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Ungheria: crollano gli impieghi a favore di famiglie e imprese

Come indicato del focus di Intesa Sanpaolo, a causa del protrarsi della congiuntura negativa in Europa prosegue in Ungheria la caduta degli impieghi al settore privato (-15% lo scorso novembre), per quanto riguarda sia le famiglie (-17,3%) che le imprese (-12,4%). Il PIL reale è stato stimato in flessione anche nel corso del 2012 (-1,5), mentre la debole domanda di credito è attesa incidere anche sull’evoluzione nel 2013 con gli impieghi stimati ancora in flessione (-3,2%). In questo contesto, la componente in valuta estera delle famiglie (prevalentemente poste in euro e franchi svizzeri) presenta un calo del -30%. Per contro, gli impieghi in fiorini nelle famiglie sono cresciuti a tassi superiori al 9% a novembre 2012.

E se da un lato l’andamento del credito alle famiglie riflette gli effetti della difficile situazione congiunturale con una disoccupazione salita all’11%, dall’altro il credito alle imprese risente pienamente della recessione economica in atto. Per di più, se i dati aggiornati a novembre 2012 hanno evidenziato un calo nominale del 15%, ciò diviene, al netto dell’effetto cambio (-10% circa verso l’euro), pari al -9,6%, con una quota di impieghi in valuta scesa a novembre attorno al 54% sul valore nominale in fiorini degli impieghi al settore privato (era del 63% a fine 2011). Se si considera infine il tasso di inflazione del 6%, il calo effettivo reale degli impieghi al netto dell’effetto cambio al novembre 2012 è stato pari a -15,4%. In questo contesto, il rallentamento degli impieghi viene imputato da organismi di ricerca internazionali soprattutto alla debolezza della domanda interna e solo in parte al graduale processo di deleveraging in capo ai maggiori gruppi bancari europei, che nel Paese svolgono un ruolo assolutamente prevalente, con una quota di mercato del 90% (definita sul capitale), in aumento negli ultimi anni.

Le esposizioni bancarie totali mostrano una significativa flessione a settembre 2012 pari a -8,4% tendenziale (in recupero però rispetto a giugno 2012, -28%), che rientra in un trend di riduzione delle esposizioni totali a partire dal marzo 2009, con qualche modesta e temporanea ripresa come nel giugno 2011 (+4,8%). Con riferimento ai principali settori, le esposizioni creditizie dei principali gruppi internazionali mostrano tassi di variazione annuali ancora molto negativi verso le banche (-27% a settembre da -32% a giugno) con variazioni negative fin da dicembre 2008, nonché verso il settore pubblico anche se di entità inferiore (-14,5% a settembre da -23,4% nel giugno scorso), e verso il settore privato (-18% a settembre da -28% a giugno).

L’esposizione delle banche austriache risulta la più consistente, superiore al 30% dell’esposizione complessiva delle banche europee e in leggera diminuzione rispetto al 2011, seguita dalle banche italiane, che coprono quasi il 24% dell’esposizione totale delle banche europee, in crescita rispetto a fine 2011. Il rallentamento degli impieghi è stato accompagnato da un rallentamento dei depositi, che da settembre a novembre hanno mostrato segno negativo (-1,2%), soprattutto nel settore famiglie (-1,5%) che copre oltre il 60% dei depositi. Lo scorso novembre anche i depositi delle imprese sono risultati in calo (-0,6%), mentre il protrarsi della recessione economica, con un’elevata disoccupazione e la debolezza dei redditi reali, supporta una previsione ancora negativa nel 2013 (-1%).

Nel corso della seconda parte del 2012 i tassi di interesse hanno seguito un trend in diminuzione, in linea con il tasso ufficiale della Banca Centrale, ridotto per da 7% di luglio a 6,75% in agosto e poi gradualmente fino a 5,75% a dicembre, per attestarsi a 5,5% a gennaio. I tassi bancari sono passati da un valore medio nel 2011 pari a 8,3% e 5,5% rispettivamente per impieghi e depositi e uno spread di 2,8pp, a 9,1% e 6,3% attesi nel 2012 con uno spread ancora di 2,8pp. Una debole qualità del portafoglio e un’elevata imposizione fiscale incidono sensibilmente sui risultati delle banche da vari esercizi, con effetti negativi sul capitale. Nelle imprese il deterioramento della qualità del portafoglio è da imputare alle difficoltà generate dalla crisi che il settore sta affrontando, mentre nelle famiglie esso è legato in parte anche alle maggiori sofferenze e ai write-off dovuti al provvedimento di rimborso dei mutui in valuta estera. S&P stima a fine 2012 sofferenze pari al 18% nel settore famiglie, e del 23% per le imprese. Tale andamento inciderà notevolmente sui risultati economici del settore bancario locale, attesi negativi per il terzo anno consecutivo, tenendo conto della necessità di effettuare nuovi significativi accantonamenti. Senza dimenticare che il grado di copertura in Ungheria è basso (attorno al 50%), specialmente rispetto agli altri paesi dell’Europa Centro-Orientale.

Infine, va considerato che la concentrazione dell’attività bancaria è alquanto elevata: il 54% dei profitti è stato ottenuto dalle 3 banche più redditizie, a 3 banche fanno capo 3/4 delle perdite, mentre la maggioranza delle banche registra un risultato attorno allo 0. Un ulteriore prova della vulnerabilità del sistema bancario ungherese.

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