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Tav, il prezzo non è giusto. I finanziamenti europei sono una goccia nell’oceano

A suo modo quella di ieri, con l’inizio ufficiale dei lavori, è destinata a diventare una data storica nella vicenda della Tav Torino-Lione. Quello che viene da chiedersi è: quante altre date storiche ci saranno di qui all’inaugurazione della linea? Non fosse altro perché nella migliore delle ipotesi i primi treni ad alta velocità tra le due città inizieranno a viaggiare nel 2023 e l’esperienza insegna che la marcia verso quella data fatidica non sarà priva di ostacoli.

Per arrivare all’inizio dei lavori ci sono voluti 21 anni e soprattutto l’ultimatum di Bruxelles che, in mancanza di un’apertura del cantiere entro il 30 giugno – giovedì – avrebbe revocato una parte cospicua del suo finanziamento di 671 milioni di euro destinato alla tratta internazionale della linea. Continuare a tergiversare – aspettando che l’opposizione al progetto evaporasse poco a poco come l’Eigovitto che si distilla nelle cantine intorno ad Avanà, dove ieri si sono scontrati manifestanti e polizia – non era più possibile. Avrebbe significato perdere i finanziamenti di Bruxelles e veder così erodere ulteriormente la popolarità di questo controverso progetto.

Un po’ a sproposito verrebbe da dire. Soprattutto perché, pur trattandosi di centinaia di milioni di euro, la cifra stanziata dalla Ue andrà a coprire solo una parte dei costi della tratta internazionale, lasciando comunque allo stato italiano un conto favoloso, nella più ottimistica delle ipotesi oscillante tra 10 e 11 miliardi di euro. Quanto basterebbe – volendo restare nell’ambito delle grandi opere controverse – a costruire non uno, ma un paio di ponti di Messina.

Secondo un gruppo di accademici specializzati nel settore dei trasporti che hanno cercato di aprire un dibattito sul tema attraverso il sito lavoce.info si tratta di un conto troppo salato. Sia in virtù dello stato non buono delle finanze pubbliche che a causa delle ricadute non clamorose (1 ora in meno di tempo di percorrenza su un tratta che rappresenta l’1% del traffico piemontese e lo 0,1% del traffico italiano). Il tutto tra due paesi già collegati, nella stessa regione interessata dal progetto, da un’autostrada e una ferrovia che oggi sono entrambe tutto fuorché sovrautilizzate.

I fautori del progetto – che è stato appoggiato sia dai governi di centrosinistra che di centro destra – sottolineano invece come la rotaia veloce al posto della gomma contribuirà ad abbassare sensibilmente i livelli di inquinamento atomosferico in Val Susa senza accrescere in misura eccessiva quelli acustici per via della decisione di interrare il 90% della tratta e di impiegare treni più silenziosi della media. Argomenti a cui in queste ore se ne è aggiunto uno meno tecnico, ma altrettanto seducente: l’opposizione sul terreno al progetto è ormai in buona parte composta da attivisti dei centri sociali del nord Italia che con la Val Susa hanno poco o nulla a che spartire e che nella vicenda altro non vedono che una nuova cause célèbre con cui ribadire il proprio antagonismo rispetto al “sistema”.

Argomenti interessanti quelli proposti da entrambe le parti, ma che in questi anni di confronto sull’opportunità di aprire un collegamento ad alta velocità tra Torino e Lione non hanno ricevuto lo spazio che avrebbero meritato. Italianamente soffocati da chiacchiere ideologiche buone giusto a rafforzare i pregiudizi reciproci nutriti dalle diverse parti in causa. Sommersi dalle rivendicazioni retrive, antimoderne e di gusto squisitamente nimby degli abitanti della Valle di Susa, da quelle ultra-ideologiche degli antagonisti e dall’europeismo peloso di chi sostiene che rinunciare all’alta velocità tra Torino e Lione significa chiamarsi fuori dal Corridoio 5 e dall’Europa, neanche stessimo rinunciando alla moneta unica.

Per conoscere la tav dei record, quella cinese, vai a:
https://www.firstonline.info/a/2011/06/28/cina-tav-da-fantascienza/efe5a4d1-b9e5-4338-a7d1-88f9e4502892

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