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Tinagli: “Brexit è un rebus in più per le elezioni in Spagna”

Le elezioni spagnole di oggi saranno il primo test sull’effetto contagio di Brexit ma è difficile dire in che direzione il clamoroso risultato del referendum britannico influenzerà il voto della Spagna: potrebbe accarezzare le spinte indipendentiste e anti-Ue o, al contrario,  rafforzare i partiti europeisti. Ma dalle urne uscirà finalmente un governo per Madrid? La grande coalizione o il governo tecnico sono opzioni sulla carta? E tra Spagna e Italia chi sta meglio sul piano economico e politico? E’ quanto FIRSTonline ha chiesto a Irene Tinagli, economista e docente nelle università spagnole e oggi deputato del Pd. Ecco le sue risposte. 

Onorevole Tinagli, come influirà Brexit sulle elezioni spagnole di domenica? Il voto della Spagna sarà il primo terreno su cui si sperimenterà se Brexit ha realmente un effetto contagio sugli indipendentisti e sui populismi di ogni Paese? Il referendum catalano tornerà d’attualità?

“Certamente il Referendum su Brexit ha sollevato un po’ di paura e di incertezza sul futuro dell’Europa. Come questa paura si rifletterà sull’elettorato non è però facile da prevedere. Potrebbe riavvicinare gli elettori ai partiti più europeisti e in favore dell’unione nazionale spagnola – nel tentativo di garantire stabilità ed unità – oppure potrebbe solleticare un effetto emulazione e rianimare gli indipendentisti e anti-EU. Io spero sulla prima opzione, facendo leva sul fatto che, pur avendo molte anime autonomiste, tradizionalmente la Spagna è un Paese europeista”.

Oltre a Brexit, negli ultimi giorni della campagna elettorale spagnola sono tornati alla ribalta scandali vecchi e nuovi che hanno investito sia i Popolari, per i presunti maneggi sul referendum catalano, sia Podemos per presunti finanziamenti ricevuti dal Venezuela di Chavez: quanto peseranno sul voto questi fatti?

“Peseranno molto, ma più che sul voto peseranno sul non-voto nel senso che aumenterà molto l’astensionismo. In generale comunque penso che avranno molto più peso gli scandali che hanno coinvolto i Popolari che la questione dei finanziamenti discutibili di Podemos. I movimenti che si presentano come nuovi, puri, anticasta, etc. tendono ad essere più resistenti e refrattari agli scandali perchè riescono più facilmente a far credere ad un complotto contro di loro. Lo vediamo anche fuori dalla Spagna”.

C’è chi dice che il voto spagnolo del 26 giugno replicherà quello precedente rendendo ancora una volta difficile la formazione di un Governo: Lei che cosa ne pensa?

“Penso che l’unica significativa differenza rispetto alle elezioni del 20 dicembre sarà un aumento dell’astensionismo. E c’è l’incognita del duello tra Socialisti e Podemos-Unidos, infatti l’alleanza tra Podemos e Izquierda Unita potrebbe superare i Socialisti, affermandosi come prima forza di sinistra. Questo sarebbe un dato politicamente importante, ma temo che non cambierebbe molto in termini di governabilità”.

Le ultime vicende possono spingere il Psoe a varcare il Rubicone e a dare il via libera alla grande coalizione con i Popolari?

“Non credo proprio, soprattutto se Rajoy non si fa da parte. I rapporti – anche personali – tra Rajoy e Sanchez sono pessimi, escludo ogni possibilità di alleanza tra loro. L’unico scenario in cui una tale alleanza potrebbe essere possibile è un passo indietro di Rajoy. Dirò di più: la cosa sarebbe ancora più possibile se i socialisti dovessero avere pessimi risultati, causando un passo indietro di Sanchez, che potrebbe anche perdere il prossimo congresso. Di fronte ad uno scenario così si potrebbe pensare ad un governo di coalizione tra popolari, socialisti e ciudadanos. Ma lo vedo di difficile realizzazione”.

Alla vigilia del voto qual è, secondo Lei, il reale stato di salute del PPI, del Psoe, di Podemos e di Ciudadanos?

“Il PPI al momento va avanti per inerzia, contando su uno zoccolo duro di elettori fidelizzati dai buoni risultati economici del governo, ma è incapace di rinnovarsi e crescere seriamente. Il Psoe ha tentato il rinnovamento con Sanchez che però non sembra all’altezza del compito, anche perchè schiacciato a sinistra da Podemos e a destra da Ciudadanos. Difficile farsi spazio in questa morsa. Podemos negli ultimi mesi aveva perso un po’ di motore, ma l’alleanza con Izquierda Unida, che ha una base elettorale radicata sul territorio, potrebbe aiutare Podemos non solo a mascherare il proprio stallo ma anche a guadagnare posizioni. Ciudadanos è l’incognita maggiore. E’ il partito che potrebbe guadagnare di più dalla crisi dei partiti e dalla radicalizzazione a sinistra di Podemos, ma ha un elettorato da sempre molto molto volatile e la figura del suo leader, Albert Rivera, si è un po’ usurata, troppo sovraesposta e forse anche poco empatica per molti”.

Che succederebbe se il risultato elettorale non consentisse la formazione di un Governo stabile? La Spagna si dovrebbe rassegnare a un Governo tecnico o un governo di minoranza appoggiato dall’esterno da chi ci sta?

“E’ una domanda che si fanno tutti da mesi, perchè tutti prevedono che con nuove elezioni non cambierà niente. Nessuno però riesce ad individuare una figura tecnica adeguata e anche questo elemento forse rappresenta il fallimento di una stagione e di una classe dirigente. Infatti i più alti dirigenti pubblici in Spagna sono tradizionalmente scelti dalla politica e molti di loro sono stati, negli anni scorsi, travolti dagli scandali, o comunque hanno seguito il declino dei partiti. E oggi c’è la sensazione che manchino figure autorevoli ed indipendenti. Non sara’ facile neppure mettere d’accordo le minoranze, come abbiamo visto in questi mesi. A complicare tutto va aggiunto l’atteggiamento del Re, che fino ad oggi ha mostrato scarso carisma e nessuna volontà di intervenire per stimolare/forzare una soluzione”.

E’ d’accordo con chi sostiene che se la Spagna avesse una legge elettorale come l’Italicum non rischierebbe l’ingovernabilità?

“Tecnicamente è proprio cosi, la governabilità ci sarebbe per forza, perchè ci sarebbe un ballottaggio e chi lo vince governa. il problema è che questo strumento elettorale è perfetto per un sistema bipolare ma in questo caso in Spagna abbiamo addirittura un sistema quadripartito e la governabilità risulterebbe forzata, andrebbe a discapito della rappresentanza, con elevato astensionismo e con esiti veramente imprevedibili”.

Che effetti stanno avendo i tormenti politici sull’economia spagnola?

“Per adesso pochi, l’inerzia legata alle riforme passate spinge ancora produzione e consumi. L’economia spagnola è cresciuta dello 0,8 anche nel primo trimestre 2016, facendo presagire un tasso annuale di crescita del 3,4%, un po’ meno dell’anno scorso, ma sempre uno dei migliori risultati in Europa. Il debito invece resta alto, e su quello un Governo politicamente legittimato che possa riprendere un po’ le redini sarebbe utile. Finchè dura la campagna elettorale e manca il governo su quel fronte si può far poco”.

Lunedì agli Europei di calcio c’è la sfida tra Italia e Spagna, ma sul piano politico ed economico oggi chi sta meglio tra Italia e Spagna?

“Sul piano politico sta molto meglio l’Italia, perchè ha un allenatore in sella che la rappresenta in Europa e nel mondo e che porta avanti riforme incisive. In Spagna è quasi un anno che non fanno niente. Sul piano economico la Spagna sta vivendo un po’ di rendita, diciamo che parte con qualche gol di vantaggio, anche se con i giocatori strutturalmente meno performanti, mentre l’Italia sta iniziando adesso la rimonta e può contare su una squadra strutturalmente più forte. Certo, se tra qualche mese l’Italia decidesse di esonerare l’allenatore, le posizioni potrebbero invertirsi…”.

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