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Rifiuti: Italia prima nel riciclo in Europa, ma fa i conti con la mancanza di impianti dedicati

FIRSTonline

Per l’Italia il riciclo dei rifiuti è un business incompiuto. Da una parte il Paese è leader in Europa per tasso di recupero, dall’altra esporta milioni di tonnellate che potrebbero essere recuperati in casa. Solo nel 2020 sono state esportate 4,2 milioni di tonnellate destinate al recupero nei Paesi che li hanno accettati. Perché? La risposta è la stessa da almeno dieci anni: mancanza di un adeguato sistema impiantistico, soprattutto nel Centro-Sud. Le opposizioni di comitati, fazioni politiche, addirittura di Ministri, alla costruzione di nuove infrastrutture hanno provocato un’asimmetria strutturale pesantissima.

La conferma di un business ambientale con luci ed ombre arriva dal report annuale “L’Italia che Ricicla” curato da Assoambiente, l’Associazione delle imprese del riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti. L’Italia è al primo posto tra i Paesi europei per tasso di riciclo rispetto alla quantità prodotta e gestita. Ma nello stesso anno in cui ha mandato all’estero milioni di tonnellate di spazzatura – sia civile che industriale- all’interno ha riciclato l’83,2% superando Spagna, Francia e Germania.

I rifiuti hanno bisogno di impianti

Accanto all’alta percentuale di riciclo, dal report emerge anche il livello di circolarità dei materiali, di poco inferiore a quello della Francia che tocca il 22,2%. “Il riciclo dei rifiuti, oltre alla valenza centrale che riveste per la transizione ecologica -dice Paolo Barberi, vice presidente di Assoambiente – risulta oggi ancor più strategico per accrescere la resilienza economica del nostro Paese, tradizionalmente povero di materie prime. Il salto di qualità per il settore potrà arrivare solo con la piena implementazione delle riforme”. Storicamente l’Italia non ha materie prime, tuttavia ha raggiunto un buon livello di riutilizzo di metalli riciclati. Anzi, la capacità dell’industria italiana costituisce il benchmark di riferimento tra Francia, Germania e Spagna, tutte decisamente più indietro.

Il riciclo dei materiali è strategico per l’economia circolare

Non c’è dubbio che occorrono strumenti innovativi e soprattutto impianti per far scomparire le ombre dal sistema. “È fondamentale che venga adottata compiutamente e celermente la strumentazione economica prevista dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, a partire dall’introduzione dei Certificati del Riciclo, oltre a strumenti come gli incentivi fiscali , ad esempio l’IVA agevolata per rendere competitivi i materiali riciclati rispetto alle materie prime vergini”, aggiunge Barberi. Così come sarebbe importante avere norme tecniche per la creazione di un mercato stabile e trasparente per i sottoprodotti o i Criteri Ambientali Minimi per le gare pubbliche.

In sostanza servono riforme che incentivino l’uso dei prodotti riciclati, ma ancora di più uno scatto politico che dia piena attuazione alle norme esistenti come quella sul commissariamento degli impianti fermi. Misure richieste, peraltro, anche dalla Commissione europea alla quale continuiamo a versare milioni di euro per le infrazioni.

Italia seconda in Europa per impianti ma sono tutti nel Centro-Nord

Quanto all’impiantistica per il recupero degli scarti, la Germania ha 10.497 impianti attivi ed è davanti all’Italia che ne ha 6.456. Il guaio è che quelli di casa nostra sono tutti di medio-piccola dimensione e per lo più collocati nel Centro-Nord. Rispecchiano l’industrializzazione del Paese con le Regioni che vantano un comparto manifatturiero “particolarmente attivo e in cui i materiali recuperati possono facilmente essere reintegrati”.

Se il Sud è rimasto indietro a causa di scelte politiche insensate contro strutture dedicate, di dannosi No in capo anche agli ultimi due governi Conte, la sola Lombardia ha il 22% dell’impiantistica nazionale e recupera oltre 31 mila tonnellate di materiali. Dietro ci sono Veneto ed Emilia Romagna che hanno saputo fare da sole.

“Le infrastrutture al Sud non sono più rinviabili”, ha detto la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ma accanto ai nodi strutturali che hanno rallentato processi strategici ed economicamente rilevanti ci sono la lunghezza delle procedure autorizzative, la complessità del panorama normativo-regolatorio e la rimozione di ostacoli ideologici. Tutto da rivedere, se l’Italia vuole raggiungere un serio equilibrio strutturale e remunerativo nei prossimi anni sulla via dell’economia circolare.

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Categories: Economia e Imprese