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Toyota sconta l’effetto Trump: sotto il peso dei dazi previsto crollo dell’utile (-35%) nel 2025-2026

Foto di Erik Mclean on Unsplash

Toyota, il primo costruttore automobilistico al mondo per volumi, è il simbolo più evidente della tempesta che si sta abbattendo sull’industria dell’auto sia giapponese che globale. L’introduzione dei nuovi dazi statunitensi – 25% su auto e componenti prodotti fuori dagli Usa – sta già lasciando segni concreti: 180 miliardi di yen, circa 1,1 miliardi di euro, di mancato utile operativo solo tra aprile e maggio.

Non si tratta di un’eccezione, ma del primo impatto concreto delle misure volute dalla nuova amministrazione Trump. La politica commerciale dei dazi minaccia direttamente così una filiera storicamente legata al mercato nordamericano, che per Toyota rappresenta circa il 20% delle vendite globali. Il gruppo giapponese, come tutto il settore, si trova così costretto a ricalibrare strategia e margini in un contesto radicalmente mutato.

Risultati record, ma le previsioni virano in rosso

L’anno fiscale chiuso a marzo 2025 si è concluso con numeri apparentemente solidi per Toyota: vendite a livelli record, pari a 48 trilioni di yen, in crescita del 6,5% rispetto all’esercizio precedente. Ma sotto la superficie, le difficoltà cominciano ad affiorare.

L’utile netto è sceso del 3,6%, a 4.765 miliardi di yen, mentre l’utile operativo ha subito una contrazione ben più marcata: -10,4%, pari a oltre mezzo trilione in meno. Il dato più allarmante arriva dal quarto trimestre, dove il profitto netto si è ridotto a 664,6 miliardi di yen, contro i quasi mille dell’anno precedente.

Anche le vendite di veicoli mostrano segni di cedimento: 9.362.000 unità vendute nel complesso tra Giappone ed estero, in calo di 80mila unità, pari allo 0,9% su base annua.

Ma è sulle proiezioni per il nuovo esercizio, in chiusura a marzo 2026, che si concentrano le preoccupazioni maggiori. Il fatturato atteso dovrebbe salire leggermente a 48.500 miliardi di yen (+1,0%), ma l’utile operativo è stimato in netto calo (-20,8%), fermandosi a 3.800 miliardi. Ancora più forte la frenata dell’utile netto, previsto a 3.100 miliardi di yen, quasi il 35% in meno rispetto all’anno appena chiuso.

Un ridimensionamento che spiega la prudenza mostrata sul mercato statunitense, dove Toyota – almeno per ora – ha scelto di non ritoccare i listini, preferendo testare la tenuta della domanda prima di eventuali contromosse.

Lo scandalo sulle certificazioni

Come se non bastasse, il gruppo poi si trova ad affrontare anche una crisi interna. Nei mesi scorsi Toyota ha ammesso manomissioni nei test di sicurezza, tra cui l’utilizzo di dati errati nei crash test e controlli incompleti su airbag e motori.

Le irregolarità, che non avrebbero comunque compromesso la sicurezza dei veicoli già venduti, hanno rappresentato un duro colpo d’immagine. Akio Toyoda, presidente del gruppo e nipote del fondatore, si è scusato pubblicamente. L’azienda ha avviato una revisione profonda delle procedure interne, ma il caso resta aperto, anche sul piano della fiducia dei consumatori.

Transizione elettrica ancora a metà

In parallelo, Toyota continua a muoversi con cautela nella transizione verso l’elettrico. Il gruppo da sempre basa la sue strategia sull’ibrido, ma è stato accusato di essere in ritardo rispetto ai concorrenti sulla mobilità 100% elettrica.

Una parte della prudenza deriva dalla volontà di non forzare una transizione tecnologica in mercati dove la domanda è ancora debole. I maggiori costi, però, legati al raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica iniziano a farsi sentire sui margini, in un contesto già appesantito da fattori esterni.

Automotive: un settore sotto scacco

Il caso Toyota è solo la punta dell’iceberg. Secondo Ryosei Akazawa, capo negoziatore commerciale di Tokyo, le case auto giapponesi stanno perdendo oltre un milione di dollari l’ora a causa delle nuove tariffe americane. Un dato che, pur con tutti i limiti delle stime, rende bene l’idea di quanto sia in gioco.

Per il Giappone, che sull’export automotive fonda una fetta essenziale della propria economia, l’introduzione dei dazi è un colpo diretto alla spina dorsale industriale.

In questo scenario in rapido deterioramento, Toyota sceglie di resistere, almeno per ora, senza ricorrere ad aumenti di prezzo né tagli drastici. Punta invece sulla resilienza operativa e su una gestione più attenta dei costi, pur consapevole che il margine di manovra si restringe.

La vera incognita resta la politica commerciale americana. Se le tensioni dovessero proseguire o irrigidirsi, per Toyota – e per l’intero comparto – si aprirebbe uno scenario ben più cupo. Per ora, si naviga a vista.

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Categories: Economia e Imprese