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Brasile, Bolsonaro ha il suo Di Pietro: il giudice di Lava Jato al Governo

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Sergio Moro come Antonio Di Pietro: dall’inchiesta Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana, al governo del Paese. Ricorda molto da vicino quella dell’ex magistrato italiano la parabola del suo omologo brasiliano, giudice federale del Tribunale federale di Curitiba e, come Di Pietro, noto in Brasile e in tutto il mondo per aver condotto le indagini sui casi di corruzione che, partendo dallo scandalo Petrobras, hanno coinvolto negli anni decine funzionari governativi e dirigenti aziendali, e portato alla condanna per 12 anni del presidente brasiliano in quel periodo, Lula, detenuto proprio nel carcere di Curitiba, città nel Sud del Paese.

Un maxi processo che gli elettori brasiliani hanno deciso di lasciarsi definitivamente alle spalle, punendo alle ultime elezioni il Partito dei Lavoratori di Lula e optando, con un consenso abbastanza ampio, per il candidato dell’ultradestra Jair Bolsonaro. Il quale ha immediatamente pensato, per la carica di Ministro della Giustizia, a Sergio Moro, 46 anni, ex professore all’Università federale del Paraná: è di giovedì 1 novembre la notizia che Moro, ormai in tutto il Paese icona della lotta alla corruzione, ha accettato l’incarico. Proprio come accadde a Di Pietro nei governi successivi al ribaltone di Mani Pulite, con due sole differenze: l’ex giudice del pool di Milano rifiutò di entrare nel primo governo post-scandalo, quello guidato da Berlusconi che già nel 1994 gli propose una poltrona da ministro; in più non fu mai Guardasigilli bensì Ministro dei lavori pubblici e Ministro delle infrastrutture, sempre nel governo Prodi, tra il 1996 e il 1998. Di Pietro è stato poi anche deputato ed eurodeputato, eletto con un partito da lui stesso fondato, l’Italia dei Valori.

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Moro invece non è mai ufficialmente sceso in politica: la sua figura in Brasile è molto popolare, ma l’investitura è arrivata dal nuovo presidente Bolsonaro e al momento il magistrato entra nella scena istituzionale come tecnico, non legato a nessun partito politico. Sul tavolo del neo ministro arriva subito un dossier caldissimo: oltre a continuare a promuovere la legalità in un Paese che è di nuovo sprofondato nell’emergenza criminalità, Moro dovrà mettere in atto uno dei principali tempi della campagna elettorale di Bolsonaro, che si è detto determinato a cambiare la legge sul porto d’armi del paese.

Nella prima intervista concessa a diverse emittenti televisive all’indomani della sua vittoria alle presidenziali, l’ex capitano dell’esercito ha infatti ribadito la sua soluzione più radicale per combattere la violenza: la liberalizzazione del trasporto delle armi. “L’accesso al porto di armi deve essere facilitato. È una necessità a causa della violenza che colpisce il Brasile Siamo in guerra”, ha affermato il nuovo presidente del Brasile, aggiungendo che il porto delle armi dovrebbe estendersi oltre il proprio domicilio. “Vogliamo cambiare la legge – ha poi precisato – dobbiamo abbassare l’età minima (per il porto d’armi) da 25 a 21 anni. Non possiamo creare ostacoli che impediscono alle persone di avere un’arma in casa per difendere la propria famiglia”.

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