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Smart working: la chiave nascosta che apre le porte del lavoro a donne e Sud Italia. Report Banca d’Italia

Photo by Annie Spratt on Unsplash

Il lavoro da remoto non è più solo una risposta alla pandemia: si è trasformato in un acceleratore concreto di partecipazione al mercato del lavoro italiano. A beneficiarne maggiormente sono state le donne tra i 25 e i 49 anni, spesso impegnate nella cura dei figli, e le regioni del Sud, dove servizi per l’infanzia e strutture di supporto sono storicamente carenti.

Uno studio di economisti della Banca d’Italia, basato su un database amministrativo unico a livello europeo e analizzando il periodo 2019-2022, evidenzia un impatto misurabile: +0,9 punti percentuali nel tasso di partecipazione e +0,7 punti in quello di occupazione. L’effetto è più marcato nelle aree periferiche e meno densamente popolate, dove il lavoro agile riduce gli ostacoli logistici e facilita l’ingresso o il reinserimento nel mercato del lavoro.

Dove lo smart working fa la differenza

Nel Sud Italia e nelle zone rurali, la flessibilità del lavoro da remoto ha aperto nuove opportunità, compensando la carenza di servizi di welfare. Al Centro-Nord urbano lo smart working è più diffuso ma ha un effetto meno decisivo sui nuovi ingressi: al Sud e nelle aree periferiche, invece, diventa uno strumento chiave per l’inclusione.

I dati confermano che sono soprattutto le donne a ricorrere allo smart working, sia nelle città sia nelle regioni del Nord, sottolineandone il ruolo fondamentale nella conciliazione tra vita privata e lavoro.

Un effetto diretto e misurabile

Lo studio evidenzia che i miglioramenti non derivano da tendenze preesistenti: il lavoro agile ha avuto un impatto diretto sull’occupazione, contribuendo a ridurre divari di genere e territoriali.

In un Paese con bassa natalità, invecchiamento demografico e scarsa partecipazione femminile al lavoro, lo smart working emerge come una leva strategica per l’inclusione e la crescita occupazionale.

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Categories: Lavoro