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Sanità Sos, Cartabellotta (Fondazione Gimbe): “Sul Ssn 37 miliardi di definanziamenti, urgente investire su medici e infermieri”

Imagoeconomica

Anche nel 2023 la sanità resta il grande malato d’Italia. Il Paese, che ha pagato un prezzo altissimo alla pandemia, non ha ancora rimesso in moto la macchina della salute e non c’è nemmeno un programma di governo volto a risolvere tutte le attuali criticità. Giovedì è stato il leader del Terzo Polo Carlo Calenda a presentare un piano – inviato anche alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni – su quella che ha definito la più grande emergenza del Paese. Attualmente ci sono 98milioni di prestazioni sanitarie in ritardo, una situazione che rende necessario “investire ogni euro disponibile del bilancio pubblico su questo, perché altrimenti le persone continueranno ad indebitarsi per curarsi. E questo è indegno di un paese civile”, ha affermato l’ex ministro, che ha sottolineato come lo Stato abbia un tesoretto di circa 10 miliardi che bisogna veicolare in toto sulla sanità.

C’è poi la falla clamorosa relativa alla mancanza di medici ed infermieri. Negli ultimi anni a migliaia sono fuggiti dall’Italia. Secondo un’inchiesta del quotidiano sanità su dati Ocse, dal 2019 al 2021 sono fuggiti all’estero 40mila laureati italiani: 15.109 infermieri e 21.397 medici. Sembra un fenomeno legato alla pandemia, ma non lo è, perché tra il 2000 e il 2022 hanno scelto di lavorare all’estero quasi 180mila professionisti, scrive Giulio Nisi nella sua inchiesta.

Di questi argomenti abbiamo parlato con il Professor Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE, tra i più autorevoli esperti di ricerca e sanità del nostro Paese.

Professor Cartabellotta, qual è il motivo principale per cui i medici italiani vanno a lavorare all’estero?

“Le criticità sul personale sono innumerevoli e conseguono sia ai tagli che alla mancata programmazione, ma anche alla enorme frammentazione di categoria, sindacale, scientifica, di professionisti e operatori sanitari. Il personale sanitario è demotivato e non trova più attrattivo lavorare nel Servizio Sanitario Nazionale, come dimostrano pensionamenti anticipati e licenziamenti volontari, fughe verso il privatoo addirittura all’estero che vanificano gli investimenti fatti sulla formazione”.

Anche dopo il Covid la spesa sanitaria italiana resta inadeguata. Come facciamo a trattenere i nostri sanitari ?

“Bisogna rilanciare le politiche sul capitale umano: investire sul personale sanitario, programmare adeguatamente il fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari, riformare i processi di formazione e valutazione delle competenze, al fine di valorizzare e motivare la colonna portante del Servizio Sanitario Nazionale”.

L’Ocse sostiene anche che l’Italia ha una spesa in cure e medicinali pari solo al 9% del PIL. Dopo il Covid bisognerebbe ripensare l’organizzazione del sistema sanitario che sembra squilibrato. In Calabria stanno arrivando medici da Cuba. Cosa risponde ?

“Si, le condizioni di lavoro del personale sanitario in tutta Italia sono critiche e per far fronte alla domanda di personale, in alcuni casi, si adottano modalità insolite come cooperative di servizi e reclutamento di medici in pensione o dall’estero. Il nodo del personale sanitario richiede soluzioni tempestive ma gli investimenti per nuovi specialisti e medici di medicina generale daranno i loro frutti rispettivamente tra 5 e 3 anni”.

Un’ultima considerazione. La Fondazione GIMBE ha monitorato a fondo il Covid. Come ne siamo usciti secondo Lei ?

“Il Servizio Sanitario Nazionale è stato colpito dalla pandemia in un momento di fragilità finanziaria, che conta 37 miliardi di euro di definanziamento negli anni 2010-2019. Gli investimenti recenti sono stati completamente assorbiti dall’emergenza che ha creato nuovi bisogni di salute e ulteriormente indebolito il personale sanitario”.

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