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Usa-Cina: accordo a sorpresa sul clima alla Cop26

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La Cop26 di Glasgow, che sembrava destinata al fallimento, si chiude con un colpo di scena: Stati Uniti e Cina annunciano di voler mettere da parte le tensioni da guerra fredda per collaborare sul fronte del clima. Lo hanno confermato mercoledì sera prima l’inviato speciale cinese per il clima, Xie Zenhua, poi quello americano, John Kerry, che ha citato come termine di paragone il disgelo fra Reagan e Gorbaciov a Reykjavik nel 1986. La prossima settimana il presidente americano Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping si vedranno in videoconferenza.

Xie Zenhua ha annunciato anche che entro giugno 2022 si terrà un primo incontro sul clima fra un gruppo di lavoro cinese e uno statunitense: “La cooperazione è l’unica scelta possibile – ha detto – Vogliamo continuare a lavorare con gli Stati Uniti per affrontare un’emergenza che mette a rischio la nostra stessa esistenza”.

Kerry ha aggiunto che “Pechino si è impegnata a presentare nella prossima Cop27 in Egitto un piano per ridurre le emissioni di metano, gas serra 80 volte più potente della CO2”. Le differenze fra Usa e Cina “ci sono e rimarranno – ha continuato – Ma sul clima, ce lo dice la scienza, dobbiamo agire insieme e nella stessa direzione”.

I termini dell’intesa – sintetizzati in un documento di tre pagine – non sono ancora chiari, ma potrebbe trattarsi di una svolta nella lotta ai cambiamenti climatici, considerato che Usa e Cina, oltre a essere le due principali economie del mondo, sono anche i Paesi che più di ogni altro inquinano il pianeta.

Che Washington e Pechino stessero collaborando si era capito fin dalla mattina di mercoledì, quando era circolata la prima bozza dell’accordo Cop26, che sembrava scritta apposta per accogliere le richieste di Pechino, a cominciare dalla Carbon neutrality da raggiungere intorno a metà secolo e non tassativamente nel 2050. È prevista comunque una tappa intermedia, ossia l’impegno a tagliare le emissioni di CO2 del 45% entro il 2030. In arrivo anche un fondo da 100 miliardi di dollari per aiutare i Paesi in via di sviluppo a partire dal 2023.

Proprio quella bozza è stata criticata con durezza dagli ambientalisti, che la giudicano gravemente insufficiente. Anche per questo Greta Thunberg e altri 13 attivisti hanno chiesto all’Onu di dichiarare l’emergenza mondiale per la questione climatica, così come è stato fatto per la pandemia.

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