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Articolo 18: arriva la prima sentenza e il giudice decide per l’indennizzo

La riforma dell’articolo 18 inizia a dare i primi frutti. Secondo quanto pubblica Il Sole 24 Ore di domenica 6 gennaio, è stata per la prima volta applicata dal Tribunale di Milano la nuova normativa in merito ai licenziamenti illegittimi.

Nella fattispecie, il dipendente aveva impugnato il licenziamento chiedendo la riassunzione in azienda. L’azienda aveva in precedenza risolto il rapporto di lavoro dopo aver perso l’appalto presso cui il dipendente era occupato.

Quest’ultimo ricorreva al tribunale e il giudice riconosceva l’illegittimità del licenziamento, dal momento che il datore di lavoro non aveva dimostrato l’impossibilità di riassumere il dipendente in azienda, assegnandogli un altro incarico.

A questo punto, il giudice decideva per la sola corresponsione di un indennizzo pari a venti mensilità (dopo la riforma Fornero la legge prevede una forbice tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità come forma di indennizzo), e il lavoratore non veniva riassunto in azienda.

Secondo la vecchia formulazione dell’articolo 18, il dipendente sarebbe stato reintegrato e il datore avrebbe dovuto “trovargli” un altro incarico.

Il comportamento dell’azienda non era però stato particolarmente meritevole: il dipendente si era infatti rifiutato di firmare una lettera di dimissioni “in bianco”, e sosteneva che il licenziamento era diretta conseguenza (e quindi ritorsione discriminatoria) del suo rifiuto.

Il giudice riconosceva l’illecito ma non essendo quest’ultimo l’unico “movente” del licenziamento, dunque sussistendo la motivazione della perdita dell’appalto, decideva per la liquidazione dell’indennità ma confermava l’esecutività della cessazione del rapporto.

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