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Ape volontaria: il decreto slitta a fine settembre

L’Ape volontaria slitta ancora. La versione dell’anticipo pensionistico che peserà per intero sulle tasche dei contribuenti – a differenza dell’Ape social, a carico dello Stato – doveva partire lo scorso maggio e a fine luglio il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, aveva assicurato che sarebbe stata pronta e “utilizzabile” per “i primi giorni di settembre”. Ma i ritardi continuano ad accumularsi.

Il decreto che dà il via all’Ape volontaria, passato lo scorso luglio al vaglio del Consiglio di Stato, è ancora sulle scrivanie dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi. Dovrebbe essere licenziato in via definitiva dal Consiglio dei ministri alla fine del mese prossimo, poi saranno necessari altri passaggi tecnici: la registrazione del presso la Corte dei Conti, l’approdo in Gazzetta Ufficiale e soprattutto la pubblicazione delle convenzioni con banche e assicurazioni. Tutto considerato, è probabile che la misura sarà operativa soltanto a ottobre inoltrato, proprio quando la discussione sulla nuova legge di bilancio sarà nella fase più calda.

Il ritardo di sei mesi sarà compensato dal punto di vista finanziario, perché il diritto sarà riconosciuto a partire dallo scorso primo maggio e l’Inps pagherà gli arretrati. Intanto, però, con il passare del tempo l’Ape volontaria sta cambiando sotto vari aspetti.

IL TASSO D’INTERESSE RISCHIA DI SALIRE

Rispetto alle condizioni illustrate un anno fa dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini – scrive Repubblica – il tasso d’interesse rischia di salire dal 2,5 al 3,5 percento. La decisione finale non è ancora stata presa, le condizioni di mercato stanno cambiando e chi accederà all’Ape volontaria potrebbe pagare un costo diverso a seconda del momento in cui invierà la domanda.

LA NOVITÀ DELLA “CLAUSOLA DI ALLUNGAMENTO”

Un’altra novità contenuta nel decreto riguarda la cosiddetta “clausola di allungamento”. La legge prevede che nel 2019 l’età pensionabile venga adeguata alla speranza di vita e il requisito anagrafico per il trattamento di vecchiaia dovrebbe salire a 67 anni. In Parlamento si discute della possibilità di disinnescare questo meccanismo, ma l’intervento sarebbe costoso e metterebbe a rischio la tenuta del sistema previdenziale nel lungo termine. Se alla fine nulla cambierà e fra due anni l’età per la pensione salirà davvero, l’Ape volontaria si adeguerà a sua volta: il prestito si dilaterà, mentre l’onere e la rata di ammortamento saranno rideterminati in modo da coprire i mesi in più che separano il pensionando dal diritto all’assegno di previdenza.

APE VOLONTARIA: COME FUNZIONA

L’Ape volontaria, infatti, consente di ricevere un assegno mensile dal giorno in cui si smette di lavorare al momento in cui si ha diritto alla pensione di vecchiaia. La durata è compresa fra un minimo di 6 mesi e un massimo di 3 anni e 7 mesi. Queste somme non contribuiscono a formare il reddito su cui si paga l’Irpef e vengono erogate in 12 mensilità dall’Inps, ma arrivano da un prestito bancario assicurato che dovrà essere restituito nei primi vent’anni di pensionamento effettivo.

Oltre agli interessi bancari sarà obbligatorio pagare anche il premio di una polizza assicurativa per tutelare la banca e gli eredi dal rischio che il sottoscrittore muoia prima di aver saldato il debito. Alla luce di questi costi, l’Ape volontaria prevede anche un quarto requisito: la futura pensione, al netto della rata di restituzione del prestito, non deve essere inferiore a 702 euro al mese, cioè 1,4 volte il trattamento minimo Inps.

A ben vedere, quindi, l’Ape volontaria non è una vera pensione anticipata, perché non prevede alcuna riduzione dei requisiti pensionistici. Si tratta piuttosto di un anticipo finanziario il cui costo – tutt’altro che basso – viene solo in parte compensato da una detrazione fiscale del 50% sulla quota interessi e premio.

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