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Svolta Brexit: rinvio o referendum, ecco cosa sta succedendo

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Colpo di scena nel Regno Unito. A poco più di un mese dalla Brexit, maggioranza e opposizione cambiano le carte in tavola. Da un lato c’è Theresa May, pronta a chiedere un rinvio della data di fuoriuscita dall’Unione Europea in caso di nuova bocciatura dell’accordo con Bruxelles e di un voto contrario al No deal. Dall’altro c’è Jeremy Corbyn, leader dell’opposizione laburista, che appoggia formalmente la possibilità di convocare un nuovo referendum sulla Brexit. Due aperture che potrebbero modificare radicalmente il futuro del Regno Unito mentre le lancette avvicinano inesorabilmente la data del divorzio ufficiale, previsto per il prossimo 29 marzo.

Mai fino ad oggi, da una parte e dall’altra, si era formalmente arrivati a rimettere in discussione la data di fuoriuscita o la Brexit in sé e per sé.

BREXIT: LA SVOLTA DI THERESA MAY

Sui giornali britannici oggi i titoli d’apertura sono tutti per la premier. Theresa May si è presentata di nuovo di fronte al Parlamento, offrendo ai deputati tre opzioni diverse e proponendo un’agenda ferratissima. Entro il 12 marzo, come già stabilito (il voto sarebbe dovuto avvenire già questa settimana, ma la Premier ha preso tempo), la Camera dei Comuni sarà chiamata a votare sull’accordo siglato con Bruxelles. Se, e non è una ipotesi remota, l’intesa andrà incontro a nuova bocciatura, i deputati dovranno scegliere se dire Sì oppure No all’opzione più spaventosa: il No deal. Se anche in questo caso prevarranno i voti contrari, il 14 marzo il Parlamento dovrà votare sull’estensione dell’articolo 50. Parlando in parole povere: un rinvio della Brexit, anche se “breve”, ha specificato la premier. Il nuovo termine potrebbe essere fissato a fine giugno.

“L’alternativa resta fra un deal, un no deal o una non Brexit”, ha detto May, sottolineando che quest’ultima opzione rappresenterebbe un tradimento del voto popolare Il governo britannico, ha sottolineato, vuole “una Brexit concordata” con l’Ue, ma resta impegnato a “fare di un no deal un successo” se un’uscita senz’accordo fosse l’unica alternativa.

Fino ad oggi, come detto, May aveva sempre rifiutato l’opzione di un rinvio. La sua strategia si è sempre basata su un aut-aut: o il mio accordo – che tra l’altro Bruxelles continua a rifiutarsi di modificare – o nessun accordo. Non a caso la proposta arriva proprio nel momento in cui i primi effetti della Brexit cominciano a manifestarsi, con la crescita che si riduce e il mercato del lavoro che rallenta.

La possibile proroga ha già incontrato il favore dell’Ue. Da Sharm el-Sheikh, dove ha incontrato May, il presidente del Parlamento europeo, Donald Tusk, ha infatti affermato che estendere l’articolo 50 per evitare una Brexit senza accordo sarebbe “una soluzione razionale” e l’Ue “dimostrerebbe comprensione”. Il problema è che in questo contesto c’è un appuntamento importante da tenere in considerazione: le elezioni europee. Nel caso in cui il rinvio del divorzio venisse fissato per una data posteriore al 26 maggio, i cittadini britannici sarebbero chiamati a votare per il rinnovo dell’Europarlamento salvo poi abbandonare l’Ue poco dopo. Uno scoglio da non sottovalutare.

“Che messaggio daremmo ai 17 milioni di cittadini che hanno votato per lasciare la Ue” ha chiesto la premier nel suo discorso davanti al Parlamento, ribadendo la sua contrarietà alla possibile estensione dell’articolo 50, anche se, il rinvio è ora ufficialmente sul piatto.

BREXIT: CORBYN APRE A UN SECONDO REFERENDUM

Dall’altro lato della barricata c’è Jeremy Corbyn, numero uno del Labour Party, che apre formalmente all’ipotesi di un secondo referendum. Il leader laburista ha annunciato tre diversi emendamenti. Il primo, che sarà presentato mercoledì 27 febbraio, rappresenta una sorta di piano B che consiste in una Brexit soft attraverso la quale il Regno Unito potrebbe restare nell’unione doganale con un “allineamento ravvicinato al mercato unico” europeo.

Il secondo emendamento, promosso dalla deputata laburista Yvette Cooper e dal conservatore pro Remain, Oliver Letwin, stabilisce che se entro il 13 marzo May non riuscirà a far approvare il suo accordo, il controllo sulla Brexit passerà al Parlamento che, come primo atto, chiederà a Bruxelles di rinviare la data di fuoriuscita dall’Ue.

Il terzo, ed è in questo frangente che arriva la vera svolta, prevede un secondo referendum sulla Brexit. L’emendamento, che potrebbe essere presentato a marzo, stabilisce che nel caso in cui il piano alternativo alla Brexit presentato dai laburisti venisse bocciato, si punterebbe tutto su un “nuovo voto pubblico”. “La novità”, dicono fonti ben informate del partito laburista britannico, è che “ora il voto popolare diventerà la priorità se le opzioni sul tavolo resteranno il piano May o il No Deal”.

“In un modo o nell’altro – ha affermato Corbyn – faremo tutto quanto in nostro potere per evitare un no deal o una devastante Brexit Tory basata sull’accordo di Theresa May già bocciato a valanga” dalla Camera dei Comuni.

Una apertura mai vista fino ad oggi da parte di Corbyn che mira anche a ricompattare il suo partito dopo l’emorragia di deputati vissuta nelle scorse settimane.

BREXIT: LA STERLINA VOLA, LA BORSA AFFONDA

Le importanti novità arrivate nelle ultime ore sulla Brexit hanno causato l’immediata reazione dei mercati. Sul fronte valutario, la sterlina si è spinta ai massimi da un mese sul dollaro e ha toccato il massimo da 10 mesi sull’euro. Al momento il cambio GBP/USD si attesta a quota 1.31881 punti (+0,5%), mentre EUR/GBP viaggia a quota 0.86164, in discesa dello 0,5%.

Sull’azionario, la Borsa di Londra si tinge di rosso, cedendo lo 0,7% e realizzando la peggior performance tra i listini euro e no euro.

(Ultimo aggiornamento: ore 15.16 del 26 febbraio). 

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