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Trump: “Dollaro troppo forte”. Borse, banche e spread in tensione

“Credo che il dollaro sia troppo forte. Un po’ è colpa mia, perché è l’effetto della fiducia che la gente ha in me”. Parole di Donald Trump in un’intervista al Wall Street Journal. Non è la sola novità del Trump pensiero. Il presidente ha anche espresso il suo apprezzamento per Janet Yellen, che non è per niente finita. “Deciderò se confermarla o meno” a febbraio, alla scadenza del mandato. Intanto, Trump fa sapere alla Fed che a lui “piacciono i tassi bassi”. Insomma, il Presidente cambia tono anche in politica economica come già è successo per la politica estera. Il segretario di Stato Rex Tillerson ha avuto ieri a Mosca un incontro molto aspro con Vladimir Putin sulla Siria. E sulla Corea dl Nord, ha twittato lo stesso Trump, “mi ha chiamato il presidente Xi Jingping con cui ho avuto una conversazione molto buona sulla minaccia coreana”. Va aggiornata dunque la lista di amici e nemici.

ABE TEME IL LANCIO DI GAS DALLA COREA, BOOM DELL’EXPORT CINESE

L’eco dei commenti di Trump si è fatta sentire in Asia, bilanciando le tensioni per la crisi coreana. Una parte delle Borse è chiusa per festività. Pyongyang ha fatto sapere che “bisogna attendersi qualcosa di grosso per stanotte”. Il premier giapponese Shinzo Abe ha detto che i missili coreani potrebbero essere caricati con il Sarin.

Scende il dollaro (-0,55%) dopo le parole di Trump. In calo anche la Borsa di Tokyo (-1,1%) sotto la pressione dello yen. Il costo dei Cds sulla Corea del Sud sale ai massimi da 10 mesi ma la Borsa di Seul tiene dopo la decisione della Banca centrale di mantenere i tassi invariati. In lieve rialzo i listini cinesi. A marzo le importazioni sono salite del 20,3%, sopra le stime. Le esportazioni sono rimbalzate a +16,4%, dal -1% di febbraio. Sale lo yuan (+0,2%) dopo che le parole di Trump hanno allontanato il rischio di una guerra valutaria.

WALL STREET, FINISCE LA LUNA DI MIELE CON IL PRESIDENTE

L’incertezza ha prevalso anche a Wall Street: il Dow Jones ha chiuso in ribasso dello 0,3%, S&P 500 (-0,38%). Il Nasdaq, infine, ha chiuso in ribasso dello 0,52%. Gli indici sono scesi sotto la media degli ultimi 50 giorni, un segnale di perdita di spinta che non si vedeva da novembre.

Wall Street stenta a trovare una chiave di lettura delle tante svolte del presidente, che si accinge a celebrare i 100 giorni alla Casa Bianca. Non mancano i segnali della fine della luna di miele tra i mercati e Donald Trump. Il rendimento del Treasury Bill a 10 anni è al 2,22%, sui livelli di partenza del rally delle elezioni di novembre. Anche l’andamento del prezzo dell’oro, salito ieri dello 0,9% a 1.286 dollari l’oncia, mostra che la propensione al rischio sta calando rapidamente.

In compenso sale il principale indicatore della volatilità, il Vix, alla quarta seduta di forte rialzo: +5,8%. Il comparto finanziario ha perso lo 0,9% alla vigilia dei conti di JP Morgan e di Citigroup. Perde colpi anche Wells Fargo dopo che Warren Buffet ha annunciato di aver venduto buona parte delle azioni nella banca con l’obiettivo di scendere sotto il 10%.

PAUSA PER IL PETROLIO. TENARIS SALE, POI FRENA

Dopo un po’ di saliscendi, in serata il petrolio arretra dello 0,3%, con il Brent a 55,9 dollari. Wti a 53,1. È il primo calo dopo sette sedute al rialzo. La EIA ha comunicato che le scorte settimanali sono diminuite di 2,17 milioni di barili, un dato superiore alle stime.

Fra i titoli petroliferi italiani, Eni chiude invariata alla vigilia dell’assemblea di bilancio. Tenaris perde l’1,9% nonostante la promozione di Mediobanca che ha alzato il giudizio a Outperform. In mattinata il titolo del gruppo Rocca era schizzato al rialzo dopo che il dipartimento del commercio Usa ha incrementato i dazi anti-dumping nei confronti dei produttori di tubi per il settore energetico della Corea del Sud. Saipem – 0,9%. Da segnalare anche il calo di Maire Tecnimont (-3%) dopo il taglio a ‘hold’ da ‘buy’ da parte di Kepler Cheuvreux.

MILANO ANCORA IN ROSSO, LO SPREAD AI LIVELLI DI TRE ANNI FA

Terza seduta consecutiva in rosso per Piazza Affari. L’indice Ftse Mib -0,5% si mantiene d’un soffio sopra quota 20 mila (20.004, per l’esattezza): è stata la performance peggior tra i mercati europei. Gli altri mercati, dopo un tentativo di rimbalzo nel corso della mattinata, hanno chiuso poco mossi o in parità come Parigi. Francoforte ha guadagnato lo 0,1% e Londra ha perso lo 0,2%.

Sempre movimentato il mercato del debito. Lo spread Btp/Bund ha chiuso a 208 pb dopo essere salito in mattinata fino a 212, nuovo massimo da metà febbraio 2014. Il tasso decennale chiude al 2,29% dopo un picco al 2,33%.

A poco più di una settimana dal primo turno delle presidenziali francesi, lo spread Francia/Germania ha chiuso a 72 pb, sotto il picco in area 80 di inizio settimana e sotto il massimo di circa 85 pb di febbraio.

PIOGGIA DI OFFERTE IN EUROPA PRIMA DEL VOTO FRANCESE

L’attenzione degli investitori si è focalizzata sul fitto calendario di aste: la Germania ha collocato 2,435 miliardi di euro di Bund decennali con un rendimento allo 0,21%, in netto calo rispetto allo 0,41% del 22 marzo scorso.

Il Portogallo ha emesso 1,25 miliardi di euro da 5 e a 8 anni e al 2025 con rendimenti rispettivamente al 2,174% (da 2,753%) e al 3,303% (da 2,859%).

L’Irlanda ha collocato 1,25 miliardi di euro di Gilt al 2023 e al 2026, con rendimenti in calo rispettivamente allo 0,202% e allo 0,936%, in calo dall’1,046% del 9 marzo scorso.

IL TESORO RACCOGLIE 10 MILIARDI. A MAGGIO IL BTP ITALIA

Ma i riflettori sono rimasti accesi soprattutto sull’offerta di carta italiana. Il Tesoro ha assegnato 4,5 miliardi del nuovo Btp triennale giugno 2020 cedola 0,35%, insieme alle riaperture dei benchmark a 7 e 20 anni e dell’off-the-run marzo 2030. I rendimenti sono saliti per il 3 e il 20 anni, rispettivamente ai massimi luglio 2015 e da aprile 2016, mentre è sceso il rendimento del 7 anni.

Sabato 22 aprile scadono Btp Italia per 17 miliardi, ma la prima emissione del 2017 verrà lanciato solo a maggio, dopo le festività.

DEBOLI LE BANCHE. DIECI MILIARDI PER LE BANCHE A RISCHIO

Secondo quanto previsto dal governo, ammonta a 10 miliardi di euro la somma che l’esecutivo ha in programma di impiegare per la ricapitalizzazione delle banche in crisi. Non si tratta di nuove risorse ma di una quota, circa la metà, di quanto accantonato con il decreto salva-risparmio approvato a fine dicembre e convertito in legge a metà febbraio.

La notizia non ha impedito il nuovo calo del comparto del credito, più pesante in Italia rispetto al resto del Vecchio Continente che pure non brilla (Stoxx europeo del settore -0,5%, in Italia -1,5%). Unicredit è scesa del 2,2%, Intesa -0,9%, Banco Bpm-3,1%, Mediobanca -2,6%. Voce fuori dal coro nel comparto bancario è stata Fineco Bank, in rialzo dell’1,6% a 6,46 euro. 

Poste italiane-1%. Sembra allontanarsi l’uscita dello Stato dal capitale. Il governo ha cambiato programma sulle privatizzazioni. Per il periodo 2017-2020 il Def calcola incassi pari allo 0,3% del Pil l’anno, pari a circa 5 miliardi. In calo rispetto allo 0,5% (8,5 miliardi) stimato nel Documento di Economia e Finanza dello scorso anno. Il Tesoro dovrebbe trasferire la sua quota alla Cassa Depositi e Prestiti. Sembra che i termini dei rapporti commerciali tra Cdp e Poste saranno rivisti. 
 
MPS: IN VISTA PIÙ TAGLI, NIENTE DELISTING

A Siena, intanto, si è tenuta l’assemblea ordinaria del Monte Paschi, mentre è saltata la straordinaria per l’assenza del quorum. Non è stato perciò presto alcun provvedimento sulla perdita 2016 di 3,2 miliardi. “Il nuovo piano sarà radicalmente diverso da quello di novembre”, ha anticipato l’ad Marco Morelli. La banca ha chiesto di coprire lo shortfall da 8,8 miliardi indicato da Bce con un aiuto di Stato e sta per questo negoziando con la Ue un piano di ristrutturazione che definirà gli impegni che la banca prende per poter avere soldi pubblici.

Lo Stato potrebbe alla fine coprire oltre 6 miliardi di quello shortfall e diventare di gran lunga il primo azionista con circa il 70% del capitale. I tagli al personale saranno sensibilmente più alti dei 2.600 esuberi già previsti. Non esistono ipotesi di delisting del titolo da Piazza Affari, ha assicurato Morelli.

PRADA SCHIACCIA IL LUSSO: MONCLER -2,3%

Giornata difficile per il lusso sotto pressione dopo l’annuncio dei conti di Prada stamane -1,4% alla Borsa di Hong Kong. L’utile netto è in calo del 15,9% a 278,3 milioni, l’Ebitda scende del 18,6% a 653,4 milioni. Ma la posizione finanziaria netta è virata in positivo per 18,4 milioni da un indebitamento finanziario netto di 114,8 milioni un anno prima. Prada distribuirà un dividendo in crescita a 0,12 euro per azione dagli 0,11 euro distribuiti l’anno scorso. 

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Debole Ferragamo (-1,17%) molto presente come Prada sui mercati dell’Asia, che rappresentano la sua principale area geografica, dove ha realizzato nel 2016 il 36% dei ricavi complessivi, che sono ammontati a 1,438 miliardi di euro (+1% sul 2015). Arretra anche Moncler (-2,3%). Luxottica +1,27%
 
LA JUVENTUS (+5%) VOLA OLTRE I 500 MILIONI

Brilla la stella della Juventus: +5,70% dopo la vittoria sul Barcellona. Alla vigilia dell’uscita dal Milan di Silvio Berlusconi, il club bianconero ha superato la soglia del mezzo miliardo di capitalizzazione, a quota 503 milioni. Il titolo da inizio anno guadagna il 66%. Il rapporto P/E stimato 2017 è di 10,7. 

Poco mosse in Europa le società dell’automotive, nonostante i brillanti conti di Daimler (+0,2%): l’utile operativo è raddoppiato a 4 miliardi di euro. Fiat Chrysler arretra dello 0,2%. Bene invece Cnh Industrial (+1%), che reagisce agli ultimi dati sul mercato statunitense dei macchinari per l’agricoltura. 

Positiva Piaggio (+1,6%). Roberto Colaninno ha osservato che nei primi tre mesi dell’anno “si è registrata una crescita del fatturato e dell’Ebitda”, mentre il debito “è in calo”.

Categories: Finanza e Mercati