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Unicredit, l’aumento di capitale s’ha da fare: il gruppo inserito in lista di banche sistemiche

È Unicredit l’unica banca italiana della lista del Financial stability board che individua le banche sistemiche a cui saranno richiesti requisiti di capitale più stringenti. E l’effetto sui mercati è immediato: il titolo accelera al ribasso e dopo essere stato sospeso, cede ora il 7,28%.

Le quotazioni scendono fino a un minimo intraday do 0,7635 (il minimo a un anno è di 0,636 ed è stato toccato lo scorso 23 settembre). E così ora non c’è più nessun alibi per indugiare sulla stesura nero su bianco di un aumento di capitale che i mercati ormai si attendono da tempo: Unicredit è infatti una delle poche banche che non ha partecipato all’ultima tornata di ricapitalizzazioni del settore dei mesi passati.

Già, lo sforzo nella ricerca di risorse fresche ha impegnato Piazza Cordusio per ben due occasioni nell’arco di pochi anni e la prospettiva di tornare a chiedere soldi ai soci non fa felici i vertici della banca (che nel frattempo hanno dato una lauta liquidazione all’ex ad Alessandro Profumo e incassato in cambio una tegola da 245 milioni di euro per l’operazione Brontos). Ecco perché recentemente i vertici di UniCredit sono stati in Asia e negli Stati del Golfo per raccogliere l’interesse di investitori istituzionali stranieri tra cui i papabili potrebbero essere i fondi sovrani del Qatar e della Cina dopo che nel salotto di Piazza Cordusio hanno già fatto il loro ingresso i libici della Lia (quota al momento congelata per le vicende legate alla rivoluzione nel Paese) e il fondo Aabar di Abu Dhabi.

Ecco perché fino a qualche tempo fa il successore di Profumo, Federico Ghizzoni, emerso dalle file del top management di Unicredit, ha sempre frenato sulla prospettiva e i dettagli dell’aumento di capitale ribadendo che la decisione sarebbe stata presa entro il 2011. L’apertura del manager all’aumento è arrivata infine a settembre : “I soci saranno pronti a sostenerlo”, ha detto. Ma l’istituto ha tenuto duro fino a oggi, ribadendo che una decisione sull’opportunità dell’aumento, di tagliare i dividendi o di cedere attività poteva essere presa solo dopo la pubblicazione della lista del Fsb per fare i necessari calcoli.

Ma ora i giochi sono fatti: Unicredit è considerata banca di rilevanza sistemica e deve mettere altro fieno in cascina mentre l’Eba ha già sentenziato che il fabbisogno di capitale della banca è di circa 7 miliardi, ben la metà dell’intero ammontare imputabile alle cinque maggiori banche italiane nei calcoli dell’autorità europea (l’Eba ha insertito nelle sue valutazioni anche la valutazione dei titoli di Stato a valore di mercato che non sono stati valutati dal Fsb perché le attuali regole contabili non lo prevedono). Il meccanismo fissato per le banche sistemiche dal Fsb prevede capitale aggiuntivo rispetto alle regole già stringenti di Basilea3 fra l’1 e il 2,5% a seconda della rilevanza sistemica dell’istituto, stabilita in base a cinque parametri e che dovrà essere formato da capitale di qualità (common equity).

Secondo le stime degli analisti il capitale di cui ha bisogno Unicredit è tra i 4 e i 7 miliardi di euro. Molto dipenderà da come verranno valutati i cashes, gli strumenti finanziari dalla ricca cedola usati per la ricapitalizzazione del 2009 (e che ai tempi non furono stati sottoscritti dalla Fondazione Cariverona). Se infatti venissero conteggiati nel computo del capitale Tier 1 allora il conto per la banca potrebbe scendere attorno ai 4 miliardi. Su questo fronte dovrà dire la sua la Banca d’Italia mentre per il 14 novembre è fissato il cda dell’istituto che ha all’ordine del giorno i conti trimestrali ma che sarà l’occasione per fare il punto sul piano industriale (atteso a novembre ) e sull’aumento di capitale. Per quanto solo ieri Ghizzoni ribadiva ancora che l’aumento di capitale non sarà in agenda.

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