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Bellanova: “Agricoltura, regolarizzare i migranti e battere il caporalato”

Imagoeconomica

Chi raccoglierà la frutta e la verdura che rischiano di marcire nei campi perché non c’è manodopera dopo la chiusura delle frontiere a causa della pandemia di Coronavirus? La strategia del Governo è chiara: chi lo ha fatto fino alla scorsa stagione perché il lavoro nei campi non si improvvisa, c’è bisogno di operai competenti. Che significa in Italia soprattutto lavoratori stranieri, per la gran parte rumeni. Ma la faccenda non è semplice, bisogna garantire la salute di quanti arriveranno (e se arriveranno) mentre bisogna che chi si trovi già in Italia possa rimanerci in sicurezza in tutti i sensi. E se non si riuscisse a coprire il fabbisogno? In Francia e in Germania si stanno orientando ad aprire le maglie anche a disoccupati generici. Cosa che ha chiesto di fare la Coldiretti, che proprio in queste ore in Veneto sta raccogliendo la disponibilità di quanti non siano braccianti di mestiere ma studenti, pensionati, cassintegrati, attraverso la banca dati “Job in country” autorizzata dal Ministero del lavoro. Ottenendo nella Regione le prime 1.500 offerte di lavoro. Tuttavia la ministra all’agricoltura Teresa Bellanova, che sa benissimo cosa vuol dire il lavoro di bracciante perché lei stessa in gioventù lo ha esercitato, insiste sulla via percorsa finora, lo chiama “modello italiano”.          

Che vuol dire ministra “modello italiano”?

“Partiamo dai dati. Le associazioni datoriali indicano una carenza di manodopera stagionale tra 270mila e 350mila lavoratori. Numeri lontani sia da quelli francesi, dove la manodopera stagionale si attesterebbe intorno alle 200mila, che da quelli spagnoli, dove i dati indicano un fabbisogno di 10mila unità. Nelle nostre campagne trovano occupazione oltre 346mila lavoratrici e lavoratori di ben 155 Paesi diversi. Con oltre 30 milioni di giornate lavorative, rappresentano il 26,2% del totale del lavoro necessario nelle campagne italiane. La nostra agricoltura è quindi anche un grande laboratorio di integrazione e in quelle 15 province dove nei molti distretti agricoli si concentra una buona metà degli stranieri occupati, i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale. Lavoratori regolari che prestano servizio nelle imprese sane, quelle che non sfruttano e stanno nelle regole. Allo stesso tempo, altri lavoratori, cosiddetti irregolari – 600mila secondo le stime – che nella maggior parte dei casi già lavorano sui nostri territori, vivono in insediamenti informali, sottopagati e spesso sfruttati in modo inumano. Alla mercé, insieme alle imprese a cui danno le braccia, di quella mafia che si chiama caporalato. Persone adesso ancora più esposte al rischio sanitario e alla fame.
Comporre questa complessità, in modo efficace e rapidamente, è l’obiettivo a cui dobbiamo tendere, senza ipocrisie e senza mettere la testa sotto la sabbia. Va salvaguardata la filiera agricola e alimentare, che sta confermando tutta la sua essenzialità e centralità, e dobbiamo mettere fine, una volta per tutte, a questo scandalo del caporalato e dei ghetti. Perché o è lo Stato a farsi carico della vita di queste persone o sarà la criminalità a sfruttarla”.

Cosa impedisce di impiegare i disoccupati nelle liste del reddito di cittadinanza?

“Potrei limitarmi a dire: esattamente quello che lo ha impedito finora. Anche se nulla vieta, o ha vietato, di guardare all’agricoltura come a un’occasione occupazionale e di reddito. Invece è significativo come proprio questa domanda, che ovviamente non è solo sua, faccia emergere appieno le contraddizioni di una misura che non ha funzionato né come politica attiva del lavoro, visto il mancato incrocio domanda-offerta, né come inclusione sociale, né come risposta alla povertà assoluta. Una volta terminata l’emergenza, discuteremo con serietà e rigore di questo.
Sto lavorando per una soluzione che dia le risposte necessarie nei tempi più rapidi possibili. Il tempo non è una variabile indipendente. Di certo c’è bisogno di soluzioni strutturali, coraggiose e incisive; azioni chiare, con obiettivi rigorosi e misurabili. Procedere di emergenza in emergenza non è pensabile. Per questo ho parlato di un Piano di azione per il lavoro agricolo che contempli: mappatura dei fabbisogni agricoli; agevolazione dei rientri in Italia e proroghe dei permessi degli immigrati; lotta al caporalato anche attraverso la regolarizzazione; facilitazione delle assunzioni di lavoratori al momento inoccupati; sblocco del “DPCM flussi 2020”, il cui testo, già pronto e condiviso tra le amministrazioni, può garantire la conversione dei contratti stagionali in essere e l’utilizzo delle 18 mila quote di ingressi stagionali riservate ad agricoltura e turismo; Piattaforma di iscrizione dei potenziali lavoratori agricoli da realizzare in tempi molto rapidi. Impedire storture e concorrenza sleale è una priorità. Per questo è fondamentale sia regolarizzare gli extracomunitari che ricevano offerte di lavoro che assicurare la cumulabilità delle prestazioni di sostegno al reddito con rapporti di lavoro per una platea più ampia che può scegliere l’agricoltura”.

Lei ha richiesto il rinnovo automatico dei permessi di soggiorno per coloro che sono già in Italia da oltre il 15 giugno e fino a dicembre almeno. A che punto siamo?

“Ci abbiamo lavorato insieme alla ministra Lamorgese e nel Cura Italia abbiamo già previsto la validità dei permessi di soggiorno per lavoro stagionale fino al 31 dicembre. E che la visita medica dei lavoratori stagionali varrà finalmente un anno, rendendo la vita più semplice a lavoratori e imprese.”

A che punto è invece la trattativa con la Romania che sappiamo offrire un terzo dei braccianti necessari?

“Con l’ambasciatore rumeno Bologan, che ho incontrato nei giorni scorsi, abbiamo avviato un confronto positivo. I corridoi verdi che la Commissione europea ha indicato, anche su nostra pressione, per garantire approvvigionamento dei beni di prima necessità e spostamenti anche dei lavoratori agricoli stagionali, rappresentano un primo risultato importante. Adesso bisogna fare il resto. Oltre ad acquisire la disponibilità dei Governi vanno messe in campo soluzioni mirate. Verificata la disponibilità dei lavoratori, e indicate loro modalità concrete e garanzie certe chiamando in campo anche le associazioni. Come vede accanto al lavoro di composizione sui tavoli nazionali è importante anche quello che portiamo avanti in Europa”.

A proposito di ristori: in che modo e in che tempi saranno concessi agli imprenditori agricoli?

“Lavoreremo perché i tempi siano quanto più rapidi possibili e le procedure semplificate al massimo. Le aziende hanno bisogno di liquidità per fronteggiare le perdite di queste settimane drammatiche e noi dobbiamo fare di tutto per dare risposte immediate. Il settore agricolo è a pieno titolo nel Cura Italia e nel Decreto credito. E così la pesca. Abbiamo stanziato 100 milioni di euro per concedere le garanzie in favore dell’agricoltura e della pesca attraverso ISMEA e istituito un Fondo da 100 milioni per la copertura degli interessi sui finanziamenti bancari e sui mutui contratti dalle imprese, nonché per l’arresto temporaneo dell’attività di pesca, compresa quella delle acque interne. Già in questa settimana potremo condividere un primo testo del decreto attuativo, per dare risposte immediate. Rafforziamo l’accesso al Fondo rotativo per le imprese di Cassa depositi e prestiti per il finanziamento a tasso agevolato degli investimenti realizzati dalle imprese della filiera avicola, esteso il pegno rotativo a tutti i prodotti agroalimentari DOP e IGP. Portiamo al 70 per cento gli anticipi PAC, anticipando notevolmente la data di erogazione con procedure semplificate e senza bisogno di domanda, per oltre 650mila beneficiari e circa un miliardo e mezzo di liquidità a partire da giugno”.

L’innovativa legge sul caporalato, cui lei ha contribuito in modo determinante, sarà avvantaggiata o no dalle condizioni poste dalla emergenza sanitaria?

“Quella legge, di cui sono orgogliosa, sta dimostrando tutta la sua necessità, efficacia, giustezza. Proprio perché fonda un patto tra prevenzione e repressione, e individua nella Rete agricola del lavoro di qualità una risposta alle criticità del settore. Uno strumento che va rafforzato e che nei territori deve divenire uno snodo rilevante. Combattere il caporalato e smantellare gli insediamenti informali resta, e si conferma una volta di più, una priorità assoluta. Il caporalato è mafia. I ghetti vanno smantellati offrendo una alternativa a quelle persone. E va evitato che negli insediamenti esplodano emergenze sanitarie ingovernabili. Regolarizzazione dei lavoratori, rete integrata dei servizi per lavoratori e imprese, alloggi.
È necessario debellare alla radice quelle distorsioni, tra cui sfruttamento, pratiche sleali e caporalato, che oggi ledono la reputazione e l’attrattività di un settore che sta dando tanto.
Nel dicembre scorso avevamo annunciato a Foggia l’avvio in febbraio di una sperimentazione sui flussi per la prima volta in Italia insieme alle associazioni di categoria. Foggia è uno dei tre centri strategici italiani per questo progetto pilota. L’emergenza da coronavirus ci ha costretto a riprogrammare i calendari. Ma non si demorde nel contrasto a questa piaga e intendo tornare in Capitanata non appena sarà possibile”.

La Puglia oltre a dovere affrontare le conseguenze dell’attacco del Coronavirus è ancora alle prese con il batterio che uccide gli ulivi, la xylella. Come state lavorando per conciliare le due emergenze?

“Non arretrando di un millimetro nell’attuazione del Piano di rigenerazione olivicola. Perché anche da questo dipenderà il futuro dell’agricoltura, non solo pugliese. È un impegno che ho assunto fin dai primi giorni del mio insediamento e che intendo mantenere. Il cronoprogramma delle singole azioni è fissato. Le prime risorse saranno quelle destinate ai frantoi (35 milioni), su cui è impegnata Agea, e agli indennizzi a favore degli agricoltori, per un totale di 120milioni. Si insedierà nei prossimi giorni il Comitato di Sorveglianza del Piano che ho nominato proprio con l’obiettivo di garantirne l’attuazione. Inoltre abbiamo prorogato al 18 maggio il bando per il Distretto xylella: 13 milioni a disposizione del territorio per progetti che possono attivarne complessivamente 50”.

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