannico. Johnson ha presentato il progetto ai parlamentari sostenendo che esso serve a “togliere dal tavolo la pistola” che l’Ue potrebbe usare contro il Regno Unito in caso di fallimento dei negoziati sulle relazioni commerciali future. Secondo, lui Bruxelles potrebbe interpretare in modo “estremo” il protocollo sull’Irlanda del Nord contenuto nell’accordo di divorzio, fino a un possibile “blocco del trasporto di prodotti alimentari e agricoli all’interno del nostro Paese” e alla pretesa di “dazi” al confine interno britannico fra Ulster e resto del Regno Unito. Un’eventualità smentita seccamente dalla Ue. 

Non è ancora detta però l’ultima parola. Il provvedimento sarà esaminato il prossimo 22 settembre dalle Commissioni. Poi tornerà in aula per la lettura finale. Successivamente toccherà ai Lord, che potrebbero decidere di bloccarlo. Nel frattempo, l’ex ministro Bob Neill ha anticipato la presentazione di un emendamento che prevede di dare alla Camera potere di veto su tutti i passaggi della legge incompatibili con il diritto internazionale. Se l’emendamento passasse, Westminster potrebbe ridimensionare l’impatto della proposta, evitando una totale rottura con Bruxelles.

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