X

Banche, la chiusura di tanti sportelli rilancia il presidio delle Popolari

Wikimedia Commons Jonathunder

Negli ultimi anni, complice una crisi economica e finanziaria senza precedenti, l’introduzione di normative volte a consolidare gli istituti bancari e, infine, l’evoluzione veloce degli strumenti tecnologici che permettono alla clientela di interagire con la propria banca anche da remoto per una serie di servizi molteplici e complessi, il sistema bancario, non solo in Italia, ma in Europa e nel mondo sta vivendo una fase di profondo cambiamento. Nel 2008 nei paesi dell’Unione Europea operavano quasi 8.525 istituti di credito con quasi 238.000 sportelli. Dopo 10 anni, il numero delle banche è sceso a 6.088 e quello degli sportelli a poco meno di 174.000. Discorso analogo negli Stati Uniti dove nello stesso periodo il numero delle banche commerciali è sceso da poco più di 7.000 a circa 4.700 e quello degli istituti di risparmio da 1.200 a 690.

Anche in Italia si è registrata una tendenza analoga. Se, infatti, nel 2008 le banche presenti erano 799 con 34.146 sportelli a fine 2018 risultavano essere 505 con 25.409 sportelli. Uno scenario questo profondamente diverso da quello di dieci anni prima che ha portato ovunque ad un cambiamento strutturale del sistema bancario e che ha, inevitabilmente, determinato un nuovo modo di sviluppare il rapporto con la propria clientela. In questo senso, come già accennato, le innumerevoli potenzialità offerte dallo sviluppo tecnologico con l’introduzione di “device” sempre più sofisticati che permettono di interagire con la propria banca portando avanti operazioni sempre più complesse in modo più semplice ed immediato ha senz’altro dato un impulso in questo senso. E il percorso non sembra ancora ultimato se si pensa che spesso alle banche viene richiesto, in una situazione che nel caso europeo vede interessi tendenti allo zero o negativi ed esigui margini per gli istituti di credito, di rafforzarsi ulteriormente, migliorando la qualità del credito erogato e contenendo i costi, obiettivo quest’ultimo ottenibile generalmente proprio riducendo il numero delle filiali.

Una tendenza, questa, che alla fine, prefissandosi un miglioramento dell’efficienza delle banche tende, tuttavia, ad allontanare sempre di più la banca da parte di quella che è la propria clientela. Ma tutto ciò rischia di avere un prezzo da pagare oppure no? A questa domanda interessante ha provato a dare una risposta un recente Working Paper della Banca d’Italia “Gli effetti della chiusura degli sportelli sulle relazioni di credito” che prende in considerazione gli anni dal 2010 al 2014. I risultati che emergono indicano che alla chiusura di filiali è associato un aumento della probabilità di interruzione del rapporto con la relativa clientela e un effetto, sia pure debole, sulla riduzione del credito per le imprese di dimensioni più piccole. Inoltre, la chiusura di sportelli bancari registrata negli ultimi anni in queste proporzioni decisamente ampie, determina, inevitabilmente, cambiamenti significativi nella struttura bancaria locale, riducendo, ad esempio, il grado di concorrenza e questo già si ripercuote sul livello di accessibilità al credito da parte delle piccole imprese, un fenomeno che già è stato portato alla luce per quanto riguarda il mercato statunitense. Considerando che in dieci anni il numero dei comuni bancari, ossia che hanno almeno uno sportello bancario, è sceso da 5.922 a 5.371 (551 comuni in meno, quasi il 10 per cento del totale), si comprende ancora di più come questa assenza rischi di avere profonde conseguenze sullo sviluppo economico di queste aree e come non possa esistere alcuna evoluzione tecnologica in grado di ovviare a tale mancanza.

La probabilità di interruzione di un rapporto creditizio per effetto della chiusura di una dipendenza, secondo lo studio, risulta poi maggiore al crescere della distanza dagli altri sportelli della stessa banca. Le politiche di consolidamento del sistema sviluppate negli anni hanno portato all’affermazione di modelli bancari di grandi dimensioni che hanno visto scomparire realtà locali che godevano di visibilità, anche se già appartenenti a gruppi bancari ma comunque con un marchio ancora distinguibile, e aumentato la distanza dei centri decisionali dal resto della rete, centralizzando le procedure per ottimizzare i costi ma con ripercussioni sul credito e sulla capacità di classificare la clientela attraverso un contatto diretto e non tramite un algoritmo.

Proprio per questo, le Banche Popolari, così come le altre banche del territorio che fondano la loro esperienza e la loro attività sulla conoscenza delle realtà produttive in cui operano, sono chiamate, soprattutto, oggi a svolgere un ruolo ancora più impegnativo nel vuoto creato da un’evoluzione bancaria che ha portato a privilegiare un modello di banca spersonalizzata. Infatti, gran parte delle Banche Popolari ha razionalizzato il numero delle dipendenze in questi anni reputando il presidio territoriale un elemento imprescindibile dell’attività bancaria, specie per una banca a vocazione localistica dedita a finanziare famiglie e piccole e medie imprese. Una politica naturale data la loro storia, visto che in questi anni il numero dei clienti è salito di circa un milione superando i 6 milioni complessivi e che si è accompagnata anche ad investimenti importanti per promuovere e sviluppare il canale digitale, con il 53 per cento della clientela che utilizza i servizi di home e corporate banking, un dato che negli ultimi dieci anni è raddoppiato.

Ripensare il modello di banca finora promosso a livello globale risulta, pertanto, necessario se si vuole davvero ricreare quell’habitat che permetta una crescita sostenibile dell’economia reale, possibile solo partendo da una conoscenza approfondita delle singole realtà e coinvolgendo un numero ampio di imprese anche di dimensioni piccole in modo da favorire quel processo di inclusione, diffusione e condivisione del capitale che è stato alla base dello sviluppo sociale ed economico dei paesi industrialmente più avanzati e che, invece, rischia di essere minacciato da un ridimensionamento del livello di concorrenza nei mercati e dalla riduzione di quella biodiversità solo auspicata e mai realmente difesa.

°°°°L’autore è il Segretario Generale dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

Related Post
Categories: Finanza e Mercati