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Scontro Italia-Ue su Reddito di cittadinanza e Assegno unico: è discriminazione. Alta tensione anche sui balneari

FIRSTonline

Il Reddito di cittadinanza e l’Assegno unico entrano nel mirino dell’Unione europea: la Commissione ha avviato due procedure di infrazione nei confronti dell’Italia, “per mancata conformità con le norme Ue sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libertà di movimento dei lavoratori”. Lo fa sapere una nota della stessa Commissione. Per entrambe le notifiche di procedura, l’Italia avrà due mesi di tempo per motivare le proprie scelte e rimediare. Ma non finisce qui. C’è un’altra infrazione pendente sulle nostre teste, che ha riacceso il dibattito politico negli ultimi giorni: le concessioni balneari, un nodo ancora irrisolto. L’Ue da anni chiede all’Italia di applicare la direttiva Bolkestein mettendo a gara le concessioni degli stabilimenti, mentre la risposta italiana è rinviare e rinviare ancora, mettendo in salvo i ricchi introiti dei gestori per altre due estati.

Procedura d’infrazione su Reddito di cittadinanza e Assegno unico: cosa non va bene?

Il Reddito di cittadinanza

La scure sul Reddito di cittadinanza scendono molto lentamente ma con grande intensità. Giorgia Meloni e la sua maggioranza, da sempre contrari al sussidio, hanno dovuto fare i conti con una situazione sociale ed economica nel Paese che ha sconsigliato accelerazioni, ma la procedura d’infrazione aperta dall’Unione Europea potrebbe facilitare il progetto di dismissione previsto per il 2024.

Uno dei requisiti per accedere alla misura di sostegno alla povertà e di inclusione attiva in Italia è la residenza nel Paese per 10 anni, di cui due consecutivi. Secondo i regolamenti e direttive europee, spiega Bruxelles “le prestazioni di assistenza sociale dovrebbero essere pienamente accessibili a tutti cittadini dell’Ue che sono lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza”. Inoltre, i benefici del reddito “dovrebbero poter beneficiarne i cittadini comunitari che non lavorano per altri motivi, con la sola condizione che risiedano legalmente in Italia da più di tre mesi e soggiornanti di lungo periodo al di fuori dell’Ue”, prosegue la Commissione.

Pertanto, il requisito della residenza di 10 anni “si qualifica come discriminazione indiretta”, in quanto è più probabile che i cittadini stranieri non soddisfino tale criterio. Infine, il requisito della residenza potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi per lavoro fuori dal Paese, in quanto non avrebbero diritto al reddito minimo al loro rientro.

L’Assegno unico

In base alla norme sull’Assegno unico universale, introdotto nel marzo 2022, beneficiarne solo le persone che risiedono da almeno due anni in Italia, e solo se risiedono nella stessa famiglia dei loro figli. Secondo Bruxelles, questa legislazione viola il diritto dell’Ue in quanto non tratta in modo equo i cittadini europei, il che si qualifica come “discriminazione”. Inoltre, il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come appunto gli assegni familiari.

Scontro italia-Ue su Rdc e Assegno Unico: cosa succede ora?

L’Italia ha due mesi di tempo per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione e cercare di rimediare. In caso contrario, la Commissione può decidere di inviare un parere motivato.

Nel mirino dell’Ue anche le concessioni balneari

Ennesimo cartellino giallo anche sulle concessioni balneari. Il governo Meloni proroga di un anno (cioè al 31 dicembre 2024) le concessioni ai gestori degli stabilimenti in spiaggia, in barba alla direttiva Bolkestein (2006) e alle sentenze del Consiglio di Stato del 2021 secondo cui “qualsiasi ulteriore rinnovo automatico sarebbe stato illegittimo e immediatamente disapplicato dalla giustizia amministrativa”. Nonostante questo, la maggioranza non ha voluto sentir ragioni e ha approvato tutti i quattro emendamenti al decreto Milleproroghe in materia di concessioni balneari, che ne prolungano la validità di un anno rispetto alla scadenza stabilita dal governo Draghi (a fine 2023), e impediscono ai Comuni di espletare i bandi per i prossimi cinque mesi. Ora il provvedimento passa alla Camera, blindato, dove andrà convertito entro il 27 febbraio. Intento che ha scatenato le proteste non solo delle opposizioni ma anche della Commissione Ue, dato che il nostro Paese ha preso impegni diversi, che si intrecciano con il PNRR.

Secondo la direttiva Bolkestein, le concessioni non dovrebbero essere prorogate annualmente agli stessi soggetti economici, ma dovrebbero essere assegnate tramite una gara d’appalto pubblica. Questo per garantire la concorrenza in un settore che fino ad oggi in Italia è sempre stato in mano agli stessi imprenditori.

La posta in gioco è alta. L’Italia rischia l’ennesima procedura di infrazione, con una possibile multa salatissima contro il nostro Paese e ulteriori rinvii non migliorano la situazione.

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Categories: Politica