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Van Gogh, un film firmato da Julian Schnabel

Il cinema è già di per sè una espressione artistica complessa. Lo è ancora di più quando si occupa di altre arti. Se aggiungiamo poi che il regista è noto più per la sua produzione pittorica che non per le opere sul grande schermo, la riflessione diviene ancora più complicata. È questo il caso di Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità, il film di questa settimana appena uscito nelle sale, firmato da Julian Schnabel, premiato con la Coppa Volpi alla recente Mostra del cinema di Venezia. 

Per quanto premesso cercheremo, per quanto possibile, di attenerci al solo prodotto cinematografico cercando di non farci influenzare dal suo contenuto, dal suo soggetto. Iniziamo dal regista. Schnabel ha al suo attivo titoli che hanno avuto importanti riconoscimenti internazionali: esordisce con Basquiat nel 1996, per arrivare alla palma d’oro a Cannes con Lo scafando e la farfalla. Si tratta di un autore destinato ad un pubblico colto, un regista attento al mondo delle arti figurative, sempre alla ricerca di nuovi linguaggi e forme espressive originali. Proprio con questo film sulla vita del grande pittore olandese, propone un suo modo di usare la telecamera a mano, in soggettiva, che non è proprio del tutto nuovo per quanto cerca di proporre uno spessore più marcato ai personaggi inquadrati. Non può e non dovrebbe essere solo questa la cifra stilistica di un film che affronta un gigante dell’arte. Per quello che abbiamo visto, ci appare una scelta non del tutto giustificata: appare più una sofisticatezza estetizzante che non un arricchimento alle sequenze. Per tutto il resto, compresi incomprensibili stacchi al nero, sembra quasi un voler concorrere, essere in competizione, con van Gogh nella proposizione di immagini suggestive. Eppure, la materia, gli spunti per affrontare la vita del pittore olandese ce ne sono a sufficienza. 

Schnabel sembra volersi proporre anzitutto come un artista più che un regista, un figurativo, e pone molta attenzione alla qualità delle inquadrature, al tono cromatico, all’equilibrio degli spazi. Tutto è possibile, compresa la cosiddetta “contaminazione” ma sono mestieri diversi che non sempre riesce bene mescolarli tra loro. Da questo punto di vista il film è interessante, non avvincente. Non riesce a dare la sensazione di un approccio stimolante, in grado di sollecitare anche ad uno spettatore poco esperto il piacere di entrare nel mondo difficile, complicato, di un grande protagonista della pittura moderna. La sceneggiatura spesso è lenta e faticosa da seguire.   

Il genere “biopic” negli ultimi tempi sta dando ottimi risultati in termini di pubblico nelle sale, anche grazie alla felice esperienza dei “film evento”: vedi il recente Caravaggio come pure quello su Monet. Da questo punto di vista, ben vengano prodotti come questo Van Gogh che comunque portano e avvicinano spettatori al mondo dell’arte. Sostenere questo indirizzo richiede però uno sforzo ideativo e narrativo più attento e rispettoso di chi frequenta le sale cinematografiche e non solo le gallerie.

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Categories: Arte
Tags: Cinema